Giorni di un passato che è ancora qui

Non so quanti anni sono passati dall’ultima volta che ho scritto un post di un blog qui. Ne ho scritti parecchi, nei miei primi anni da blogger. Qui, seduto alla scrivania della mia vecchia camera, magari a notte fonda, con solo la luce dello schermo a illuminare la stanza.

Sedersi qui è come ripercorrere a mente quegli anni. E rileggermi tutto il blog dàa una bella mano. Sono stati anni fantastici, certo costellati di alti e bassi, ma ripercorrendo tutto mi rendo conto che non mi è mancato nulla, sono sempre stato bene, ho goduto della compagnia di persone eccezionali e tutto quello che volevo dalla vita alla fine l’ho ottenuto ed è stato quasi sempre per merito mio.

Quello che mi sono lasciato alla spalle, in fondo, non è tanto importante quanto il come lo ho vissuto. E penso di aver vissuto tutto sempre al meglio. Positivamente, accettando sfide, vincendo e perdendo, come tutti noi del resto.

Ma ecco, se dobbiamo buttarla sul capitolo “ricordi”, credo che forse le cose che più mi fa piacere richiamare alla memoria sono quelle serate, quelle avventure, quelle “ragazzate da scappati di casa” che di tanto in tanto capitava di fare, nelle occasioni più disparate. Che fosse andare in discoteca e tornare a casa il giorno dopo dopo averne combinate di tutti i colori oppure caricare un furgone all’inverosimile con destinazione un qualche circuito a 500 km da casa per correre come pazzi in sella ad una moto elaborata.. sono davvero contento, contentissimo di tutto quello che ho fatto e se tornassi indietro, rifarei tutto palmo palmo dal primo all’ultimo giorno.

Da quando si andava in pista col 125, quando abbiamo iniziato a sognare di correre e di improvvisarci piloti almeno per una volta nella vita.. quando poi il 125 è diventato un 1000 e il gioco si è fatto davvero cazzuto e duro, quando i miei “meccanici”erano in realtà i miei migliori amici, quando ogni mercoledì sera il giro al Moto Club Desio era un rito prima di andare al Train e finire a discutere di gare, moto e velocità davanti al boccale ambrato di una Tennent’s… quando si usciva tutti al Fashion, e poi dopo qualche anno allo Sporting Club, quando si usava la “regola dello scontrino” per decidere chi guidava al ritorno, quando si facevano le baraccate in “Fattoria” o in “Campagna”… quegli anni in cui andavo a letto sempre tardissimo e mi alzavo sempre prestissimo, col mio vecchio lavoro che ero sicuro, sicurissimo non avrei mai molato nella vita perchè mi ci trovavo davvero bene, in quel mondo, così a contatto con l’aviazione..

Sì, la cosa comica è che se penso a quegli anni, probabilmente non avrei scommesso mezzo euro su dove sono adesso e cosa faccio adesso. Ma questo, probabilmente è il bello della vita. Anzi forse è il più bel regalo che la vita potrebbe farti… novità, sfida, avventura. La staticità, i giorni tutti uguali fatti di cose uguali, alla lunga diventano come la galera.

E poi pensando ad alcuni dei miei amici più cari, mi rendo conto che questo vale probabilmente anche per loro. 5 o magari 10 anni fa avremmo avuto una vaga idea di dove siamo oggi? Credo che la risposta sia la stessa per tutti… assolutamente no.

Oggi siamo un po’ dispersi, sparsi in giro.. per il mondo, è il caso di dirlo. Ma la cosa bella è che nonostante tutto, quando ci vediamo, è come se il cervello tornasse indietro di 10 anni. Perchè abbiamo vissuto giorni di un passato che è ancora qui. Perchè tutto quello che abbiamo fatto e vissuto insieme, dalle cose più stupide alle più impegnative, ci ha uniti. Restiamo vicini anche se lontani.

Eh, la cosa bella è che questo post non era premeditato. Mi sono seduto qui e ho ripensato a quando scrivevo i miei primi post del blog. E poi, è stato un attimo, ho iniziato a scrivere, tutto di getto e d’istinto. Sono contento perchè mi sono tirato parecchio su di umore. Ci voleva un po’, dopo gli ultimi periodi. E quasi quasi adesso pubblico le mie foto dell’aurora boreale dello scorso ottobre… e vorrei dedicarle alla mamma.

Malinconia e rabbia

Ne è già passato, di tempo. E’quasi un mese ormai. Sembra un’eternità, da quando te ne sei andata il tempo ha iniziato a scorrere molto, molto lentamente.

Il problema è che non ho mai saputo come regolarmi, come reagire, sia durante, che dopo, che ora. Trasportato dagli eventi, perfettamente conscio di quello che stava succedendo e di quello che a breve sarebbe accaduto, mi sono sentito spento, vuoto, incapace di provare emozioni. Forse di fronte a queste cose il nostro io cerca di proteggersi e si chiude a riccio per attutire il più possibile ogni sofferenza. Ma non esiste nulla che possa attutire tutto questo, e me ne sto rendendo conto a poco a poco. Quello che ho cercato di controllare, di reprimere, inevitabilmente alla fine è affiorato.

Passano i giorni e la disperazione lascia il posto ad una costante, onnipresente, fortissima malinconia. Che ti opprime, ti soffoca, ti rallenta, non hai voglia di fare nulla e ti senti sempre stanco e debole. Sto realizzando a poco a poco che non ci sei più, e tutto questo fa male. Fa terribilmente male, fa incazzare.

Io speravo almeno che quella malattia infame ti lasciasse il tempo di venirmi a trovare, di venire a vedere come mi ero sistemato qui. So quanto ci tenevi, lo volevi più di me. Speravo che potessi goderti la pensione insieme a papà. Andare in giro, spassarvela, e godervi i vostri meritati anni di svago. E fa incazzare tutto questo, perché il destino nella sua cattiveria ti ha portato via tutto questo proprio quando ci eri appena arrivata. Mi incazzo, perché tutto quello che verrà di buono nelle nostre vite non potrai vederlo, tutte le soddisfazioni che avremo in futuro saranno soddisfazioni a metà perché non potremo condividerle con te. Mi incazzo a pensare a papà che è rimasto solo proprio quando arrivava il momento di godersi la vita insieme a te.

Mi incazzo quando mi vengono a parlare di dio, di fede, quando in tutto questo vedo solo la crudele casualità di un destino infame e ammesso che davvero esista un disegno divino in tutto ciò, allora il  mio apprezzamento nei suoi confronti non andrebbe più in là di un dito medio rivolto al cielo.

Malinconia e rabbia. Ecco cosa. Vorrei tanto liberarmene, riuscire a non sentirli ma non ce la faccio. Non ci riesco. Forse è giusto così.

Non sai quanto è stata dura i primi giorni. Neanche il tempo di riprendersi dal carico di angoscia delle condoglianze e dei rituali funebri e già sei alle prese con tutte le pratiche burocratiche. Giorni e giorni rimbalzati da un ufficio all’altro per sistemare questo e quello e quell’altro, uno schifo. Non hai nessuna voglia ma lo devi fare.

Non che ora vada meglio. Ma almeno, qui a Darmstadt, riesco a mettere un po’ di distanza e a concentrarmi sul mio lavoro, e questo aiuta tanto. Per stare con te quando stavi male ho bruciato quasi tutte le mie ferie, adesso ho un sacco di lavoro da recuperare, e in fondo va bene così. Avere tanto da fare aiuta, in questo momento è quasi una benedizione. Sono contento di essere potuto stare a casa quasi un mese per starti vicino, sono felice che i miei colleghi qui in Germania abbiano capito. Ma anche se non avessero capito, lo avrei fatto lo stesso.

Malinconia e rabbia. Quando ogni mattina salgo sul tram, mi siedo e mando il messaggio del buongiorno a tutti.. ora ne mando uno di meno. Ma credo che la cosa che mi mancherà di più sarà non avere più il riferimento che sei sempre stata per me.

Di solito è abbastanza raro che mi capiti di non avere la risposta ad una situazione. Ma le poche volte che succedeva, che fosse un dubbio su un medicinale da prendere, sulla dichiarazione dei redditi o su un termine commerciale in tedesco, alla fine chiedevo sempre a te. Perché non so come facevi, ma una risposta ce l’avevi sempre, su qualunque argomento. E questo mi mancherà tantissimo. Insieme a tutto quello che tu eri. Non solo per me, ma per tutti noi. Per tutta la famiglia.

Mi dispiace mamma, mi dispiace così tanto. Non doveva finire così.

Nel cuore per sempre.

Mama and me