Desio e la decadenza del Nord Italia

Questo é forse il primo articolo, in quasi 15 anni di blog, in cui parlo di Desio. La mia cittá.
O meglio, il mio luogo di nascita. Perché oggi se penso alla “mia cittá” e devo essere onesto, mi é ormai entrata nel cuore la Bergstraße con le sue piccole cittá-bombiniera come Bensheim e Heppenheim, e la carica di frizzantezza, di ricerca e di innovazione tecnologica dei centri come Darmstadt e Heidelberg.
Ma oggi, in questo periodo di mangiate e di feste, dopo essere rientrato pochi giorni fa dalla Germania e dopo una bella passeggiata pomeridiana in una fantastica giornata di limpido sole invernale in cui ho potuto ripercorrere in lungo e in largo luoghi dellla mia infanzia e della mia adolescenza proprio qui a Desio, non ho potuto fare a meno di riflettere e di accostare alcuni luoghi simbolici di questa cittá al lento e inesorabile processo di decadenza che contraddistingue tutto il Nord Italia di provincia.

Sì, perché se escludiamo la scintillante Milano della moda e del turismo, le cittá medie e grandi come Brescia e Bergamo, qualche piccolo Centro come Cantù dove ancora si vede un minimo di frizzantezza e di vitalitá economica oltre che qualche investimento migliorativo del tessuto urbano, tutto il resto… é una tristezza. In questi anni ho potuto apprezzare come il buona parte della Lombardia e del Nord Italia sia ormai diventata un deserto di cittá dormitorio cupe e tristi, con pochissimi negozi, poche aziende, sempre meno lavoro, degrado rampante e scheletri urbani di un passato che probabilmente non tornerá.

Sia chiaro, non voglio sputare nel piatto in cui ho mangiato per anni. Desio mi rimarrá sempre nel cuore per i ricordi, la famiglia e le amicizie, ma non certo per la sua bellezza o per quello che ha da offrire oggi. Perché Desio oggi é lo specchio perfetto della decadenza del Nord Italia.

Basta arrivare dalla Valassina e uscire a Desio Sud, passando di fronte al primo scheletro urbano della cittá: il Palazzo dell’Arredamento, noto un tempo anche come “Centrostile”.
Fino all’inizio degli anni ’90 questo era il biglietto di ingresso della cittá, visibilissimo per chi arrivava dalla superstrada Valassina da entrambe le direzioni: un grande, moderno e stiloso Palazzo del Mobile dove i piú affermati mobilifici della Brianza esponevano i loro prodotti. Tutta la “gente bene” della Lombardia e non solo veniva a comprare i mobili qui, a Desio e Lissone, oppure a Cantú.
Ma se Lissone in qualche maniera ancora rimane a galla, e Cantú ancora oggi é una cittadina dinamica e ricca, qui a Desio della grande filiera del mobile non é rimasto nulla. E questo diroccato edificio in rovina, oggi popolato da senzatetto e sbandati, ne é la perfetta rappresentazione. Una diatriba legale tra i vari proprietari/ereditieri dell’immobile, che prosegue senza soluzione da anni, impedisce l’abbattimento di questo rudere che rimane cosí ben saldo al suo posto, quale tetro biglieto da visita di una cittá ormai decaduta.

Il Collegio PIO XI é stato la mia scuola negli ultimi due anni di elementari e durante le scuole medie. Era un istituto privato favoloso, assolutamente non non un “diplomificio per ricchi” come alcuni pensavano. Qui ricevevi una istruzione di prim’ordine ed eri seguito da professori bravissimi (e severissimi). Credo che molto lo devo al Collegio, e alla scelta di mia madre di iscrivermi lí, se oggi sono arrivato dove sono. Il Collegio mi ha dato gli strumenti necessari per formare le mia mente scientifica ed é stato proprio lì che, avviandomi alla fine della scuola media, ho deciso cosa avrei fatto da grande.
Certo, mandare un figlio qui costava. Ai tempi delle lire, erano svariati milioni all’anno. Ma era un investimento sicuro, se il ragazzo aveva voglia di studiare. I diplomati della scuola di Ragioneria del Collegio Pio XI erano tutti praticamente giá assunti in qualche Banca o in qualche Azienda ancor prima di avere il pezzo di carta in mano. Perché chi usciva da lí con valutazioni alte era uno che sapeva il fatto suo.
Purtroppo peró, negli anni, il Collegio ha perso sempre piú alunni, fino a chiudere definitivamente nel 2016.
Oggi il Collegio é un edificio in rovina, vuoto e abbandonato. Simbolo di una classe media decaduta che oggi non ritiene piú la migliore istruzione per i propri figli come una prioritá.

La torre del Polo di Eccellenza, o Torre Nord, chiamata affettuosamente dal sottoscritto “ecomostro”, si trova proprio a pochi metri da qzella che fu casa mia ed é visibile a chilometri di distanza. È il simbolo piú lampante della decadenza di Desio e del fallimento sistematico di ogni tentativo di restituirle smalto e vitalitá. Inizialmente questa torre di 20 piani doveva essere il pezzo architettonico piú pregiato di una vasta opera di riqualificazione urbana e commerciale nota come Polo di Eccellenza; approfittando della vicinanza strategica con la Stazione FS, la Valassina e la futura Pedemontana, il Polo di Eccellenza avrebbe dovuto ospitare uffici, Aziende e forse anche un distaccamento della Bicocca. La costruzione inizió nel 2007.
Ricordo ancora come noi della zona eravamo tutti contenti, finalmente arrivava qualcosa di veramente nuovo nell’aera ex Autobianchi, finalmente si vedeva lo spiraglio di una quello che poteva essere l’inizio di una valorizzazione del nostro quartiere, e chissá, magari le case si sarebbero anche un po’ rivalutate.
Nulla di tutto ció é accaduto. Anzi, se vogliamo, tutto é peggiorato. Molto peggiorato.
Nel 2010 la costruzione fu interrotta. Pochi mesi dopo Desio fu scossa dall’inchiesta “Infinito” con arresti a raffica in cittá e in tutto il circondario. Di lì a poco la giunta comunale di centrodestra fu sciolta e il comune fu commissariato.
Sì perché, tra le altre cose, Desio vanta anche il triste primato di prima cittá lombarda la cui giunta comunate é caduta in seguito alla scoperta di profonde infiltrazioni mafiose.
E a ricordarlo, troneggia imponente questo scheletro di cemento e travi arrugginite, abbandonato al suo destino dopo il fallimento della Polo di Eccellenza S.p.A.. Nessuno sa cosa sará di questo abominio edilizio; si sa solo che é stato il colpo di grazia per un quartiere che, dopo la chiusura dell’Autobianchi, ha visto un declino senza fine.

Ad oggi, a memoria di quella che fu la più grande Industria di Desio, rimane solo la palazzina del personale che fu a suo tempo risparmiata dalla demolizione in virtù della sua architettura liberty. L’intenzione era quella di ristrutturarla e renderla parte del Polo di Eccellenza. Ma oggi è soltanto un rudere abitato da senzatetto e sbandati, a pochi metri da case e complessi residenziali.
A parte una Unes e un paio di bar, oggi qui non c’è più nulla. Tutti gli esercizi commerciali storici hanno chiuso, anche icone decennali come la Pasticceria Turchina o la giornalaia di via XXV Aprile hanno chiuso durante il 2019, al loro posto solo serrande abbassate e cartelli “Cedesi Attività”, sopravvive soltanto un Compro Oro all’angolo con il viale della Stazione e una pizzeria.
Completano il quadro degrado e microcriminalità in costante aumento, negli ultimi 3 anni nel mio ex condominio sono entrati a rubare (tra appartamenti e box) almeno 5 volte e ormai la gente non si prende neanche piú la briga perdere mezza giornata per fare denuncia contro ignoti e sentirsi dire il solito “le faremo sapere”. Gli appartamenti nei condomini qui sono ormai valutati sotto i mille euro al metro quadro (capito perché io sono un grande fan del non comprare casa?) ed é piú la gente che se ne va di quella che arriva.

In centro, la via principale della cittá si snoda lungo l’asse nord-sud. È corso Italia arivando da Seregno, diventa poi via Garibaldi. Una volta brulicante di negozi e di attivitá commerciali, é oggi una vetrina di banche e bar, ma con molti meno negozi di una volta. A tratti emergono dall’asfalto le rotaie della tramvia interurbana che una volta collegava la cittá con il nord di Milano, chiusa nel 2011. Al suo posto un moderna metrotranvia, con un percorso diverso dalla tranvia originaria, sarabbe dovuta essere pronta per Expo 2015 ma come sempre, il progetto si é arenato e adesso della metrotranvia Milano-Seregno non se ne parla piú. Molto probabilmente non se ne fará nulla, vista la “spinta” di Expo 2015 oramai persa, e visto che molte forze politiche la definiscono una spesa inutile.
A ricordo di quando il tram sferragliava per le vie di Desio rimangono solo alcuni tronconi di rotaie qua e lá e il deposito ATM situato alla fine di corso Italia, un altro rudere in stato di abbandono al cui interno giacciono da anni decine di vetture tramviarie abbandonate e divorate dalla vegetazione.
Mentre guardo quei binari abbandonati, penso che Darmstadt é grande quanto Monza e ha 9 linee di tram di cui 5 sono extraurbane, e si continua a costruirne di nuove. Mi riempio di tristezza e mi chiedo … ma perché. Perché questa cittá invece che andare avanti ha solo saputo andare indietro.

Lungo Corso Italia, poco distante dal Collegio, c’é la nuova Piazza Don Giussani. Un’ampia piazza realizzata a corredo del nuovo municipio, con una grande fontana e spazio per molti negozi, che doveva diventare una nuova area commerciale e di aggragazione urbana, ridando vita ad una zona della cittá in cui da anni regnava il mortorio complice anche la vicinanza con la “zona ecomostro”. Dopo una fase iniziale in cui qualche negozio e persino un paio di bar avevano aperto e portato un po’di movimento nella zona, tutto si é arenato e Piazza Don Giussani é oggi un deserto di serrande chiuse e vetrine vuote, a fianco di un mega municipio assolutamente inutile e sproporzionato per la cittá che é Desio. Solo un bar gelateria resiste stoicamente da qualche anno, nonostante sia perennemente deserto. Anche nelle piú amene sere d’estate, batterie di lampioni a LED illuminano a giorno marciapiedi su cui nessuno cammina e panchine su cui nessuno si siede.

Poco dopo che Corso Italia é diventato via Garibaldi si incontra poi la casa di riposo Pio e Ninetta Gavazzi, a pochi passi dal centro. Una volta esclusiva e rinomata casa di riposo con un grande giardino, é oggi un edificio abbandonato di cui non si conosce il futuro. Un edificio ancora molto bello e caratteristico, nonostante l’evidente incuria dovuta all’abbandono.

Scheletri del passato non sono difficili da trovare a Desio, basta guardarsi intorno. Questa cittá era, un tempo, sede di due grandi industrie tessili: la Gavazzi e la Tilane, entrambe chiuse molti anni fa. Poco distante da Piazza don Giussani si trovano ancora resti pericolanti dalla ex Gavazzi, mentre i resti della Tilane si trovano dall’altro lato della cittá rispetto al centro storico.
E che dire poi del distaccamento del Tribunale, soppresso dal 2014, o della gigantesca sede dell’Agenzia delle entrate poi trasferita altrove e rimasta abbandonata. C’é anche l’ex carcere, ormai ridotto ad un rudere invaso dalla vegetazione.
Il tutto senza contare i capannoni abbandonati e i negozi vuoti. Ovunque, é questa la sensazione che mi trasmette Desio oggi: vuoto. Solo un senso di vuoto.

A dirla tutta, non é solo Desio purtroppo ad avere i suoi scheletri urbani. Anche molte cittá del circondario portano le cicatrici di questi anni duri.
Come dimenticare la Snia Viscosa di Varedo, il Magic Movie Park di Muggió, Cittá Satellite (Greenland) a Limbiate, la De Simoni di Monza.

Quando sono a Desio di tanto in tanto mi infilo in qualche bar o birreria. Ce n’é ancora qualcuno, per fortuna. Anzi, se devo dire la veriá, rispetto a qualche anno fa, vicino al mio miniappartamento ora ho ben due birrerie a due passi: il Beer Counter, praticamente sotto casa, e il Monkey nel piazzale della stazione, che è stato un gradito ritorno.
Quando sono lì a bere qualcosa cerco sempre qualche faccia conosciuta, qualcuno dei miei vecchi compagni di bevute; sai mai, la cittá in fondo non é grandissima.
Ma ormai é da anni che non trovo piú nessuno. Allora a volte sfoglio la rubrica del telefono, la quale ai tempi del Lumia 800 (ormai parecchi anni fa) ereditó la stessa struttura dei miei contatti MSN Messenger e Outlook, importando anche i gruppi che avevo creato per dividere i contatti Messenger. Tra le varie cartelle, c’era anche il gruppo “Amici Desio”. Basta aprirlo e darci una occhiata rapida per rendersi conto che quasi nessuno di loro é piú a Desio, ormai. Se ne sono andati tutti da qui.
C’é chi é rimasto vicino, spostandosi a Seregno o a Lissone, o magari Monza, chi é andato verso Lecco o Como per avere un po più di verde e di natura, ma anche chi se ne é andato molto piú lontano. C’é chi come me ormai é all’estero da anni, e chi addirittura é oltreoceano. Nessuno o quasi ha voluto costruire a Desio la sua vita. Non li biasimo.

È ormai calato il buio e sto rientrando a casa. Di fianco al mio condominio, luccicano intermittenti le luci anticollisione rosse del’ecomostro di 20 piani, rendendolo quasi un tetro e scarno albero natalizio.
Ripenso ai Natali passati qui da bambino con la mia famiglia. Tutto forse potevo immaginare, ma non che la mia cittá natale diventasse cosí.
Nonostante la giornata bellissima e il cielo limpido, oggi ho visto solo cemento, ruderi abbandonati del passato, una periferia fredda e ostile di villette a schiera trascurate e condomini anneriti. Le vie del centro con pochissimi negozi ma banche ad ogni angolo, pizzerie da asporto gestite da stranieri, bar semideserti, frequentati da quello che resta di una middle class che ha sicuramente visto tempi migliori.

Insomma, in un certo senso, trovo che Desio sia speciale. Piú di ogni altra cittá, offre ricordi, rappresentazioni e simboli di quei “bei tempi” che se ne sono andati per sempre. Sostituiti da un’era di perdurante crisi, sfiducia e incertezza.
Perché nonostante io faccia Sironi di cognome e venga da una buona famiglia brianzola della classe media, per avere ció che volevo dalla vita sono dovuto emigrare molto piú a nord. Segno che la Brianza dei sogni e del benessere é ormai una favola del passato. Perlomeno qui a Desio.

Il vero problema é il fanatismo

Per la serie “riflessioni di fine anno”.

Per la verità, questo articolo è abbastanza sull’acido andante, me ne rendo perfettamente conto. Sarà che sto rientrando da uno di quei viaggi di lavoro in cui non ne è andata una giusta e ho fatto un pieno di stress che non smaltirei neanche in una settimana al QC Terme Resort di Prè (dico solo che ho passato le ultime 2 ore al telefono con l’agenzia viaggi perchè la mia prenotazione sul volo di ritorno è risultata inesistente e ho rischiato seriamente di restare bloccato qui a Madrid).

Fortunatamente, dopo varie peripezie, ho avuto la mia agognata carta d’imbarco. Sto leggendo qualche notizia approfittando della WiFi in aeroporto mentre aspetto la chiamata al gate. Leggo ed elaboro (non dimentichiamolo, mi trovo in modalità acido/nichilista), soprattutto i commenti alle notizie.
E in questa era social di comunicazione selvaggia ad altissima velocitá c’é un denominatore comune che noto, ovunque: la perdita, totale, della moderazione. Che sfocia sempre piú spesso in episodi che vanno davvero vicino al più cieco fanatismo.

È proprio questa la parte pericolosa e assai sottovalutata di questa comunicazione selvaggia e tastieristica che é diventata il must di oggi: lo schermo di un pc, la tastiera, o il display di uno smartphone, imbarbariscono la gente. Rendono le persone cattive.
Questo é un fatto. Se ne puó discutere, ma non si puó negarlo: lo sperimentavo personalmente, giá molti anni fa, quando ero moderatore nei forum di Staccata.com e spesso mi toccava placare discussioni che diventavano agitate per un nonnulla e non di rado venivo attaccato in prima persona con toni anche molto pesanti, senza una vera ragione scatenante. Attaccato da persone suscettibili e aggressivissime dietro i loro nickname, che si rivelavano poi pacifiche, affabili e tranquillissime quando le incontravi di persona per un giro in moto o per una birra. Irriconoscibili.
Tutto questo accadeva giá molti anni prima di Facebook e Instagram. E giá allora, mi rendevo conto di quanto tale situazione fosse assolutamente insensata.
Perché da dietro uno schermo la gente vuole sempre essere diversa da quello che é?
Perché tutto ció che facciamo, diciamo, pensiamo, quando siamo dietro ad una tastiera lo trasformiamo e lo estremizziamo?

Basta buttare un occhio in giro quando si naviga su siti di notizie, e guardare i commenti degli articoli. Soprattutto gi articoli che parlano di politica, Europa, immigrazione, economia. È tutto uno sproloquio di toni avvelenati e imbestialiti, con gente che minaccia e insulta pesantemente chiunque osi scrivere qualcosa che sia diverso dalla loro opinione.
È proprio qui che vedi che si é persa totalmente la moderazione: se scrivi che le politiche europee sull’immigrazione vanno riviste e bisogna distribuire meglio i migranti risolvendo il peso eccessivo presente sull’Italia ti becchi del fascista, del naziskin, del razzista xenofobo, ti viene detto che sei un ignorante, che fai schifo e ti devi vergognare. Se viceversa scrivi che é giusto accogliere chi é in difficoltá ti danno del comunista radical chic e ti scrivono “spero che un negro stupri tua figlia”.
Fondamentalmente, la cattiveria della rete ci sta lentamente togliendo il diritto ad esprimere una opinione e questa é una cosa che mi preoccupa molto per il futuro.

Magari sono io che frequento i siti sbagliati, magari sono io che sono eccessivamente psssimista, ma quando navigo nella rete e osservo il tenore di osservazioni, commenti, idee, ovunque vedo una situazione che è borderline tra la barbarie e il fanatismo. Un vero e proprio Bellum omnium contra omnes in cui i mezzi tecnologici invece che far evolvere l’uomo, lo stanno riportando alla barbarie e allo stato di bestia. Un controsenso moderno che ha quasi del tragicomico.

La barbarie chi vuole vederti morto perchè non la pensi come lui, perchè sei diverso, perchè sei straniero, oppure perchè sei andato a vivere all’estero. Il fanatismo di quelli che idolatrano personaggi di dubbia integrità, di quelli che vorrebbero tornare alle carrozze trainate dai cavalli per salvare l’ambiente, di quelli che hanno ragione loro punto e basta.

E’ vero anche che oggi ci sono molteplici ragioni economiche e politiche per giustificare il ritorno della rabbia in certe parti del tessuto sociale. Ma quello che mi fa paura è come il mezzo social stia veicolando questa rabbia e la stia facendo proliferare come un virus.

Non voglio farne un discorso politico. Io non sono nè di destra nè di sinistra, fondamentalmente perchè ho perso fiducia in entrambe molti anni fa. Questo è un problema sociale molto forte, che prende radici già da qualche anno addietro, e se nessuno se ne occuperà, le future generazioni potrebbero trovarsi in un contesto molto turbolento.

La scuola non educa più, perchè ai bambini di oggi è concesso tutto e guai se un maestro o un professore si azzarda a prendere provvedimenti nei confronti di qualcuno; arriva l’immediata rappresaglia dei genitori. Si acquisisce così in età infantile la convinzione di avere il diritto di dire/fare ciò che si vuole senza che nessuno abbia l’autorità di dirti alcunchè. Si acquisisce la convinzione di essere autorizzati a tutto. Si acquisisce la sicurezza di poter sostenere ogni propria idea, ogni convinzione, ogni pensiero, illimitatamente, prevaricando chiunque altro, senza alcun riguardo per i suoi diritti e le sue opinioni. In una parola, fanatismo.
E oggi, via social, ne apprezziamo i risultati.

La mia paura è che prima o poi questo non avverrà più solo via social.




Il boom immobiliare in Germania – Siamo alla fine?

La fine del 2019 non puó certamente considerarsi positiva per l’economia tedesca. Molti comparti sono in grande sofferenza, due sopra tutti: l’automotive e il bancario, con tutte le piú grandi Aziende del settore che hanno lanciato delle vere e proprie riorganizzazioni lacrime e sangue per recuperare profitability. Tanto per citarne qualcuna:

Deutsche Bank ha lanciato un piano di riorganizzazione con 18.000 licenziamenti (circa un dipendente su 5)
Audi avrá qualcosa come 9.500 esuberi (circa un dipendente su 6)
Daimler (la controllante di Mercedes-Benz) é in crisi di redditivitá (in questo momento ha meno profitability di PSA-Peugeot) e licenzierá 9.000 dipendenti in tutti il mondo tra cui 1.000 manager
BMW non annuncia esuberi, ma riduce gli orari di lavoro e gli stipendi a tutti i dipendenti
Commerzbank chiuderá circa 200 filiali con 4.300 licenziamenti

Questa situazione di forte rallentamento dell’economia, con decine di migliaia di persone che perderanno il lavoro in tutto il Paese, non potrá non avere conseguenze sull’Immobilienmarkt.

Come riporta giustamente il Süddeutsche Zeitung ” Der Immobilienboom hält seit fast zehn Jahren in Deutschland an, getrieben von den historisch niedrigen Zinsen, der guten Konjunktur und der hervorragenden Lage auf dem Arbeitsmarkt” ovvero: il boom immobiliare tedesco prosegue ininterrotto in Germania da quasi 10 anni, sostenuto da tassi di interesse bassi, dalla buona congiuntura economica e dall’eccezionale situazione del mercato del lavoro.
Ora, tuttavia, il rischio concreto é che il secondo e il terzo fattore vengano meno. La congiuntura in alcuni settori é fortemente negativa con numero che vedono un -10% o -15% su base annua e per il 2020 domina l’incertezza. Numerosissimi licenziamenti avverranno entro fine anno e durante il 2020 (non dimentichiamoci che, oltre ai grandi gruppi automobilistici, anche le Aziende medio/piccole dell’indotto sono in sofferenza e stanno licenziando); la domanda é se il mercato del lavoro tedesco sará in grado di riassorbire questi esuberi. Alcuni comparti industriali stanno ancora bene (chimico, farmaceutico, meccatronico, automazione) ma la domanda che tutti si pongono é per quanto ancora.
Sicuramente dal punto di vista economico la festa é finita e per qualche anno bisognerá soffrire un po’. Sempre stando alla finestra a guardare cosa succederá nel 2020 (Brexit, guerra dei dazi, rifinanziamento del debito dei PIGS) perché l’incertezza regna assoluta.

Nessuno sa cosa succederá nei prossimi anni. La congiuntura potrebbe ritornare positiva nel giro di un paio di anni, oppure potremmo andare incontro ad alcuni anni di recessione, ma c’é chi, come l’economista tedesco Mark Friedrich, nel suo libro “Der größtem Crash aller Zeiten” prevede che entro il 2023 esploderá la “bomba” dei derivati in Europa e andremo incontro alla peggiore crisi di tutti i tempi con sicura fine dell’Euro e conseguenze sociali paragonabili a quelle di una guerra. Recentemente Mark Friedrich ha fatto molto parlare di sé per una sua apparizione alla TV di stato tedesca in cui ha illustrato le considerazioni del suo libro. Quando il rappresentante della Bundesbank presente in studio ha provato a confutare le sue argomentazioni, si é trovato in visibile difficoltá e non ha potuto dire nulla di veramente concreto se non citare argomenti di assai dubbia veridicitá (tanto per dirne una , ha affermato che “i paesi del Sud Europa stanno efficacemente ristrutturando il loro debito”, cosa che suona abbastanza come … una barzelletta). Ecco qui il video dell’intervento.

Al di lá di sensazionalismi e allarmismi (che, si sa, ben aiutano a vendere libri), quello che é sicuro é che la situazione é molto incerta e questa incertezza peserá sulla situazione economica della Germania ancora a lungo. In questo quadro generale, non é un mistero che molti investitori e proprietari hanno iniziato a vendere i propri immobili per realizzare guadagni ora. Chi ha acquistato immobili in Germania nel periodo 2009-2010 oggi puó rivendere praticamente al doppio e molti lo stanno facendo. Persino il mio padrone di casa ha deciso di vendere tutte le sue proprietá e di tenersi solo la casa al lago e quella in cui vivo io, perché ha fiutato che probabilmente la festa sta finendo. In televisione e in Internet pullulano le pubblicitá di agenzie web che ti promettono di assisterti nell’Immobilienverkauf (la vendita di immobili) per massimizzare il tuo guadagno e approfittare del momento “migliore in assoluto” per vendere, cioé adesso. Insomma, il messaggio che passa un po’ dappertutto é: il picco del Boom Immobiliare é arrivato.

Nessuno si aspetta in veritá di assistere ad un crollo dei prezzi, ma piuttosto ad una stabilizzazione. Certo é che se la situazione economica dovesse ulteriormente peggiorare, allora magari i prezzi potrebbera anche iniziare a scendere. Ma qui andiamo nel campo della sfera di cristallo e non so neanche quanto senso abbia sperare in una recessione per vedere i prezzi delle case scendere (anche se sono certo che molti “squali” lo stanno facendo).

Morale della favola: sono convinto, ancora piú di prima, che comprare casa in Germania ora non convenga affatto. Meglio ripensarci e aspettare qualche anno!

Ecco qui qualche link sugli argomenti per chi vuole approfondire:

Fine dell’immobilienboom?
https://www.focus.de/immobilien/spitzen-oekonomen-warnen-der-anfang-vom-ende-der-boom-des-deutschen-immobilienmarkt-ist-vorbei_id_11173568.html
https://www.sueddeutsche.de/wirtschaft/wohnung-kaufen-boom-blase-1.4500055
https://www.handelsblatt.com/finanzen/immobilien/wohnungen-bueros-logistikzentren-studie-der-immobilienboom-hat-seinen-hoehepunkt-erreicht/25191568.html?ticket=ST-22381734-nfJX4WW6dsDkxCOqTPG6-ap2

Riorganizzazioni e licenziamenti:
Daimler-Mercedes
Commerzbank
Deutsche Bank
Audi
BMW

Lifelong learning, adattabilitá, competenze (e un po’ di sano opportunismo): i veri asset strategici per il mondo del lavoro che verrá?

Questo articolo nasce dal tavolo del Linea 3 di Bessunger Platz, in uno dei miei giovedí sera di studio accompagnati da una Weizen e dalla luce fioca di una candela. Mi sono preso una pausa dal PMBOK e dagli appunti del corso di PM per riflettere sul fine ultimo dello studiare, del crescere e realizzarsi professionalmente. Certo, ci sono sempre le soddisfazioni, la curiositá, lo spirito di scoperta, ma alla fine lo scopo ultimo di tutto ciò é acquisire competenze da utilizzare. Utilizzarle per fare meglio il proprio lavoro, certo, ma anche per emergere e per garantirsi le migliori opportunitá. Oppurtunismo? Sí, sicuramente sí. C’é un po’ di opportunismo in tutto questo (nella sua accezione meno negativa, ovviamente) e temo che diventerá, col passare del tempo, un asset sempre più necessario. La riflessione si collega ad una conversazione avuta in treno pochi giorni fa con un ragazzo Italiano che andava a fare un colloquio di lavoro vicino a Basilea.
È arrivato dal Sud Italia anni fa, lavora come magazziniere in una azienda metalmeccanica del Baden-Württenberg e si lamentava di come gli stipendi in Germania stiano scendendo (l’Azienda é andata in Kurzarbeit* un mese fa) e le condizioni di lavoro stiano peggiorando, al punto che sta prendendo in considerazione di trasferirsi in Svizzera o in Austria.

Io cercavo di spiegargli come, secondo me, cambiare nuovamente Paese non sará probabilmente di grande aiuto; forse porterá un beneficio temporaneo, ma poi la storia potrebbe ripetersi. Il problema vero é come la globalizzazione e la digital trasformation stanno rivoluzionando il mondo del lavoro. Mettendo in atto una selezione in cui non ci sará pietá.
Un mondo in cui mestieri come il magazziniere non esisteranno più. O, se esisteranno, saranno sinonimo di povertá assoluta.

Partiamo dall’affermazione “gli stipendi stanno scendendo”: é vero e non é vero. Dipende dai punti di vista.
In Germania gli stipendi stanno complessivamente salendo. Tuttavia si osserva un fenomeno (confermato da statistiche ufficiali) che non é solo tipico della Germania ma é un po’ un trend di tutte le Nazioni a forte industrializzazione: la forbice tra le retribuzioni dei Manager o lavoratori superqualificati (nel mio campo ad esempio Senior Engineers, Senior PMs, Senior Developers) e quella dei lavori “umili” si sta aprendo sempre di piú. [1]
E chi si ritrova impiegato in queste ultime categorie ricade piú facilmente in riduzioni di orario, riduzioni di paga e altre spiacevoli situazioni.

Insomma, guardando il quadro generale si osserva che gli stipendi ad essere saliti maggiormente sono quelli dei Laureati e delle figure professionali di alto livello. Il motivo é semplice: la domanda supera notevolmente l’offerta. Inoltre queste figure professionali, con le loro skill, permettono alle Aziende di fare soldi ed é qui che i datori di lavoro sono disposti ad aprire il portafogli per accaparrarsi le persone.

Gli stipendi dei lavori piú umili invece, sono stagnanti.
Anche qui il motivo é semplice e si chiama dumping salariale. In Germania come in tutta Europa sono arrivati centinaia di migliaia di immigrati a bassa scolarizzazione che hanno abbassato il costo del lavoro per le mansioni a qualifica minore. E l’abbondante disponibilitá di manodopera non stimola la salita dei salari.
Ma c’è anche un altro motivo, che potrebbe diventare predominante nei prossimi anni: industria 4.0 e automazione. Sempre piú mansioni saranno automatizzate e la manodopera non qualificata perderá sempre piú valore.

E nei convegni c’é giá chi parla di industria 5.0 . Ergo, l’evoluzione del mondo industriale e tecnologico che vedo da qui ai prossimi anni porterá ancora piú a estremizzare questa forbice. Perché nel futuro mondo a cui stiamo andando incontro chi non sará qualificato e preparato potrá lavorare solo a condizione di costare meno di una macchina e sará quindi, inevitabilmente, un working poor. E questo trend sará globale: ergo, anche essere disposti a trasferirsi in economie dove c’é piú lavoro in futuro potrebbe non essere piú sufficiente.
Milioni di nuovi working poors saranno la vera emergenza sociale dei prossimi decenni in Europa (e non solo). I lavori umili non saranno piú sufficienti per guadagnarsi da vivere! [2]

Contemporaneamente, dobbiamo essere pronti ad un progressivo, lento e inesorabile smantellamento del Welfare che ci vedrá percepire pensioni e sussidi sempre minori (sempre se li percepiremo; io penso che la generazione dei nati negli anni 80 rischia molto grosso). L’invecchiamento della popolazione sta pesando massicciamente sui bilanci di tutti i principali Paesi Europei e un ridimensionamento del Welfare é necessario per evitare il collasso del sistema. Non dimentichiamoci che tra circa 4-5 anni andranno in pensione i baby boomers e sará un colpo da KO per tutti i sistemi pensionistici europei; aspettiamoci di vedere ulteriori ritocchi e tagli perché in molti Stati, tra cui Italia e Germania, si arriverá ad una proporzione pensionati/popolazione superiore a 1:1 ! C’è una sola soluzione a questa situazione: tagliare, perché se no la baracca salta.
Quindi dovremo contare sempre di piú su noi stessi anche per la vecchiaia. Non aspettiamoci nessun aiuto dalle istituzioni. Loro per noi ci saranno sempre meno. [3]

Lo so, é una visione tutt’altro che confortante, c’é da chiedersi quanto sia giusto ciò che sta accadendo (no, non lo é), ma che ci piaccia o no questo è quello che succederá. Quindi dobbiamo essere preparati e, visto che il cambiamento é inevitabile, bisogna quantomeno evitare di essere proprio noi a rimetterci! (sí, chiamiamolo pure opportunismo)

Ci sono a mio avviso oggi quattro punti chiave, fondamentali per avere successo professionale e personale nei prossimi decenni e garantirsi, conseguentemente, la tranquillitá (che secondo me é la terza cosa piú importante della vita dopo la salute e gli affetti).
Sia chiara una cosa: non sto parlando di fare i soldi. Quello non mi interessa.
Sto parlando di tranquillitá economica. Da soli. Senza aiuti.On your own.

Lingue: in un mondo globalizzato, saranno fondamentali. L’inglese fluente oggi deve essere un must per chiunque, ma non basta. Saper padroneggiare a buon livello almeno tre lingue (Madrelingua + Inglese + una seconda lingua straniera) é il minimo sindacale per chi vuole distinguersi professionalmente e allargare significativamente le proprie possibilitá.
Io personalmente come terza lingua ho il tedesco, che ormai parlo fluentemente, e sto organizzandomi per iniziare nel 2020 a studiare seriamente lo spagnolo (che finora ho usato solo a livello davvero basico).
Ritengo tuttavia personalmente che nel futuro saranno sempre piú determinanti Cinese, Russo e Farsi. Se oggi dovessi pianificare una carriera in Sales, io investirei di sicuro su una di queste tre.

Capacitá di adattamento, flessibilitá: in un mondo globalizzato il concetto di “posto fisso” sará sempre piú volatile. Sará necessario viaggiare, muoversi, essere in piú posti in poco tempo. Essere pronti a trasferirsi per seguire le opportunitá e seguire l’economia. In questo quadro generale la flessibilitá e la capacitá di adattarsi rapidamente ai cambiamenti saranno un importante plus non solo per la propria carriera ma anche per lo sviluppo personale. Cambiamenti quali fusioni, incorporazioni, riorganizzazioni, delocalizzazioni, trasferimenti produttivi, ecc…diventeranno sempre piú frequenti nalla vita lavorativa di tutti, e vedranno uscirne vincitori quelli che sanno adattarsi piú in fretta.
L’evoluzione insegna: a sopravvivere in ambienti difficili non è la specie più forte, bensì quella con piú capacita di adattamento!

Lifelong learning: che tu sia in proprio o lavoratore subordinato, il tuo valore e la tua capacitá di generare revenue aumentano con la tua preparazione e le tue competenze. Piú cose sai fare, piú qualifiche hai, e piú opportunitá avrai. Aumenterá il tuo valore come risorsa, potrai venderti nel mondo del lavoro come preferisci. Con questo non voglio dire che dobbiamo essere tutti Ingegneri o avere tutti in PhD. Si puó investire sulla propria formazione e sulla proprie conoscenze partendo da ogni livello. Ad esempio un Operaio Elettrico puó specializzarci in PLC e sistemi di automazione con corsi e workshop e, una volta costruita una concreta e forte esperienza in questo settore, potrá vendersi a molto piú di prima. Un Operaio Montatore Meccanico puó specializzarsi in montaggi di precisione, misure, partecipare a corsi sicurezza che lo autorizzino a lavorare in ambienti inaccesibili ai piú; prendere una patente di mulettista riconosciuta internazionalmente o investire in abilitazioni a macchinari.
Bisogna capire cosa chiede il mercato e andare in quella direzione. Saper fare le cose che le Aziende chiedono. E siccome oggi le cose cambiano in fretta, bisogna essere disposti a continuare a studiare: sempre, per tutta la vita. Perché nascono nuove discipline in continuazione e si diventa obsoleti in fretta. Molto piú in fretta che in passato.
Volendo guardare il quadro odierno, per esempio, per quanto riguarda le materie tecniche e scientifiche vedo in decisa crescita:

  • Project Management avanzato, Agile e Scrum
  • Data Science, Big Data, Database relazionali superveloci
  • Meccatronica, Automazione, Robotica
  • Elettrificazione, green economy, abbandono del motore a combustione interna, infrastrutture di supporto all’elettrificazione

Ma tra 10 o 15 anni tutte queste cose potrebbero essere superate o integrate da qualcos’altro che oggi non esiste.
L’importante é essere sempre pronti a fare sacrifici e investire energie e risorse nell’imparare qualcosa di nuovo!
Inoltre va tenuto conto che in futuro ci saranno sempre piú laureati, la concorrenza aumenterá, ci sono paesi come l’India in cui si laureano mezzo milione di Ingegneri all’anno e quando il mercato del lavoro Indiano saturerá totalmente, possiamo scommettere che questi emigreranno in massa in Europa. E cosí per chi non avrá saputo costruirsi competenze e qualifiche importanti oltre che alla semplice laurea in Ingegneria, arriverá il dumping salariale. Insomma: pensare che con la Laurea avete finito di studire é un grosso errore. [4]

Efficienza nella finanza personale: bisognerá superare il concetto di risparmio e di casa di prioprietá, rivedere l’immobile solo come una spesa produttiva, e trovare nuovi modi di gestire il proprio patrimonio (per chi avesse la fortuna di averne uno) in un mondo finanziario con tassi di interesse ormai negativi. Quindi bisognerá costruirsi una buona cultura finanziaria di base, molto piú che in passato, perché nel mondo di domani risparmiare efficacemente i soldi guadagnati sará sempre piú difficile. Serviranno le conoscenze specialistiche giuste per evitare di dare i propri risparmi in mano a intermediari che ci faranno andare incontro a perdite.
E con il welfare che andrá sparendo, saper risparmiare bene sará fondamentale per garantirsi una vita familiare e una vecchiaia tranquilla. Piú passeranno gli anni, piú potremo contare solo su noi stessi a questo riguardo!

*il Kurzarbeit é una riduzione di orario di lavoro, con annessa riduzione di paga, per compensare i periodi in cui gli ordinativi calano. Fu ampiamente usato durante la crisi del 2008.

[1] Handelsblatt: i redditi in Germania si stanno ridistribuendo verso l’alto
[2] LostinEU: sempre piú Working poors
[3] Stern: la generazione 1980 é condannata alla povertá in terza etá
[4] Business Insider: è l’India la nuova Tigre Asiatica