Giusto o sbagliato? L’etica dell’espatrio

Wiesbaden 5.5.19

Durante questi anni non ho mai smesso di chiedermi se ho fatto bene o ho fatto male ad andarmene. Intendiamoci, è stata una scelta azzeccata e ci ho guadagnato pressochè in tutto: qualità della vita, felicità di coppia, lavoro, prospettive di crescita, arricchimento personale, sviluppo della mia passione per i viaggi e la tecnica, condizione economica…

Quello che intendo in realtà è qualcos’altro. Quello che intendo è se sia stato eticamente giusto o sbagliato.

Rileggendo la prima frase che ho scritto si coglie l’essenza della questione: ci ho guadagnato pressochè in tutto ecco sì, io ci ho guadagnato. Ma gli altri?

Andarsene via non influenza solo la tua vita, influenza soprattutto quella di altre persone e se tu sei contento di ciò che hai fatto, non è detto che lo siano anche gli altri.
Mi sono chiesto tante volte, se mia madre abbia sempre mostrato di essere felice di questa mia scelta solo per spronarmi ad andare avanti nel fare ciò che mi avrebbe fatto sentire realizzato. Continuo a chiedermi se in realtà lei non ne abbia sofferto, e non ne sia stata ferita a tal punto da perdere le ultime forze nella battaglia contro il cancro e decidere di arrendersi. Non saprò mai quanta tristezza i miei parenti mi abbiano nascosto, e a volte quando mi fermo a pensarci non posso esimermi dall’essere sopraffatto dai sensi di colpa e chiedermi se sotto certi aspetti andarsene è, in fondo, una scelta di puro egoismo. La scelta di chi vuole il meglio per sè e mette automaticamete il resto del mondo in secondo piano.

Io non sono religioso, credo poco in entità ultraterrene e ho perso ogni fiducia nella chiesa già anni fa, ma c’é una cosa che periodicamente riaffiora nella mia testa e mi assilla.. ed è il pensiero se sono o non sono una cattiva persona.
Ho sempre pensato di non essere un uomo cattivo, di avere sempre trattato tutti in modo corretto e di aver sempre cercato di fare del bene per gli altri ogni qualvolta ero in grado di offrire loro un aiuto. È vero che se guardo al passato, riconosco che ci sono alcune persone con cui mi sono comportato male, quasi sempre per problemi mai chiariti in prima persona che forse, parlando, si sarebbero potuti risolvere.

È vero che in alcuni casi ho intenzionalmente perso i contatti con persone con cui ho deciso di non avere più a che fare perchè ho pensato che loro avessero sbagliato con me, senza neanche ammettere la possibilità che probabilmente anche io, in qualche modo, avevo sbagliato con loro.

Ecco, quando ci ripenso il problema etico che mi pongo è se quando si fa del male involontariamente ed inavvertitamente a qualcuno, si è ancora autorizzati a sentirsi delle brave persone? E questo vale anche quendo espatriamo, credo. Non sappiamo a quante persone stiamo facendo del male, perché molto probabilmente, le persone a cui lo stiamo facendo morirebbero piuttosto che farcelo capire.

Forse in questo frangente chi se ne va per necessità, perchè non trova lavoro, perchè fugge da una situatione di vera crisi economica, è più scusato di chi se ne va per capriccio, perchè vuole cambiare aria, perchè vuole vedere il mondo o semplicemente perchè non gli stanno più bene i 1500 euro al mese italiani e vuole andare a fare lo stesso lavoro ma guadagnare il doppio.  Ma questo non è probabilmente puro egoismo?

Non é forse un po’ come dire: io voglio il meglio per me, gli altri si fottano ?

Non per niente una delle critiche più gettonate, fatte in modo velato ma neanche troppo indiretto a noi expats, è che noi abbiamo preferito andarcene piuttosto che restare e lottare. Ora, al di là del fatto che in Italia personalmente io non vedo nessuno lottare, ma vedo quasi esclusivamente una sconsolata arrendevolezza, riconosco che il discorso di base non è del tutto sbagliato. Espatriare significa scansare il problema invece che affrontarlo.

Certo, poi ti chiedi dove e come si potrebbero affrontare certe situazioni, se oggi ha davvero senso e può portare davvero a qualcosa. Le generazioni passate ci rimproverano che non stiamo lottando e che se stiamo perdendo tutti i diritti acquisiti da loro è solo colpa nostra perchè non combattiamo.
Poi però ti chiedi che senso abbia “lottare” oggi, in una economia globale. Una volta non esisteva il dumping salariale innescatto dall’accesso al mercato del lavoro di manodopera straniera, così come non esistevano la diversificazione e le delocalizzazioni e, non ultimo, l’economia rampava e galoppava e le industrie erano pen più bendisposte a fare concessioni. Se incrociavi le braccia e bloccavi un reparto produttivo, qualcosa ottenevi.
Oggi se incroci le braccia e blocchi un reparto produttivo, il tuo datore di lavoro sposta la produzione in Polonia e ciao a tutti.

Apriamo gli occhi: una volta, anche nell’economia, vigeva un minimo di fairness e di correttezza. L’accumulo di ricchezze ad ogni costo non era l’unico obiettivo: c’era chi faceva impresa anche per fare qualcosa di buono. Oggi non è più così, viviamo in un mondo molto più avido e scorretto. L’impoverimento della classe media che sta avvenendo in tutte le economie sviluppate (eccetto quelle rampanti come la Cina) è causato fondamentalmente dalla classe dirigente che vuole arricchirsi ancora di più (e ci sta riuscendo).

In questo mondo, fosre sì, espatriare è un po’ conseguenza di scelte di egoismo e di questa crescente unfairness che ci vede tutti uno l’altro nel disperato tentativo di non scendere di classe sociale. E allora, quando capisci che il tuo Paese sta diventanto troppo povero per le tue ambizioni, scappi in uno più ricco.

Sì, è vero, messa giù così è davvero triste.
Fortunatamente, non è così. Non c’è solo questo. Non è solo un fatto meramente economico, e meno male che è così.

E’ vero, tante volte mi sono chiesto se l’espatrio sia eticamente giusto o sbagliato. E sono giunto alla conclusione che, come sempre, a seconda dei punti di vista può essere entrambe le cose.

Per me espatriare non è stato solo andare a guadagnare di più. E’ stato molto di più.
Per me andarmene è stato un atto di ribellione. Il mio modo di ribellarmi al sistema del nepotismo, delle raccomandazioni e della mancanza totale di meritocrazia che per troppi anni ho dovuto mandare giù senza poter fare assolutamente nulla.
Per me espatriare è stata una sfida.  In tutti gli ambienti di lavoro in cui mi ero trovato in Italia ero sempre riuscito ad emergere, a ottenere rispetto e stima (e un sacco di lavoro, e un sacco di responsabilità). Ora volevo dimostrare a me stesso di essere in grado di farlo anche in Germania, in una azienda tedesca, in cui si parla tedesco. E’ stata la più grande sfida professionale della mia vita, e oggi sono felicissimo di avere avuto il coraggio di provare.
Per me espatriare è stata sofferenza. Ho sofferto anche io la lontananza dalla famiglia e degli amici. Ho fatto i salti mortali per essere in Italia quando c’era bisogno di me, quando mia mamma stava male. Ho vissuto tanta angoscia e non dimenticherò mai quelle ore passate in treno ogni weekend. Ma ho anche imparato tanto. Ho capito quanto è grande l’amore per tutte le persone a cui sono legato proprio perchè la distanza lo ha amplificato. E’ bellissimo ogni volta che torni in Italia riabbracciare le persone e godersi la loro compagnia ancor più di prima. Da quando vivo all’estero ho conosciuto persone di tutto il mondo e di tutte le razze, sono diventato più aperto e ho meno pregiudizi di quanto non fosse una volta. Questa esperienza mi ha cambiato e mi ha cresciuto, e se guardo dentro di me sono convinto, anzi sono certo, che oggi sono una persona migliore rispetto a quando sono partito.

E non ultimo, grazie alla mia scelta di vivere all’estero ho potuto offrire aiuto a persone care, quando me lo hanno chiesto. Un genere di aiuto che non sarebbe stato posibile se non me ne fossi andato.
Quindi, anche da una scelta forse un po’ “egoista” alla fine può arrivare qualcosa di buono.

Come sempre, é tutta questione di punti di vista.

 

Il Boom immobiliare in Germania – Conviene oggi (2019) comprare casa in Germania?

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Darmstadt Bessungen

Dopo anni in Germania, dopo che ci si è perfettamente ambientati e si hanno ormai situazioni stabili e confortevoli con il lavoro e la città in cui si vive, è giocoforza che si inizi  a fare qualche programma più serio.
Si inizia magari a pensare di mettere su famiglia qui, e una delle prime cose a cui si pensa è la casa. Trovare casa in Germania è estremamente difficile, questo si sa, ma c’é anche la questione affitto vs. proprietá che mi ha assillato non poco da un paio di mesi a questa parte. Così sono partito con alcuni “round informativi” presso il mio private banker e presso il mio consulente real estate personale, ovvero il mio padrone di casa (proprietario di 6 appartamenti tra Darmstadt e Frankfurt).

Dall’inizio di quest’anno ho così iniziato ad informarmi da più parti, e ne sto ricavando quella che più o meno è una cartolina della situazione immobiliare attuale del SüdHessen ma che, probabilmente, può essere estesa, con le dovute precauzioni ed eccezioni, a tutto il Paese. È chiaro che questa è una fotografia della situazione delle grandi e medie città, se vivete in un paesino dell’Odenwald la situazione è chiaramente molto diversa e quanto qui scritto potrebbe avere poco senso.

In Italia normalmente quando si parla di “comprare casa” é pressochè quasi sempre sottointeso che si intenda comprarla per abitarci.  È questo infatti il significato del “comprare casa” titolo di questo mio articolo: condividerò le mie analisi e i miei pensieri su quanto possa essere conveniente comprare casa in Germania per viverci. Sull’acquisto di immobili a scopo di investimento o rendita  scriverò un articolo a parte più avanti.

Il mercato immobiliare Tedesco e quello Italiano sono molto differenti:
Il mercato immobiliare Italiano è un mercato in cui la quasi totalità delle persone compra casa per abitarci. La percentuale di affittuari è bassissima. In Italia quasi tutti comprano casa, dall’opeaio all’impiegato di banca, tramite l’accensione di finanziamenti.
Il mercato immobiliare tedesco è invece un mercato in cui la magior parte delle persone compra casa come “Kapitalanlage” ovvero come investimento con rendita. Si tratta quindi non di un mercato abitativo ma di un mercato squisitamente speculativo.

La differenza tra le due situazioni è notevole: nel primo caso, il prezzo delle case si determina tramite il naturale incontro tra domanda e offerta e i prezzi tendono a seguire l’inflazione; nel secondo invece i prezzi sono gonfiati ben oltre l’inflazione e la legge della domanda/offerta, sulla base di aspettative di rialzo. Aspettative che sono ben motivate, visto l’andamento dei prezzi degli immobili in Germania negli ultimi 10 anni. Si crea così quella che in gergo viene chiamata “bolla speculativa”.

Prezzi immobili a Darmstadt
Evoluzione dei prezzi degli immobili a Darmstadt dal 2011 al 2018.

Già sulla base di questa semplice considerazione si può intuire che comprare casa per abitarci, in un mercato dove i prezzi sono determinati da un mercato speculativo, non ha molto senso, visto che di fatto la strapaghi. Comprare casa come investimento avrebbe invece molto più senso anche se, ad essere onesti, oramai è forse un po’ tardi.
I prezzi delle case in Germania erano infatti convenienti nell’immediato dopocrisi (parliamo del 2010 circa) in cui erano paragonabili con quelli Italiani, se non inferiori (a Berlino si potevano comprare monolocali con cifre dell’ordine dei 50.000 Euro). Da allora, i prezzi sono esplosi aumentando senza sosta, con picchi del 10% annuo in certi casi, a causa di una corsa al mattone senza precedenti che ha interessato pressochè tutta la Germania. Quindi si potrebbe avere il legittimo dubbio che forse, dopo 10 anni di rialzi, investire oggi potrebbe non essere un super affare… ma i fatti per ora dicono che ogni volta che si costruisce qualcosa di nuovo tutte le case sono già vendute ancora prima di scavare le fondamenta.

Certo, da qualche parte bisogna pur abitare. E qui sta la particolarità della mentalità tedesca: anche gli investitori privati e gli “accumulatori di immobili” come il mio padrone di casa vivono in affitto. Magari possiedono 10 appartamenti, ma vivono in affitto. Tutte le persone con cui ho parlato mi hanno detto la stessa identica cosa: che solo un folle, in Germania, compra casa per abitarci. In Germania le case si comprano per affittarle e/o rivenderle. Anche grazie ad una legislazione fiscale che favorisce che affitta anzichè chi vive in casa di proprietà (sembra assurdo ma è così: se affitti un appartamento hai alcuni sgravi fiscali; se ci abiti invece no. Stranezze teutoniche).
C’è inoltre un altro fattore chiave da tenere in considerazione: se i prezzi per l’acquisto di case sono letteralmente esplosi, lo stesso non può dirsi (fortunatamente!) per gli affitti. Pur avendo, nel corso degli anni, un trend complessivamente al rialzo, l’aumento dei canoni di affitto è sempre rimasto grosso modo agganciato all’inflazione (per la cronaca: l’inflazione “reale” in Germania è abbastanza bassa. La cifra “ufficiale” usata dalle banche quando vogliono invogliarti a investire in prodotti rischiosi è del 2,4% , ma si potrebbe dire che in realtà è circa in punto percentuale in meno. Gli adeguamenti annuali di molti prezzi di servizi pubblici e non stanno tra l’1 e l’1,6%).

Facciamo qualche conticino esemplificativo molto semplice:
Un buon trilocale sugli 80-90 mq di nuova costruzione in una zona semicentrale di Darmstadt (prendiamo ad esempio Darmstadt Bessungen dove abito io) costa dai 350.000 ai 500.000 Euro*. Volendo acquistarlo (per viverci) e supponendo di fare un bel mutuo ventennale, abbiamo:

350.000 Euro costo casa (prendiamo la più economica, perchè siamo un poco pezzenti:-))
21.000 Euro per la tassa di acquisto pari al 6% del costo di acquisto della casa
15.000 Euro commissione dell’intermediario pari al 4% circa
5250 Euro spese del notaio pari di solito all’1,5% circa
1750 Euro spese di trascrizione nel catasto pari a circa il 0,5%

Totale: 393.000 Euro

Tuttavia siamo fortunati, abbiamo un buon lavoro con un buon contratto e la banca ci finanzia interamente: per un mutuo ventennale al 2% l’istituto di credito ci chiederà la modica cifra di 190.980 Euro di interessi, quindi

Totale: 583.980 Euro

Pari a 2.433 Euro al mese per 20 anni
A cui va aggiunto l’Hausgeld di circa 200-300 Euro al mese (ma puó essere anche di piú: l’Hausgeld, ovvero i costi mensili che deve pagare un proprietario, sono generalmente un 20-25% piú alti dei Nebenkosten, ovvero i costi che vengono imputati all’inquilino).
A cui va aggiunta la Grundsteuer (tassa di proprietà sugli immobili) annuale, che varia tra 600 e 1.200 Euro annui per un immobile di questo tipo (dipende molto dalla zona)
A cui vanno aggiunte le spese ordinarie e straordinarie di manutenzione, spettanti naturalmente al proprietario

Se si vuole una rata più “umana” si può fare un mutuo trentennale, gli interessi diventano 318.875 Euro e la rata scende a 1.977 Euro al mese per 30 anni (più i Nebenkosten, più le tasse, più tutto).

In questo ultimo caso, alla fine dei 30 anni avremo speso, solo per l’acquisto, un totale pari a più di 700.000 euro (per la precisione 711.875) e saremo proprietari di una casa da 350.000 Euro (sempre che il mercato in questi 30 anni non ci abbia riservato sgardite “sorprese”…!!).

Ok, diamo ora un’occhiata agli affitti e facciamo altri due conticini rapidi confrontano con le soluzioni di acquisto.
Il nuovo sugli 80-90 mq a Darmstadt Bessungen viene affittato tra i 1.000 e i 1.200 Euro al mese*. Assumiamo i Nebenkosten uguali all’Hausgeld per semplificare il calcolo (anche se non sarebbe corretto: come ho giá scritto prima, i nebenkosten solo piú bassi). Sempre per semplicità assumeremo i Nebenkosten costanti nel tempo (se le spese condominiali aumentano, aumentano sia per chi vive in affitto sia per chi é in casa di proprietá…), e faremo solo una rivalutazione del canone di affitto.

Caso A: mutuo a 20 anni
Mutuo di 2.433 Euro al mese più Nebenkosten di 250 Euro al mese più Grundsteuer annua di 800 Euro più spese ordinarie/straordinarie di circa 1250 Euro ogni 5 anni (siamo ottimisti).
Abbiamo quindi un totale di 33.246 Euro all’anno per 20 anni, alla fine dei quali avremo avuto quindi spese abitative totali di 664.920 Euro; tuttavia siamo proprietari di un bel trilocale a Darmstadt Bessungen.

Caso B: mutuo a 30 anni
Con la rata più leggera, assumendo tutti gli altri costi identici, abbiamo un totale di 27.774 Euro all’anno per 30 anni, alla fine dei quali avremo avuto quindi spese abitative totali di 833.220 Euro ma siamo finalmente diventati proprietari di casa.

Caso C1: affitto orizzonte temporale 20 anni
Con un canone di affitto di 1200 euro al mese e nebenkosten di 250 Euro al mese spendiamo inizialmente 17.400 Euro all’anno. Su 20 anni, supponendo che il nostro padrone di casa ci rivaluti l’affitto del 5% ogni 5 anni, spendiamo in totale 358.330 Euro.
Non siamo diventati proprietari dell’immobile tuttavia rispetto alla soluzione con acquisto abbiamo sborsato 306.590 Euro in meno.

Caso C2: affitto orizzonte temporale 30 anni
Con gli stessi numeri di cui sopra, le spese abitative di 30 anni in affitto sono pari a 561.740 Euro – non siamo proprietari della casa, ma abbiamo messo 271.480 Euro da parte.

Attenzione però: in questo confronto ho preso il prezzo di acquisto più basso (350.000 Euro) confrontandolo con l’affitto più alto (1.200 Euro al mese). Volendo ripetere il confronto con l’affitto più basso da 1.000 Euro al mese allora i soldi risparmiati nel primo caso diventano 358.310 Euro e nel secondo invece sono 353.105 Euro.
Senza contare inoltre che abbiamo consideato i Nebenkosten uguali all’Hausgeld, cosa che normalmente non si verifica: quindi in realtá, ci potrebero essere diverse migliaia di euro in piú a favore dell’affitto.

In sostanza tra soldi risparmiati e valore dell’immobile si va sostanzialmente più o meno in pari, al netto dei rischi. Perchè in 20 o 30 anni solo con la sfera di cristallo si può sapere cosa ne sará del valore della nostra amata casetta. Magari sale, magari scende… chi lo sa? Una cosa é certa: la nostra casa nel frattempo sarà diventata 20/30 anni più vecchia.

Cosa è meglio fare quindi? Beh, è impossibile dirlo con certezza. Credo che dipenda molto dalle “filosofie di vita” di ciascuno di noi. Per molte persone, soprattutto per gli Italiani, la casa di proprietà é qualcosa di vitale e irrinunciabile, è un traguardo, e in tanti sono disposti a tirare la cinghia tutta la vita con un mutuo strangolante pur di arrivarci. Per me non è mai stato cosí, anzi sull’argomento ho le mie precise idee (vedasi Comprare casa? No grazie…), sarà anche perchè la mia famiglia con il real estate ha sempre avuto abbastanza sfiga.
Eh sì, perché fin da piccoli ci hanno sempre insegnato, probabilmente per un retaggio di tempi passati, che la casa va comprata. Va comprata perchè così oltre a metterti un tetto sopra la testa investi i tuoi soldi in qualcosa di stabile e sicuro: il “mattone”. Il “mattone” è da sempre venerato dagli Italiani come l’investimento per eccellenza: saldo, resistente nel tempo, inattaccabile, con rendimento sicuro.
Beh perdonatemi, ma dissento con tutte le mie forze da codesta affermazione, perchè non è così: il mattone, come tutti gli altri investimenti, ti deve andare di culo. Non ha assolutamente “rendimento certo”.

Cito un paio di esempi pratici: se 30 anni fa compravi a Isola, che allora era un quartiere degradato di Milano, con 50 milioni di vecchie Lire si poteva acquistare un bilocale in un condominio. Le case te le tiravano praticamente dietro, perchè lì non ci voleva abitare nessuno. Oggi però ti ritroveresti la metro lilla sotto casa, il Bosco Verticale a fianco e un manipolo di locali alla moda a pochi minuti a piedi. Certi immobili in Isola hanno incrementato il loro valore del 3000% dal 1990 ad oggi. Questo è un caso emblematico in cui il mattone dimostra di essere un super investimento. Ma lo é stato semplicemente perchè ci ha messo lo zampino la fortuna.
Viceversa, si trovano nell’hinterland nord milanese non pochi casi di aree residenziali in cui gli immobili più recenti hanno dimezzato il loro valore rispetto al 2006,  e quelli meno recenti valgono oggi (in Euro) poco meno di quanto valevano (in Lire) alla fine degli anni 90. Le ragioni sono state diverse a seconda dei casi: fabbriche che chiudono, arrivo in massa di immigrati stranieri, costruzione di “ecomostri” da parte delle edilmafie del Nord Italia, taglio dei servizi da parte dei Comuni, chiusura in massa degli esercizi commerciali,  degrado rampante, eccetera…
Insomma, il mattone non è diverso dagli altri investimenti: può andarti bene o andarti male. E se ti va male son dolori, perché quasi sempre hai messo tutti i tuoi risparmi (presenti e futuri) proprio lì.

Esiste una regola di base se si vuole acquistare casa con un minimo di criterio pensando al rendimento futuro: bisogna comprare casa dove c’è lavoro. Oggi a Darmstadt c’é moltissimo lavoro, in piú ci sono due universitá, ecco perché i prezzi sono cosí alti.
Tuttavia la domanda è.. tra 30 o 40 anni, ci sará ancora lavoro? E qui nessuno puó rispondere. Va a fortuna.
Prendiamo ad esempio Desio, la mia cittá natale, alla fine degli anni 80: all’epoca a Desio c’éra tantissimo lavoro, basti pensare alla Autobianchi opure ai grandi gruppi tessili Tilane e Gavazzi,  importanti realtá dell’industria e del manifatturiero che davano lavoro a migliaia di persone, alimentando a loro volta un importante indotto. La presenza di migliaia di famiglie di operai e impiegati delle fabriche alimentava a sua volta le attivitá commerciali e i servizi.
Oggi a Desio non c’é piú lavoro. Tutte le industrie hanno chiuso. Le attivitá commerciali languono, e la cittá é ostaggio di degrado e decadenza. Chi negli anni 80 ha comprato appartamenti, pensando di farsi una rendita per la vecchiaia, ha toppato in pieno e oggi si trova muri sfitti che valgono pochissimo su cui pagare salatissime tasse…

Quindi, tornando a noi e alla domanda iniziale di questo post… conviene oggi comprare casa in Germania? La risposta è: secondo me assolutamente no.

E le ragioni dietro a questa mia posizione sono le seguenti:

  1. Il differenziale tra mutuo e affitto è troppo elevato: se si vuole comprare casa é necessario accollarsi spese abitative dell’ordine di 2200/2500 Euro al mese o anche più. A cui sommare le spese straordinarie e le tasse. Sono uscite molto pesanti, anche per chi percepisce buoni stipendi. Risparmiare può diventare problematico o forse impossibile, e una spesa imprevista può diventare un problema. In affitto si “respira” decisamente di più.
  2. Scegliendo l’affitto invece che l’acquisto é possibile risparmiare, su un orizzonte temporale di 20 o di 30 anni, una cifra quasi pari al valore della casa al momento dell’acquisto.
  3. Incertezza intrinseca dell’oggetto “mattone”: continuo a ritenere l’immobile un investimento a lungo termine tutt’altro che sicuro, perchè oggi nel mondo le cose cambiano davvero in fretta e in 20 o 30 anni nessuno può sapere come cambierà una zona/città, se ci sará ancora lavoro, cosa succederà al mercato immobiliare, se ci sarà una nuova crisi dei Subprime e quanti altri “sberloni” economico/finanziari scuoteranno il mondo…
  4. Comprare dopo 10 anni di rialzo ininterrotto dei prezzi secondo me incrementa ulteriormente il rischio descritto al punto 3.
  5. Questo punto é molto personale, quindi avrei anche potuto tralasciarlo… ma ci tengo a includerlo ugualmente: a me l’idea di indebitarmi per tutta la vita (o quasi) mette un’ansia terrificante. E se perdo il lavoro? E se arriva un’altra crisi economica in stile 2008 (o anche peggiore)? E se mi ammalo? E se mi capita qualcosa?
    Riflettete su questo numero: 250.000. Sono le persone che hanno perso casa in Italia nel solo anno 2018 (fonte: Panorama) perché non riuscivano piú a pagare il mutuo.

Detto ciò, una precisazione é d’obbligo: qui ho considerato il caso di persone “normali”, ovvero persone (come normalmente siamo noi che espatriamo) che non hanno grandi disponibilitá finanziarie o consistenti patrimoni familiari alle spalle. È chiaro però che se uno ha 500.000 Euro pronti in banca, oppure un facoltoso papà pronto a comprargli casa in contanti, allora cambia tutto e anche io sarei il primo a dire: la casa va comprata immediatamente.
Non a caso l’attuale Immobilienboom tedesco é in buona parte causato proprio da persone in possesso di consistente liquiditá che, con i tassi di interesse ormai prossimi allo zero, cercano un modo redditizio per far fruttare i propri soldi.

E infatti un’ottima ragione per comprare un immobile in Germania, ad oggi, molto più che per abitarci, é per metterlo a reddito e/o ricavarne una plusvalenza, ovvero diventare un Kapitalanlager. Ma, in questo caso, bisogna cambiare Target e ragionare da investitore, quindi niente tri- o quadrilocale, niente zone residenziali, niente famiglie. Su questo argomento tornerò in futuro, con qualche altro calcolo esemplificativo, perchè é molto interessante.

Aggiornamento (dicembre 2019): con la situazione economica della Germania in netto peggioramento, sono in molti a parlare della possibile Fine del Boom Immobiliare. Ecco qui un articolo che ho scritto a riguardo.

Aggiornamento (Marzo 2021) questo é un articolo del 2019 riferito alla situazione pre-Covid. Sul tema “comprare casa in Germania” sono tornato due anni piú tardi, con una analisi basata sulla nuova era post-Covid e alcuni possibili scenari. Questo é l’articolo.

*Fonte dei prezzi immobiliari a Darmstadt: ricerca su ImmobilienScout24.de effettuata il 01.05.2019 – Parametri: Darmstadt Bessungen, raggio 2 km, appartamento da 3 a 4 locali, superficie da 80 a 100 mq. Ricerca effettuata sia per l’acquisto che per l’affitto.