La mia personalissima visione su Euro, Debito Pubblico, Crisi Economica, Eurobond e MES: cosa é successo in passato e cosa potrebbe succedere nel futuro….
Si fa un gran parlare degli Eurobond (o Coronabond, che dir si voglia) e degli stati “cattivi” che non vogliono aiutare le economie sud Europee in difficoltá. Si tratta in effetti di una questione spinosa e dalla quale potrebbe dipendere in modo serio e decisivo tutto il nostro futuro. E se l’egoismo prevarrá, le conseguenze temo saranno molto gravi per tutti noi.
Non voglio fare il Doctor Doom, anzi spero vivamente di essere presto smentito dai fatti nei prissimi mesi. Peró vorrei raccontare quello che (secondo me) succederá. Iniziando da ció che é giá successo.
Partiamo con la narrazione riiavvolgendo il nastro di qualche anno.
L’ingresso dell’Italia nell’Euro nel 1996 fu giá controverso e non indolore, per via della cosiddetta “Eurotassa” (ve la ricordate? Io sí! All’epoca ero un ragazzino delle medie e non capivo certo chissá che di politica, ma i bestemmioni di mio padre li ricordo benissimo) che servì, fondamentalmente, ad abbellire il nostro bilancio quanto basta per permettere l’ingresso nell’Euro.
Era giá chiaro allora, che qualcosa non andava. Per rimanere “dentro” il sistema, ci veniva chiesto di adottare una politica economica molto rigorosa, e diversa da ció che si era fatto per il mezzo secolo precedente.
Da sempre, in Italia, si utilizzava la svalutazione competitiva per ridurre il debito e rilanciare economia ed esportazioni. Ogni volta che il debito pubblico diventava eccesivo, si svalutava la lira, il debito cosí diventava piú “piccolo” e si poteva fare altro debito. Questo, per contro, generava inflazione. Per anni in Italia si é convissuto con inflazione a due cifre percentuali, che tra l’altro é una delle ragioni storiche del nostro attaccamento alla casa di proprietá; un concetto allora sensato (visto che il mattone era l’unica cosa che reggeva all’inflazione) ma oggi oramai superato.
Le economie mitteleuropee come Germania e Olanda invece hanno sempre diligentemente perseguito il pareggio di bilancio, per tenere stabile la loro moneta ed evitare l’inflazione. Non a caso, se vi ricordate, un marco Tedesco costava, a fine anni ’90, qualcosa piú di mille lire.
Il progetto della moneta unica Europea portava con sé il non indifferente onere di unire sistemi monetari completamente diversi: le virtuose economie mitteleuropee del pareggio di bilancio e le economie mediterranee del debito e della svalutazione competitiva. Era ovvio che sistemi cosí diversi non avrebbero potuto piú coesistere con una moneta unica e una unica banca centrale che decideva per tutti: qualcuno doveva necessariamente adeguarsi e cambiare “stile di vita”.
Chi era quel qualcuno? Ovviamente l’Italia.
Quando é stato deciso di entrare nell’Euro, l’allora classe politica Italiana non fece altro che scaricare l’onere di “rigare dritto” sui governi successivi. Si sapeva che con l’Euro non si sarebbe piú potuto fare come prima ed era necessario un enorme cambio di mentalitá in termini di politica economica, ma… sarebbero stati ca**i di chi veniva dopo. L’importante era salire sul carretto insieme a tutti gli altri ed entrare nel club. E cosí fu.
Se non altro, l’ingresso nel club fece vedere i suoi frutti di lí a poco. Oggi in Italia in molti si lamentano dell’Euro; evidentemente hanno dimenticato quanto benessere arrivó nei primi anni dell’Euro, tra il 2002 e il 2007.
Io me lo ricordo bene.
Una volta smaltito il contraccolpo dell’11 settembre l’economia prese a correre a gonfie vele, in Brianza chi lavorava nell’edilizia e nell’indotto era sommerso dalle commesse e si faceva soldi a palate. Ricordo benissimo molti miei conoscenti attivi nel settore, passati dalla Fiat Bravo a SUV tedeschi di lusso nel giro di due o tre anni. Il mercato edilizio era in pieno boom, le case nuove avevano prezzi stratosferici, non appena si costruivano nuovi appartamenti era una corsa ad accendere mutui. Tutti cambiavano auto ogni 2 o 3 anni; appena finite le rate, correvano a comprarsene una nuova. La produzione industriale in Italia toccó nel 2007 un picco che non é mai stato piú raggiunto. Erano anni in cui sembrava che l’economia fosse lanciata come una montagna russa e nulla potesse fermarla (purtroppo non fu cosí).
In quegli anni ci fu una grande occasione persa: quella di ristrutturare e abbattere il debito pubblico Italiano. Come l’economia, anche le entrate tributarie andavano alla grande e si sarebbe potuto approfittare della situazione per mettere da parte un tesoretto che ci permettesse di mettere sul mercato meno titoli di stato.
Ma se noi Italiani siamo da sempre un popolo savio e di grandi risparmiatori, altrettanto non puó dirsi dei nostri politici e governanti. Purtroppo nessuno approfittó di quegli anni di vacche grasse per ristrutturare il debito pubblico e portarlo sotto al 100%, e di lí a qualche anno l’avremmo pagata cara.
La crisi dei mutui subprime del 2008 interruppe il momento magico dell’economia Italiana che sprofondó nella recessione insieme a tutte le altre economie d’Europa. Se peró le economie a basso debito come la Germania giá nel 2010 riportavano la loro produzione industriale e il loro PIL sui livelli pre-crisi, l’Italia stentava a ripartire. Troppo debito. Non si poteva dare stimoli all’industria per ripartire senza andare a sforare i parametri europei, e il Paese non ingranava. Questa situazione purtroppo rese l’Italia vulnerabilissima di fronte all’attacco speculativo che innescó la crisi dei debiti sovrani del 2011. Che cosa successe dopo, ve lo risparmio. Credo che tutti ricordiamo bene un certo signor Mario Monti (chiamato, suo malgrado, a metterci la faccia per fare quello che andava fatto).
Oggi ci troviamo sfortunatamente in una situazione molto piú grave del 2011, nella quale é necessario e doveroso mettere da parte le esigenze dell’economia e fermare il piú possibile le nostre vite per arrestare l’avanzata del coronavirus.
Questo peró purtroppo non potrá non avere conseguenze serie e importanti sull’economia reale e sulle nostre vite. E quando dopo l’epidemia sará il momento di ripartire, ci troveremo di fronte a un dramma.
Il dramma sará che l’Italia per dare sostegno a famiglie, lavoratori, imprese avrá dovuto indebitarsi ulteriormente e mostruosamente. È presto per fare stime ma verosimilmente dovremo aspettarci un deficit/PIL dell’ordine del 170%, dovuto da un lato al massiccio debito emesso per sostenere il Paese, e dall’altro dalla contrazione del PIL che per il 2020 si prospetta devastante.
Se da un lato l’Europa ci ha detto di stare tranquilli e che il Patto di Stabilitá sará sospeso per il tempo necessario, il dramma si presenterá nella sua totalitá quando la situazione di emergenza sará archiviata e il Patto di Stabilitá verrá ristabilito. Per le economie mitteleuropee, che hanno sospeso il pareggio di bilancio per il tempo necessario a sostenetre l’emergenza, il debito sará aumentato ma rimarrà con buone probabilitá sotto al 100% del PIL e gli interventi per rimettere le cose a posto saranno sicuramente gestibili. La Germania, per esempio, é indebitata per circa il 60% del PIL e con i 750 miliardi messi in campo contro la Corona-Krise, potrebbe uscirne nel peggiore dei casi col Deficit/PIL al 90%. Decisamente peggio di prima, ma risolvibile.
Ma quando all’Italia verrá chiesto di rientrare nei parametri di stabilitá, col il Deficit/PIL al 170% ci sará un solo modo per farlo: una severa e rigorosa austerity.
Una austerity da far sembrare il governo di Mario Monti una sciocchezza.
Il problema é che nel momento in cui ti ritrovi a dover far ripartire una economia devastata dopo una crisi come quella dovuta al Coronavirus ,dovesti fare esattamente l’opposto: dare sostegno alle imprese attraverso forti aiuti economici, che richiederebbero ulteriore indebitamento. Ma questo non sará verosimilmente possibile e l’effetto che ne conseguirá sará catastrofico.
Dopo l’epidemia moltissime Aziende saranno fallite mentre quelle sopravvissute avranno dovuto apportare consistenti tagli, avranno bisogno di anni per riprendersi e non saranno in grado di assumere nuovo personale per moltissimo tempo. I pochi settori usciti a testa alta dalla situazione (farmaceutico, medicale, grande distribuzione, servizi online) non potranno, da soli, riassorbire i licenziamenti di massa avvenuti negli altri settori. L’economia Italiana non si riprenderá, anzi, sprofonderá ulteriormente, e la fortissima contrazione delle entrate fiscali costringerá lo Stato Italiano a misure fortemente impopolari per la riduzione del debito.
Si tratterebbe di una austerity probabilmente peggiore di quella a cui fu costretta la Grecia nel 2012. Per darvi un’idea, durante l’austerity la Grecia fu ridotta ai minimi termini al punto che il governo non aveva i soldi per pagare i medicinali alle grandi case farmaceutiche. Gli ospedali greci rimasero senza medicine, inclusi i chemioterapici (che hanno costi elevatissimi) e moltissime persone morirono di cancro non avendo piú accesso alle cure. Le prestazioni della sanitá pubblica furono dimezzate, a mortaliá infantile triplicó, i diabetici morivano perché non si trovava l’insulina, ci fu una impenata di suicidi e di morti per fame.
Uno scenario di austerity simile in Italia porterebbe probabilmente a:
► Tasse sul patrimonio: prelievi forzosi sui conti correnti, incrementata tassazione sulle case
►Tagli alle pensioni, con riduzioni degli assegni per tutti
►Taglio di ogni sussidio, aiuto o sovvenzione; probabile fine del welfare come lo conosciamo oggi
► Massicci tagli e devastazione della sanitá e dei servizi
► Milioni di persone senza piú un reddito (disoccupati)
► Violenza e rabbia sociale mai viste prima, impennata della criminalitá
La differenza tra ricchi e poveri salirebbe a livelli senza precedenti e con il risparmio della classe media completamente eroso nel giro di pochi anni, si andrebbe incontro alla fine del benessere e della pace sociale.
A seguito dell’impoverimento rampante che non risparmierá praticamente nessuno saranno inevitabili rivolte, sollevazioni popolari, e proteste violente.
Limitazioni della libertá personale potrebbero essere introdotte in modo permanente per fronteggiare il caos sociale che si verrá a creare.
Insomma, un bel casino.
In questa situazione, l’Italia non potrá che essere costretta a lasciare l’Unione Europea e l’Euro (sia per la situazione economica e sociale disastrata, sia per l’opinione pubblica che lo chiederá ormai all’unisono) per poi avviare un processo di ricostruzione e ripresa della durata di moltissimi anni. Eventualitá che sarebbe devastante non solo per l’Italia, ma anche per Germania & co.
Tutto questo sarebbe (probabilmente) evitabile, con gli Eurobond. Si tratterebbe di titoli emessi dalla Banca centrale Europea in cui tutte le economie dell’Unione, all’unisono, garantiscono per questi titoli e per il debito di tutti.
Problema di fondo: ai “virtuosi” adepti del pareggio di bilancio non va di garantire per il debito degli “spendaccioni” del Sud. Gli Eurobond avrebbero infatti un tasso di interesse e una attrattivitá sul mercato mediata sui debiti di tutti, quindi gli stati meno solidi ne guadagnerebbero (pagando meno interessi di quanti ne pagherebbero se mettessero i loro titoli di stato sul mercato) ma gli stati piú solidi ci perderebbero, perché pagherebbero un interesse piú alto del normale.
E a Germania, Austria, Olanda & co. non va di pagare di piú per salvare il debito degli altri.
Io mi metto nei panni dei tedeschi (che conosco molto bene) e posso capire il loro punto di vista: loro hanno sempre rigato dritto con la politica economica e adesso non vedono perché dovrebbero perderci dei soldi per aiutare chi non è stato in grado di farlo. Ci indirizzano al MES, un fondo per emergenze e per le insolvenze che peró é di fatto una sorta di prestito di cui l’Italia deve rispondere come singolo Stato. Posso capire, per caritá. Ma anche loro dovrebbero capire che se preseguono dritti per la loro strada condanneranno una Nazione ( o più Nazioni) a grandi sofferenze. E non é che gli Italiani abbiamo deciso di proposito, di essere (per ora) la Nazione piú devastata dal Coronavirus. Non é piú una questione solo economica, é anche umanitaria.
È il momento giusto per mettere da parte questi interessi e darci una mano sul serio. Ora o mai piú.
Altrimenti il prossimo milione di profughi diretto in Germania potrebbe arrivare, anziché dalla lontana Siria, dalla vicina Italia.
Forse anche alla Germania conviene cedere agli Eurobond, dopotutto.