
Questo é forse il primo articolo, in quasi 15 anni di blog, in cui parlo di Desio. La mia cittá.
O meglio, il mio luogo di nascita. Perché oggi se penso alla “mia cittá” e devo essere onesto, mi é ormai entrata nel cuore la Bergstraße con le sue piccole cittá-bombiniera come Bensheim e Heppenheim, e la carica di frizzantezza, di ricerca e di innovazione tecnologica dei centri come Darmstadt e Heidelberg.
Ma oggi, in questo periodo di mangiate e di feste, dopo essere rientrato pochi giorni fa dalla Germania e dopo una bella passeggiata pomeridiana in una fantastica giornata di limpido sole invernale in cui ho potuto ripercorrere in lungo e in largo luoghi dellla mia infanzia e della mia adolescenza proprio qui a Desio, non ho potuto fare a meno di riflettere e di accostare alcuni luoghi simbolici di questa cittá al lento e inesorabile processo di decadenza che contraddistingue tutto il Nord Italia di provincia.
Sì, perché se escludiamo la scintillante Milano della moda e del turismo, le cittá medie e grandi come Brescia e Bergamo, qualche piccolo Centro come Cantù dove ancora si vede un minimo di frizzantezza e di vitalitá economica oltre che qualche investimento migliorativo del tessuto urbano, tutto il resto… é una tristezza. In questi anni ho potuto apprezzare come il buona parte della Lombardia e del Nord Italia sia ormai diventata un deserto di cittá dormitorio cupe e tristi, con pochissimi negozi, poche aziende, sempre meno lavoro, degrado rampante e scheletri urbani di un passato che probabilmente non tornerá.
Sia chiaro, non voglio sputare nel piatto in cui ho mangiato per anni. Desio mi rimarrá sempre nel cuore per i ricordi, la famiglia e le amicizie, ma non certo per la sua bellezza o per quello che ha da offrire oggi. Perché Desio oggi é lo specchio perfetto della decadenza del Nord Italia.
Basta arrivare dalla Valassina e uscire a Desio Sud, passando di fronte al primo scheletro urbano della cittá: il Palazzo dell’Arredamento, noto un tempo anche come “Centrostile”.
Fino all’inizio degli anni ’90 questo era il biglietto di ingresso della cittá, visibilissimo per chi arrivava dalla superstrada Valassina da entrambe le direzioni: un grande, moderno e stiloso Palazzo del Mobile dove i piú affermati mobilifici della Brianza esponevano i loro prodotti. Tutta la “gente bene” della Lombardia e non solo veniva a comprare i mobili qui, a Desio e Lissone, oppure a Cantú.
Ma se Lissone in qualche maniera ancora rimane a galla, e Cantú ancora oggi é una cittadina dinamica e ricca, qui a Desio della grande filiera del mobile non é rimasto nulla. E questo diroccato edificio in rovina, oggi popolato da senzatetto e sbandati, ne é la perfetta rappresentazione. Una diatriba legale tra i vari proprietari/ereditieri dell’immobile, che prosegue senza soluzione da anni, impedisce l’abbattimento di questo rudere che rimane cosí ben saldo al suo posto, quale tetro biglieto da visita di una cittá ormai decaduta.

Il Collegio PIO XI é stato la mia scuola negli ultimi due anni di elementari e durante le scuole medie. Era un istituto privato favoloso, assolutamente non non un “diplomificio per ricchi” come alcuni pensavano. Qui ricevevi una istruzione di prim’ordine ed eri seguito da professori bravissimi (e severissimi). Credo che molto lo devo al Collegio, e alla scelta di mia madre di iscrivermi lí, se oggi sono arrivato dove sono. Il Collegio mi ha dato gli strumenti necessari per formare le mia mente scientifica ed é stato proprio lì che, avviandomi alla fine della scuola media, ho deciso cosa avrei fatto da grande.
Certo, mandare un figlio qui costava. Ai tempi delle lire, erano svariati milioni all’anno. Ma era un investimento sicuro, se il ragazzo aveva voglia di studiare. I diplomati della scuola di Ragioneria del Collegio Pio XI erano tutti praticamente giá assunti in qualche Banca o in qualche Azienda ancor prima di avere il pezzo di carta in mano. Perché chi usciva da lí con valutazioni alte era uno che sapeva il fatto suo.
Purtroppo peró, negli anni, il Collegio ha perso sempre piú alunni, fino a chiudere definitivamente nel 2016.
Oggi il Collegio é un edificio in rovina, vuoto e abbandonato. Simbolo di una classe media decaduta che oggi non ritiene piú la migliore istruzione per i propri figli come una prioritá.

La torre del Polo di Eccellenza, o Torre Nord, chiamata affettuosamente dal sottoscritto “ecomostro”, si trova proprio a pochi metri da qzella che fu casa mia ed é visibile a chilometri di distanza. È il simbolo piú lampante della decadenza di Desio e del fallimento sistematico di ogni tentativo di restituirle smalto e vitalitá. Inizialmente questa torre di 20 piani doveva essere il pezzo architettonico piú pregiato di una vasta opera di riqualificazione urbana e commerciale nota come Polo di Eccellenza; approfittando della vicinanza strategica con la Stazione FS, la Valassina e la futura Pedemontana, il Polo di Eccellenza avrebbe dovuto ospitare uffici, Aziende e forse anche un distaccamento della Bicocca. La costruzione inizió nel 2007.
Ricordo ancora come noi della zona eravamo tutti contenti, finalmente arrivava qualcosa di veramente nuovo nell’aera ex Autobianchi, finalmente si vedeva lo spiraglio di una quello che poteva essere l’inizio di una valorizzazione del nostro quartiere, e chissá, magari le case si sarebbero anche un po’ rivalutate.
Nulla di tutto ció é accaduto. Anzi, se vogliamo, tutto é peggiorato. Molto peggiorato.
Nel 2010 la costruzione fu interrotta. Pochi mesi dopo Desio fu scossa dall’inchiesta “Infinito” con arresti a raffica in cittá e in tutto il circondario. Di lì a poco la giunta comunale di centrodestra fu sciolta e il comune fu commissariato.
Sì perché, tra le altre cose, Desio vanta anche il triste primato di prima cittá lombarda la cui giunta comunate é caduta in seguito alla scoperta di profonde infiltrazioni mafiose.
E a ricordarlo, troneggia imponente questo scheletro di cemento e travi arrugginite, abbandonato al suo destino dopo il fallimento della Polo di Eccellenza S.p.A.. Nessuno sa cosa sará di questo abominio edilizio; si sa solo che é stato il colpo di grazia per un quartiere che, dopo la chiusura dell’Autobianchi, ha visto un declino senza fine.

Ad oggi, a memoria di quella che fu la più grande Industria di Desio, rimane solo la palazzina del personale che fu a suo tempo risparmiata dalla demolizione in virtù della sua architettura liberty. L’intenzione era quella di ristrutturarla e renderla parte del Polo di Eccellenza. Ma oggi è soltanto un rudere abitato da senzatetto e sbandati, a pochi metri da case e complessi residenziali.
A parte una Unes e un paio di bar, oggi qui non c’è più nulla. Tutti gli esercizi commerciali storici hanno chiuso, anche icone decennali come la Pasticceria Turchina o la giornalaia di via XXV Aprile hanno chiuso durante il 2019, al loro posto solo serrande abbassate e cartelli “Cedesi Attività”, sopravvive soltanto un Compro Oro all’angolo con il viale della Stazione e una pizzeria.
Completano il quadro degrado e microcriminalità in costante aumento, negli ultimi 3 anni nel mio ex condominio sono entrati a rubare (tra appartamenti e box) almeno 5 volte e ormai la gente non si prende neanche piú la briga perdere mezza giornata per fare denuncia contro ignoti e sentirsi dire il solito “le faremo sapere”. Gli appartamenti nei condomini qui sono ormai valutati sotto i mille euro al metro quadro (capito perché io sono un grande fan del non comprare casa?) ed é piú la gente che se ne va di quella che arriva.
In centro, la via principale della cittá si snoda lungo l’asse nord-sud. È corso Italia arivando da Seregno, diventa poi via Garibaldi. Una volta brulicante di negozi e di attivitá commerciali, é oggi una vetrina di banche e bar, ma con molti meno negozi di una volta. A tratti emergono dall’asfalto le rotaie della tramvia interurbana che una volta collegava la cittá con il nord di Milano, chiusa nel 2011. Al suo posto un moderna metrotranvia, con un percorso diverso dalla tranvia originaria, sarabbe dovuta essere pronta per Expo 2015 ma come sempre, il progetto si é arenato e adesso della metrotranvia Milano-Seregno non se ne parla piú. Molto probabilmente non se ne fará nulla, vista la “spinta” di Expo 2015 oramai persa, e visto che molte forze politiche la definiscono una spesa inutile.
A ricordo di quando il tram sferragliava per le vie di Desio rimangono solo alcuni tronconi di rotaie qua e lá e il deposito ATM situato alla fine di corso Italia, un altro rudere in stato di abbandono al cui interno giacciono da anni decine di vetture tramviarie abbandonate e divorate dalla vegetazione.
Mentre guardo quei binari abbandonati, penso che Darmstadt é grande quanto Monza e ha 9 linee di tram di cui 5 sono extraurbane, e si continua a costruirne di nuove. Mi riempio di tristezza e mi chiedo … ma perché. Perché questa cittá invece che andare avanti ha solo saputo andare indietro.

Lungo Corso Italia, poco distante dal Collegio, c’é la nuova Piazza Don Giussani. Un’ampia piazza realizzata a corredo del nuovo municipio, con una grande fontana e spazio per molti negozi, che doveva diventare una nuova area commerciale e di aggragazione urbana, ridando vita ad una zona della cittá in cui da anni regnava il mortorio complice anche la vicinanza con la “zona ecomostro”. Dopo una fase iniziale in cui qualche negozio e persino un paio di bar avevano aperto e portato un po’di movimento nella zona, tutto si é arenato e Piazza Don Giussani é oggi un deserto di serrande chiuse e vetrine vuote, a fianco di un mega municipio assolutamente inutile e sproporzionato per la cittá che é Desio. Solo un bar gelateria resiste stoicamente da qualche anno, nonostante sia perennemente deserto. Anche nelle piú amene sere d’estate, batterie di lampioni a LED illuminano a giorno marciapiedi su cui nessuno cammina e panchine su cui nessuno si siede.
Poco dopo che Corso Italia é diventato via Garibaldi si incontra poi la casa di riposo Pio e Ninetta Gavazzi, a pochi passi dal centro. Una volta esclusiva e rinomata casa di riposo con un grande giardino, é oggi un edificio abbandonato di cui non si conosce il futuro. Un edificio ancora molto bello e caratteristico, nonostante l’evidente incuria dovuta all’abbandono.

Scheletri del passato non sono difficili da trovare a Desio, basta guardarsi intorno. Questa cittá era, un tempo, sede di due grandi industrie tessili: la Gavazzi e la Tilane, entrambe chiuse molti anni fa. Poco distante da Piazza don Giussani si trovano ancora resti pericolanti dalla ex Gavazzi, mentre i resti della Tilane si trovano dall’altro lato della cittá rispetto al centro storico.
E che dire poi del distaccamento del Tribunale, soppresso dal 2014, o della gigantesca sede dell’Agenzia delle entrate poi trasferita altrove e rimasta abbandonata. C’é anche l’ex carcere, ormai ridotto ad un rudere invaso dalla vegetazione.
Il tutto senza contare i capannoni abbandonati e i negozi vuoti. Ovunque, é questa la sensazione che mi trasmette Desio oggi: vuoto. Solo un senso di vuoto.
A dirla tutta, non é solo Desio purtroppo ad avere i suoi scheletri urbani. Anche molte cittá del circondario portano le cicatrici di questi anni duri.
Come dimenticare la Snia Viscosa di Varedo, il Magic Movie Park di Muggió, Cittá Satellite (Greenland) a Limbiate, la De Simoni di Monza.
Quando sono a Desio di tanto in tanto mi infilo in qualche bar o birreria. Ce n’é ancora qualcuno, per fortuna. Anzi, se devo dire la veriá, rispetto a qualche anno fa, vicino al mio miniappartamento ora ho ben due birrerie a due passi: il Beer Counter, praticamente sotto casa, e il Monkey nel piazzale della stazione, che è stato un gradito ritorno.
Quando sono lì a bere qualcosa cerco sempre qualche faccia conosciuta, qualcuno dei miei vecchi compagni di bevute; sai mai, la cittá in fondo non é grandissima.
Ma ormai é da anni che non trovo piú nessuno. Allora a volte sfoglio la rubrica del telefono, la quale ai tempi del Lumia 800 (ormai parecchi anni fa) ereditó la stessa struttura dei miei contatti MSN Messenger e Outlook, importando anche i gruppi che avevo creato per dividere i contatti Messenger. Tra le varie cartelle, c’era anche il gruppo “Amici Desio”. Basta aprirlo e darci una occhiata rapida per rendersi conto che quasi nessuno di loro é piú a Desio, ormai. Se ne sono andati tutti da qui.
C’é chi é rimasto vicino, spostandosi a Seregno o a Lissone, o magari Monza, chi é andato verso Lecco o Como per avere un po più di verde e di natura, ma anche chi se ne é andato molto piú lontano. C’é chi come me ormai é all’estero da anni, e chi addirittura é oltreoceano. Nessuno o quasi ha voluto costruire a Desio la sua vita. Non li biasimo.
È ormai calato il buio e sto rientrando a casa. Di fianco al mio condominio, luccicano intermittenti le luci anticollisione rosse del’ecomostro di 20 piani, rendendolo quasi un tetro e scarno albero natalizio.
Ripenso ai Natali passati qui da bambino con la mia famiglia. Tutto forse potevo immaginare, ma non che la mia cittá natale diventasse cosí.
Nonostante la giornata bellissima e il cielo limpido, oggi ho visto solo cemento, ruderi abbandonati del passato, una periferia fredda e ostile di villette a schiera trascurate e condomini anneriti. Le vie del centro con pochissimi negozi ma banche ad ogni angolo, pizzerie da asporto gestite da stranieri, bar semideserti, frequentati da quello che resta di una middle class che ha sicuramente visto tempi migliori.
Insomma, in un certo senso, trovo che Desio sia speciale. Piú di ogni altra cittá, offre ricordi, rappresentazioni e simboli di quei “bei tempi” che se ne sono andati per sempre. Sostituiti da un’era di perdurante crisi, sfiducia e incertezza.
Perché nonostante io faccia Sironi di cognome e venga da una buona famiglia brianzola della classe media, per avere ció che volevo dalla vita sono dovuto emigrare molto piú a nord. Segno che la Brianza dei sogni e del benessere é ormai una favola del passato. Perlomeno qui a Desio.