Noi Italiani e la maledizione di non poterci fidare di nessuno

Questa riflessione nasce da un articolo uscito ieri sulla stampa italiana, che mi ha fatto un po’ sorridere ma anche molto riflettere.

Sono iniziati i famosi test sierologici per lo screening dell’incidenza di Sars-Cov-2 sulla popolazione e la Croce Rossa Italiana ha iniziato a contattare cittadini a caso offrendo la possibilitá di sottoporsi a prelievo ematico per ricercare gli anticorpi del Coronavirus.
Il problema é che… quasi nessuno risponde al telefono, pensando ad un raggiro o ad una truffa! Il numero che chiama é un call center della Croce Rossa e le persone contattate, alla vista di questo “strano” numero che chiama da Roma, non rispondono oppure chiudono la chiamata, temendo il peggio.
È stato necessario pubblicare articoli su piú testate pregando la gente di rispondere al numero, perché non é una truffa ma si tratta della CRI.

Sulle prime l’ho trovata una notizia divertente, ma dopo qualche istante ho abbandonato l’ilaritá e mi sono rirovato a provare una disagevole sensazione di sconforto. Perché é vero, noi Italiani siamo cosí. Ma se siamo cosí é perché non abbiamo altra scelta.
Perché l’Italia é un posto per furbi, é un posto che ti frega, e se non sviluppi la dovuta malizia e furbizia tutti si approfitteranno sempre di te.
È un Paese che ti insegna rapidamente a diffidare di chiunque e a non fidarti di nessuno perché la fregatura é sempre dietro l’angolo.

Ricordo ancora quando da bambino andavo con i miei genitori all’Euromercato (oggi Carrefour) di Paderno, sulla Milano-Meda, ogni volta all’uscita dal centro commerciale mio padre doveva fare lo slalom tra tizi armati di cartellina che cercavano di fermare le persone per fargli firmare qualcosa. Ogni volta che chiedevo a mia mamma “cosa vogliono quei signori da papá?” la risposta era “sono signori che ti vogliono imbrogliare, vendendoti cose che non vuoi” e poi seguiva sempre il ritornello “ricordati: non parlare mai con chi non conosci, vieni via subito e non fidarti.
E in effetti era cosí. Ci trovavamo a cavallo tra gli anni ’80 e 90, all’epoca le truffe non erano certo sofisticate come quelle di oggi, ma risultavano comunque efficaci: era il periodo in cui fuori dai grandi supermercati trovavi tutti questi tizi con cartellina e penna che ti chiedevano una firma per partecipare ad un concorso e poi ti arrrivava per posta a casa l’Enciclopedia Britannica e una fattura di un paio di milioni di lire da pagare. Un raggiro perfettamente legalizzato, perché alla fine scoprivi che, di fatto, avevi firmato un contratto.

Fin da piccoli ci viene instillata questa diffidenza verso tutto e verso tutti; non per cattiveria, anzi tutt’altro, é per il nostro bene.
Perché essere sempre sospettosi e all’erta é un asset necessario: un mio caro amico napoletano mi ha sempre detto che “l’Italia é un posto in cui o nasci sveglio, o lo diventi, o te ne vai” e tutti noi prima o poi finiamo per comportarci di conseguenza.
Altruismo e fiducia verso il prossimo sono doti positive ma sono anche leggerezze che si possono pagare a carissimo prezzo e che quindi, prima o poi, si impara a mettere da parte e a centellinare con cura.

Anche io, come tutti, ho pagato per le mie leggerezze.

Quando avevo circa 10 anni, i miei presero in affitto una stanza al piano terra del condominio in cui vivevamo. Era piú o meno 4 metri per 4, piú un piccolo bagno. Ci portammo un paio di scrivanie di recupero, il computer, la mia console (il mitico Sega Mega Drive) e un vecchio televisore. Un arredamento estremamente essenziale e minimalista al fine di diventare un piccolo ufficio per la contabilitá di mia madre e una “stanza dei giochi” per me.
Nel pomeriggio mia madre non lo usava, e io a volte invitavo tutti i miei amici del palazzo e facevamo lunghi tornei a FIFA 95. Tra questi vi era il mio migliore amico dell’epoca, un ragazzo alcuni anni piú grande di me.
Non sto a raccontare i dettagli della faccenda, ma durante uno di questi pomeriggi di gioco accadde che con uno stratagemma riuscirono di nascosto a sottrarre le chiavi della stanza e farne una copia in una vicina ferramenta, in modo da poter usare la “stanza dei giochi” quando io non c’ero. Ideatore dell’operazione fu proprio lui, il mio “migliore amico”.
La faccenda venna scoperta alcune settimane dopo a seguito di strani movimenti avvistati nella stanza in questione.
Fu una enorme lezione di vita per me. Non ho mai dimenticato.

Da un lato si potrebbe pensare che il mio “amico” in fondo non volesse fare nulla di male, e che dal suo punto di vista fosse semplicemente una bravata, un “reato senza vittime”.
D’altro lato si é trattato di una pugnalata nella schiena di portata spaventosa, probabilmente sproporzionata per il ragazzino della scuola media che ero allora.
Non é un caso se poi negli anni successivi ebbi problemi a fare amicizie, e diventai una specie di Edward Snowden paranoico e suscettibile.

Altri due episodi significativi accaddero circa un decennio dopo.

Avevo vent’anni, era periodo di esami all’universitá, non avevo lezione ed ero a casa a studiare. Una mattina mia madre mi chiese di andare a prendere il pane in una panetteria poco distante da casa nostra. Mentre ero a piedi lungo la strada, venni fermato da due bellissime ragazze circa della mia etá, in outfit sportivo e con una cartellina. Mi chiesero se facevo sport, dicendo che era per un sondaggio. Era il periodo in cui giravo in pista con la RS125SP quindi io affermai orgoglione “sí certo, io corro in moto” e le due tipe si illuminarono “Ah cavolo, ma allora tu potresti addirittura sponsorizzare il nostro progetto..” e inizió una discussione amichevole in cui le due belle figliole, con molti sorrisi e molto contatto fisico, mi spiegarono che lavoravano per conto di una Start-up di Milano che voleva unire tutto il mondo dello sport, offrendo una sorta di tesseramento gratuito per il primo anno, che offriva diversi vantaggi, sconti in moltissimi negozi tra cui Decathlon e Df-Sportspecialist, e via discorrendo. In piú mi avrebbero mandato i loro adesivi, e se li avessi messi sulla moto mi avrebbero fatto avere condizioni speciali, ecc… tutto quello che dovevo fare era dare nome, cognome, indirizzo e firmare.
D’un tratto mi fermai a pensare e feci due piú due: esco per andare a prendere il pane, sto passeggiando per una via morta di Desio in mezzo a caseggiati diroccati, e incontro come per magia due gnocche che mi propongono un vantaggiosissimo affare? Troppo bello per essere vero. Qualcosa non mi quadra.
Guardai bene il documento: vi era una tabella, con elencati alcuni prodotti dal nome incomprensibile, delle quantitá, ma nessun prezzo. Piú giú a destra compariva la voce “totale” e una cifra, circa 1200 Euro. Poi notai che la cartellina era una di quelle con il fermafogli a molla in alto, e proprio il fermafogli copriva una parte del documento. Aprii il fermafogli a molla, estrassi il documento, e nella parte alta, inizialmente non visibile, comparí la scitta CONFERMA D’ORDINE.
In sostanza stavo firmando una conferma d’ordine, per un non meglio precisato set di oggetti con uno strano nome in inglese, per un totale di 1200 Euro. Un raggiro discretamente congegnato, non c’é che dire: due belle stragnocche che ti fermano, ti distraggono, ti irretiscono con due chiacchiere e due carezze, ti propongono qualcosa che sembra assolutamente innocuo, ti fanno firmare e sbem!
Milleduecento Euro.
Molto probabilmente alla mia uscita “Io corro in moto” il loro pensiero fu “questo é un imbecille coi soldi” e probabilmente hanno pensato che avrebbero fatto giornata. Per fortuna mi fermai in tempo.
Mi limitai a dire “no grazie, ho cambiato idea”. Loro probabilmente capirono, e senza aggiungere nulla ripresero la cartellina e proseguirono per la loro strada.

A questo fece seguito un altro episodio, circa un anno dopo, che capitó mentre andavo all’universitá in auto causa sciopero ATM. In quel caso, purtroppo, non fui altrettanto accorto e ci cascai a pié pari.
Milano era in tilt e io mi trovavo in coda in zona Affori, vicino al vecchio capolinea della tranvia di Limbiate. La circolazione era completamente bloccata e io ero fermo nello stesso posto da parecchi minuti, stretto tra le altre auto in un imbuto di smog e clacson strombazzanti.
Ad un tratto bussa al mio finestrino una bella ragazza bionda con una cartellina (dopo quella esperienza ho imparato: bella gnocca piú cartellina uguale guai), abbasso il finestrino “Ciao, sono Donatella di AIUT-OSP 2000, raccogliamo donazioni per gli ospedali milanesi, vuoi fare una offerta?*
La ricerca sulle malattie e la salute in generale é un tema sul quale sono abbastanza vulnerabile, inoltre io stesso in passato avevo raccolto offerte per la Croce Verde Lissonese ai semafori insieme agli altri volontari, quindi non sospettavo proprio nulla. In piú la cartellina della tipa aveva il logo dell’associazione.
Il portafoglio era nello zaino, sul sedile del passeggero. Lo tirai fuori per vedere se avevo qualcosa di taglio piccolo da poter lasciare alla volontaria.
L’errore fu probabilmente quello di abbassare tutto il finestrino e di prendere il portafogli in mano e aprirlo.
Con una velocitá incredibile, la tipa allungó la mano e afferró tutte le banconote che avevo nel portafoglio, per poi dileguarsi di corsa tra le auto in coda, raggiungendo un complice in scooter che la aspettava dall’altra parte della strada. Partirono a tutto gas e ciao ciao.
Non provai a scendere, non gridai neppure, non dissi nulla. Rimasi in silenzio per i minuti successivi, autocommiserandomi e rendendomi conto di essere stato un povero idiota.
E tutto sommato era andata bene; se avesse voluto, si sarebbe potuta facilmente prendere il portafoglio intero. Si accontentó del contante (avevo sí e no 50 euro in tasca), probabilmente impietosita dal fatto che ci fossi cascato come un pollo allo spiedo.

Ecco, queste sono esperienze che ti segnano in modo abbastanza indelebile e ti condizionano per la vita. E in Italia da queste esperienze ci siamo passati, chi piú chi meno, praticamente tutti.
Sfido chiunque a non essere mai cascato in qualche fregatura. Del resto, sbagliando si impara.

E cosí impari. A non fidarti. Mai.

E quindi é normale che quando passeggi per Bessunger Platz e ti avvicinano due ragazze con dei libri e una cartellina, la tua reazione puó essere una sola: “nonvoglionientenonprendonienteandatevialasciatemistare” reazione a cui le due pacate ragazze tedesche non sono affatto abituate e che, unita al mio tedesco con accento lúmbard, le lascia perplesse e di sasso.
Qualche tempo dopo poi vado a scoprire che sono volontarie della Nachbarshaft (una sorta di associazione di buon vicinato) che stanno organizzando una offene Bibliotek e regalano libri usati ai passanti, ma il tuo istinto italiano le ha inevitabilmente percepite come una minaccia.

Identica situazione quando alla REWE Center i volontari delle associazioni giovanili alle casse si offrono di riempirti il sacchetto della spesa: alla vista di questi sportivi e forti ragazzotti che si offrono di “aiutarti” subito pensi ai portabagagli abusivi di Milano Centrale e pensi “ma col cavolo che mi freghi” cosí li cacci via, e quei ragazzi poveretti ci rimangono di stucco e non capiscono cosa hanno fatto di male per farti reagire cosí.

Ma penso di avere toccato il fondo quel giorno in cui alla fermata del tram in Rhein-Neckar Straße alcune ragazzine indiane ti mettevano al polso dei braccialetti colorati.
In Italia questo é noto essere un vecchio trucco dei venditori ambulanti africani: prima ti allacciavano il braccialetto al polso, poi ti circondavano e ti dicevano “adesso devi pagarlo”. Anche qui la mia reazione é stata “col cavolo che mi fregate” cosí quando si avvicinarono tolsi la mano, e dissi che non mi interessava e che da loro non volevo niente. La ragazzine, poverette, ci rimasero un po’ male e altre persone alla fermata mi guardarono con un certo stupore.
Dopo aver preso il tram ed essere sceso in Marktplatz, mi avviai verso l’ingresso del Festival della musica e vidi che per entrare la gente doveva esporre un un braccialetto.
Lo stesso braccialetto che le ragazze di uno stand di gastronomia indiana regalavano alla fermata del tram dove ero salito io…. lo stesso braccialetto che io non avevo voluto.
All’ingresso dovetti pagarlo 5 Euro.

Ma non é tanto per i 5 Euro. È che ti rendi conto che quelle ragazzine, come anche i volontari al supermercato, o le ragazze che regalavano i libri in Bessungen, erano genuine, benintenzionate e sicuramente l’ultima cosa che gli passerebbe per la testa é quella di raggirare una persona. E allora mi sento anche un po’ male, capisco che ho sbagliato e mi dispiace, ma non ci posso fare nulla, reagisco cosí d’istinto ed é un automatismo di cui sicuramente non mi libereró mai più. Anni di imprinting votato alla diffidenza verso il prossimo e all’autodifesa dalle furberie piú disparate non si possono cancellare cosí facilmente.
Mi piacerebbe poter incontrare di nuovo quelle ragazze e quei ragazzi e chiedergli scusa, spiegargli che non hanno fatto niente di male e che non ce l’ho con loro, é solo che…

… é che io sono cresciuto in Italia.

E a questo punto non so se dire “purtroppo” o “per fortuna”. Perché se da un lato pochi posti possono insegnarti meglio dell’Italia come fa a stare al mondo, dall’altro apprezzi come giá da tempo abbiamo iniziato a perdere punti rispetto alla parte “civilizzata” del pianeta Terra.





*AIUT-OSP 2000 é un nome di fantasia. Nella realtá, la stronzetta aveva usato il nome di una associazione realmente esistente, che qui ho omesso per non fare ingiusta cattiva pubblicitá.

Esplorando la Bergstraße: Zwingenberg

La Bergstraße é una apprezzata Ferienstraße tedesca, caratterizzata dalla presenza di diverse Bergen (colline), castelli medievali, e vigneti. Si snoda tra Darmstadt e Heidelberg lungo l’estremitá Est della valle del Reno, a margine dell’Odenwald.

La Bergstraße non é popolare quanto la ben piú famosa Romantikstraße, tuttavia é molto apprezzata dai tedeschi che dall’Hessen come anche dal Baden-Wurttenberg amano recarsi qui per una gita o per una breve vacanza. Il vantaggio é quindi quello di un turismo squisitamente autoctono e ordinato; qui non troverete il turismo di massa (anche se c’é da chiedersi se il turismo di massa tornerá mai, dopo il coronavirus).

Questa settimana siamo stati a Zwingenberg, adorabile borgo poco piú a nord di Bensheim. In realtá veniamo a passeggiare qui abbastanza spesso durante la bella stagione, ma l’altra sera é stata davvero speciale, perché il cielo limpidissimo e il borgo semideserto (nonostante i ristoranti da poco riaperti) ci hanno permesso di goderci davvero la passeggiata e di fare delle foto bellissime.

Il motto della cittá é “vita moderna tra mura storiche” e non potrebbe essere piú azzeccato.
La Scheuergasse é un breve vicolo pedonale che collega la stazione ferroviaria al Centro cittadino. I caratteristici edifici in muratura in pietra ospitano, oltre che interessanti ristorantini e bar, anche l’Heimatmuseum della cittá, piccolo ma meritevole di una visita. All’interno del museo, alcune reminescenze storche della Bergstraße del passato e immagini della Zwingenberg di un tempo accompagnano oggetti e supplellettili dal Medioevo ad oggi.

FInita la Scheuergasse si incrocia il curioso monumento a Max Teichmann, fondatore del Bergsträßer Boten. Curioso perché posta a spasso nientemeno che.. una pecora.

Da qui, attraversata la statale 3, ci si trova di fronte alla Rathaus attraversata la quale si accede subito ai piccoli vicoli della cittá.
Zwingenberg é un piccolo borgo, quindi fare il giro completo dei vicoli non porta via molto tempo. La Untergasse e Obergasse sono i due vicoli che delimitano la zona “bassa” del borgo e vanno a congiungersi nella piccola Marktplatz a pianta quadrata, dove si trovano deliziosi ristorantini e anche un piccolo tapas bar.

La parte “bella”, quella che preferisco, inizia quando si sale sul piccolo vicolo a scalini che risponde al nome di Am kleinen Berg fino a raggiungere la Bergkirche, la chiesa del paese.

Da qui si gode di una vista bellissima sulla spianata del Reno. Nelle giornale di bel tempo si distinguono chiaramente la miriade di turbine eoliche a ovest di Worms, nel Rheinland-Pfalz, a piú di 30 chilometri di distanza.

Salendo ancora piú in alto, seguenda la strada lastricata (in questo caso risponde al nome di Auf dem Berg) si raggiungono i resti delle antiche fortificazioni mediavali di Zwingenberg. Sebbene si tratti solo di una torre e di una piccola porzione di mura, é molto suggestiva e sorprendentemente ben conservata.
Il mio personale spot fotografico preferito rimane peró nelle vicinanze della chiesa.

Consigli per una gita a Zwingenberg? Si puó arrivare comodamente in treno, con i RegioExpress da Francoforte, Mannheim e Heidelberg. Per chi arriva in auto dalla B3, abbondano le possibilitá di parcheggio anche lungo la statale stessa.
Dopo aver passeggiato nel borgo in lungo e in largo, compresa la scalinata fino alla chiesa e una visita all’antica torre medievale con annesse pause fotografiche (se il meteo é clemente) vi potete concedere una bella cena in uno dei ristorantini della Marktplatz o della Scheuergasse, meglio se all’aperto e con una bottiglia di vino bianco locale.
Non a caso il periodo che consiglio per visitare Zwingenberg e la Bergstraße é il periodo a cavallo tra primavera ed estate, quando il clima é particolarmente piacevole e le giornate sono lunghe, con le ultime luci del giorno che sfumano a ovest quando l’orologio segna ormai le 22.

Comprare casa? Meglio di no. La vita é come una scatola di cioccolatini…

La scorsa settimana ho avuto un paio di lunghe videochiamate con due miei amici in Italia, accomunate dall’argomento principale: entrambi erano in cerca di consigli e informazioni sul trasferimento all’estero.

Entrambi si trovano ora a percepire uno stipendio ridotto a causa della crisi in corso ed entrambi sono ragionevolmente preoccupati per le loro prospettive lavorative a causa della situazione Covid-19. Pertanto, hanno iniziato a cercare nuove opportunitá lavorative e dopo una relativamente breve ricerca ad entrambi sono stati proposti due impieghi molto interessanti in Svizzera Tedesca. Contratti svizzeri a tempo indeterminato, con retribuzione di tutto rispetto.

Fin qui tutto bene. Anzi benissimo!
Ora viene il problema: entrambi hanno appena comprato casa in Italia, stipulando un lungo mutuo.

Quando dico “appena”, in realtá non intendo esattamente l’altroieri, ma all’incirca un paio di anni fa. Tuttavia ora, trovarsi con una casa e un mutuo sul groppone diventa una enorme palla al piede nell’ottica di un trasferimento all’estero.

In particolare, nel caso di uno dei due amici in questione, la stipula del mutuo include una clausola che, a fronte dell’applicazione di un tasso leggermente piú conveniente, esclude la possibilitá di estinzione anticipata per i primi 4 anni di contratto!!! Insomma, nel caso decidessero di trasferirsi, saranno costretti a continuare a pagare il mutuo.

L’avere acquistato casa mette in oggettiva e sensibile difficoltá quando ci si trova di fronte ad una buona opportunitá di trasferimento all’estero. Chiaro, il trasferimento é sempre possibile, anche perché generalmente l’incremento retributivo é considerevole, tuttavia la casa di proprietá si traduce in una perdita economica che, vivendo in affitto, non ci sarabbe stata, e rende il trasferimento meno conveniente.
Ecco le alternative possibili che ho valutato insieme ai miei amici.

► Scenario 1: trasferirsi all’estero e continuare a pagare il mutuo, mettendo nel frattempo l’immobile in vendita ed aspettando un acquirente disposto a pagare un prezzo che permetta l’estinzione totale del mutuo. Questo scenario presume di trovare un compratore disposto a sborsare la stessa cifra (o una cifra molto vicina) a cui l’immobile é stato comprato, cosa peró oggettivamente difficile di questi tempi.
Chi compra casa in un periodo di forte recessione e di grande incertezza come questo? Solo chi ha liquiditá pronta e ha di fronte un affare. Ergo vendere la casa sperando di spuntare lo spesso prezzo a cui la si é acquistata o un prezzo solo leggermente inferiore rischia di essere, in questo momento, una chimera. L’immobile rischia verosimilmente di rimanere sul mercato per diversi mesi o anni senza che nessun potenziale acquirente si faccia vivo, e nel frattempo le rate (e le imposte) vanno pagare comunque.

► Scenario 2: trasferirsi all’estero, continuare a pagare il mutuo e mettere l’immobile a reddito (ovvero affittarlo). Questa sarebbe idealmente la soluzione migliore.
Affinché l’operazione sia economicamente conveniente l’immobile dovrá essere affittato ad una cifra che permetta, idealmente, di coprire le rate del mutuo e le imposte. Qui si presenta il primo problema: per coprire le rate del mutuo (e quindi non andare incontro ad una perdita economica) il canone di affitto potrebbe risultare troppo alto e fuori mercato.
Secondo ( e maggiore) problema: affittare un appartamento, in Italia, é sempre un grosso rischio. Le storie di persone che hanno avuto enormi danni economici a causa di inquilini morosi non si contano. Del resto, basta analizzare alcuni fatti: ogni anno in Italia vengono eseguiti decine di migliaia di sfratti, lo sfratto in sé é una operazione lunga e costosa, e dulcis infundo la legislazione Italiana protegge in modo estensivo gli inquilini, soprattuto quando questi abbiano situazioni economiche o familiari disagiate.
Una soluzione potrebbe essere quella di affittare a soli referenziati e solvibili con fideuissione bancaria: questa strategia riduce di molto i rischi, ma diventa estremamente difficile trovare candidati idonei in quanto in Italia chi gode di una decente situazione economica di solito non vive in affitto, ma compra casa.
Molto dipende anche da dove si é comprato casa: un appartamento in centro a Milano avrá una attrattivitá e un potenziale notevole, ma trovare un inquilino nella periferia di un sobborgo lombardo di provincia potrebbe essere abbastanza difficile.
Senza contare che gestire un affitto a distanza, vivendo in un altro Paese, é sempre molto disagevole. Come gestire situazione problematiche (discussioni coi vicini, problemi alle tubature, guasti al riscaldamento, ecc…) quando vivi a centinaia di chilometri di distanza?

► Scenario 3: disfarsi al piú presto dell’immobile, costi quel che costi. Quindi si decide di vendere al piú presto, sottoprezzo. In questo modo si fa scorta di liquiditá e poi si negozia l’estinzione del mutuo, pagando la differenza in rate (magari alleggerite). È una operazione in perdita, ma se non altro ci si toglie il pensiero di avere la casa sul groppone e ci si lbera dei costi fissi.

Lo scenario 1 e 3 prevedono entrambi una perdita economica in quanto nel primo caso paghi un corrispettivo per un bene che non stai usando, e nel secondo esegui una compravendita con una minusvalenza. Dico perdita perché un immobile non messo a reddito é, per definizione, una spesa improduttiva e quindi a mio modo di vedere una perdita; senza poi contare che vi sono delle spese sostenute al momento dell’acquisto (quali ad esempio rogito e atto di mutuo) che sono, di fatto, altre spese improduttive e non recuperabili. Lo scenario 2, se andasse a buon fine, permetterebbe quantomeno di ammortizzare le spese conservando l’immobile (e il suo valore) per un domani, senza perderci.
In entrambi gli scenari che non prevedono di disfarsi immediatamente dell’immobile (scenario 1 e scenario 2) va anche tenuta in considerazione l‘IMU sulla seconda casa che dovrete pagare fintantoché la casa rimane di vostra proprietá. Sí, perché se trasferite la residenza all’estero dovete sapere che la vostra casa di proprietá in Italia diventa seconda casa (anche se é la vostra unica proprietá immobiliare) e quindi va pagata l’apposita Imposta che sulla seconda casa diventa molto salata (un tri-quadrilocale medio in una cittá lombarda di provincia puó costare sui 1500 Euro all’anno o anche di piú, dipende dal comune).

Lo scenario 2 é idealmente il migliore, ma nel caso si realizzasse il rischio di un inquilino moroso puó diventare un incubo. Rimarrebero al proprietario tutti i costi relativi all’immobile (mutuo, spese ordinarie e straordinarie, IMU) piú il costo dello sfratto, piú lo stress derivante dal dover gestire una causa di sfratto vivendo a centinaia di chilometri di distanza.

Morale:

L’ho giá scritto piú volte e, a costo di risultare noioso, lo riscrivo una volta in piú: noi viviamo in tempi molto diversi da quelli dei nostri genitori. Oggi é cambiato tutto: economia globale, trasformazione digitale, moneta unica Europea, inflazione azzerata, dinamismo, volatilitá, cambiamenti rapidi, molte meno sicurezze e il tanto agognato “posto fisso” ormai definitivamente incamminato sul viale del tramonto.
Pertanto adottare il modello di vita dei nostri genitori, che era basato su un certo contesto di stabilitá del lavoro e sulla casa di proprietá, é a mio avviso un grosso errore. Perché oggi é tutto diverso.
Nelle nostre vite abbiamo una sola certezza: l’incertezza. Nessuno di noi puó dire dove e come saremo a due anni da oggi, con tutti i ribaltoni socio/economici che possono accadere. Il Covid-19 é stato, in questo senso, un’altra grande lezione: tutto puó accedere nella vita, anche l’impensabile.
In questo quadro generale, credo che nella vita di oggi convenga l’affitto, perché ti permette di essere vicino alle opportunitá e di essere libero di seguirle senza troppi pensieri e costrizioni. Perché la prossima grande opportunitá della tua vita difficilmente sará sotto casa, e lo dico per esperienza.
Oggi le opportunitá arrivano come fulmini a ciel sereno, ti puó venire offerto di dirigre una BU all’estero e spesso hai meno di 24 ore per decidere, perché al CdA serve una risposta subito altrimenti proporranno la posizione al candidato designato dopo di te, questo signori miei é il mondo di oggi. È un mondo che va veloce e che cambia.
Un mondo dove la casa di proprietá diventa solo una palla al piede.

L’immobile puó essere un investimento, su questo sono d’accordo. Ma difficilmente l’immobile dove si sceglie di andare ad abitare puó rivelarsi anche un buon investimento, fondamentalmente perché le case e gli appartamenti localizzati in zone ad elevato rendimento immobiliare hanno prezzi inaccessibili per il ceto medio: una famiglia con entrambi i genitori impiegati, con uno stipendio normale, difficilmente puó puntare ad un trilocale in zona Isola o Citylife a Milano.
Più probabilmente, lo comprerá laddove i prezzi sono accessibili, nell’hinterland a nord della cittá, in posti come Cinisello, Bresso o Nova Milanese.
Zone che hanno visto nel periodo post-crisi una decisa svalutazione immobiliare e che per il futuro non danno alcuna garanzia (secondo me puoi considerarti fortunato se su 10 anni perdi meno del 20%). Del resto, l’Italia é un Paese in contrazione demografica, con una economia moribonda e tantissima emigrazione verso l’estero: come puó in questo contesto un immobile abitativo prendere valore?
L’investimento immobiliare é qualcosa di particolare, dove l’immobile che compri a scopo di investimento non é un immobile in cui vai a vivere, e si tratta comunque di una forma di investimento impegnativa e quasi inaccessibile al ceto medio.

Vivendo in affitto, si puó risparmiare una cifra consistente rispetto all’acquisto. Basta fare qualche conto. In affitto non avrete un sacco di spese che invece avrete come proprietari.
I soldi risparmiati rispetto all’acquisto, se si ha un minimo di cervello, li si puó mettere in strumenti finanziari e farli fruttare al pari, se non di piú che investendoli in un immobile in zona top. Basta studiare, informarsi e sviluppare un minimo di intelligenza finanziaria.

L’affitto ti permette di conservare la libertá finanziaria, non ti lega a nessuna banca con decenni di debiti, ti lascia la libertá di scegliere dove vuoi vivere adattandoti in base al momento della vita che stai vivendo.

L’affitto non ti lega a nessun posto e ti lascia sempre la finestra aperta. Per andartene laddove la vita di proponga una nuova opportunitá.

E quando ti servirá un tetto per la vecchiaia, se sarai stato bravo e intelligente finanziariamente, potrai comprati la casa che vorrai.

“La vita é come una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita”
Tom Hanks in Forrest Gump, 1995

Disclaimer: come sempre, le mie considerazioni sul comprare casa sono personali, sono influenzate dalla mia esperienza (non potrebbe essere altrimenti!) e sono riferite a persone normali con redditi e patrimoni normali.
È chiaro che se beneficiate di un consistente patrimonio familiare e la casa ve l’ha regalata papá questo discorso non si applica. Anche io sono assolutamente favorevole a vivere in casa di proprietá, quando a me non costa niente 🙂

È il momento di reinventarci (di nuovo). Non abbiamo altra scelta.

Mi sono ritrovato a fare, come esercizio serale di fronte ad un bicchiere di buon Lagrein, una valutazione dei rischi a fronte di uno scenario di convivenza con Covid-19 di alcuni anni.
La riflessione é nata dopo aver letto una intervista al ministro della salute tedesco, Jens Spahn, il quale cerca di spegnere gli iniziali entusiasmi sulla sperimentazione del vaccino Sars-CoV-2 per l’uomo, affermando che per avere un vaccino funzionante “potrebbero volerci anni”.

Se questo scenario, peraltro non cosí improbabile, dovesse avverarsi, avremo una fase di convivenza con Covid-19 molto lunga durante la quale la nostra societá, nonché usi, costumi e consumi cambieranno profondamente. Con conseguenza drastiche sul tessuto socio-economico.

In tutto il mondo si fa ormai sempre piú straziante il grido di dolore dei settori piú colpiti dalla crisi sanitaria. Ristoratori, albergatori, negozianti, aziende di catering, linee aeree, organizzatori di grandi eventi, centri sportivi, e molti altri, ormai da mesi stanno chiedendo aiuto disperatamente.
Il problema, se la situazione durerá anni, è che questi business andranno incontro ad un ridimensionamento senza precedenti, se non addirittura venire spazzati via del tutto. E questo indipendemente dagli aiuti.

Gli Stati, comprese le economie piú in salute come la Germania o l’Austria, non possono aiutare tutti. I soldi non sono infiniti e non si possono sfornare miliardi come se nulla fosse, perché aiutare tutti significherebbe creare un debito insostenibile che peserebbe per decenni sui lavoratori e sui contribuenti, e potenzialmente potrebbe innescare anche il ritorno dell’inflazione galoppante, che sarebbe a mio avviso un avvenimento tragico.
La realtá é che molte di queste Aziende sono condannate alla chiusura e molte persone che si sono costriute negli anni una attivitá, la vedranno andare in fumo.

La storia recente ci ha giá insegnato che esistono rivoluzioni che portano alla scomparsa di attivitá se non addirittura di intere categorie professionali.
A dettare la fine per i fotografi é stata la fotografia digitale, per il piccolo commercio al dettaglio il colpo di grazia é stato la grande distribuzione, i falegnami e i mobilifici sono stati spazzati via dalle varie IKEA e surrogati, mentre le librerie stanno ormai scomparendo, messe all’angolo da Amazon. Rivoluzioni tecnologiche e cambiamenti sociali dei consumi che hanno sentenziato la fine per molte attivitá.

Il Covid-19 é una rivoluzione improvvisa e drastica che porterá con sé il ridimensionamento e la scomparsa di molte attivitá e categorie professionali. E non ci si puó fare nulla.

Del resto, nessuno ha aiutato i fotografi quando le fotocamere digitali gli hanno portato via tutto il lavoro di sviluppo pellicole. Nessuno ha aiutato i mobilifici e gli artigiani rimasti senza lavoro dopo l’avvento di IKEA.
Mettiamoci nell’ottica che Covid-19 durerá anni. Se fossi un ristoratore, penserei a chiudere tutto e cercarmi un altro lavoro. Ecco cosa farei.

Lo so, lo so, é facile dirlo quando non ci sei dentro, è facile mettersi nei panni degli altri e dire “io farei cosí”, e non bisognerebbe sputare sentenze quando non si conoscono le situazioni di tutti. Io immagino e capisco che in questo momento il titolare di un ristorante medio/grande molto probabilmente non sta dormendo la notte. Ci sono i costi fissi, i dipendenti, una attivitá costata anni di fatica e un mare di inceretezze.
Ma guardiamo in faccia alla realtá: se per andare al ristorante in futuro io dovró essere bardato con mascherina, guanti e calzari, sedermi ad un tavolo sigillato con barriere di plexiglass come nei parlatori delle carceri, per poi dover mangiare in mezzo all’odore di disinfettante, beh, mi spiace per il povero ristoratore, ma io mi faró da mangiare a casa mia. E credo che molti altri la penseranno come me.

Quindi forse é meglio togliere il dente e toglersi il dolore. Fossi un ristoratore, io ci penserei seriamente, a rinunciare e a chiudere. E cercare di impararmi un nuovo mestiere.

Io non sono immune a questa situazione, anzi a breve ci saró dentro, si tratta solo di aspettare qualche mese. Io sono un ingegnere aeronautico, e in questo momento il mio settore viene letteralmente raso al suolo da questa crisi. Distrutto. Non ci sará piú lavoro, nel campo dell’aviazione civile, per anni. Buona parte dell’esperienza accumulata, delle abilitá e le competenze costate anni di fatica diventeranno presto inutili – non posso farci niente e devo farmene una ragione.
Ho investito in abilitá e competenze che ora al mondo non serviranno piú – per molti anni. Mi é andata male, come é andata male a tanti altri che da questa pandemia perderanno moltissimo.
Disperarsi e chiedere aiuto non serve a un bel niente.
Dare la colpa alla sfiga o incazzarsi col destino bieco e ingiusto sará di ben poco aiuto.

Quello che posso fare é investire in nuove abilitá e competenze – piú velocemente che posso – che siano facilmente rivendibili nel mondo che verrá.

Nel mondo che verrá viaggeremo molto meno e staremo molto di piú a casa. Si lavorerá in remoto il piú possibile, si risolveranno problemi a distanza, saremo iperconnessi, molto piú di prima. Si comprerá online e non faremo piú shopping. Non andremo piú al ristorante e cucineremo molto di piú a casa. Come in tutte le crisi, ci saranno dei vincenti e dei perdenti.
E se vogliamo sopravvivere é meglio cercare di adattarsi e cambiare velocemente bandiera passando dalla parte dei vincenti.

I grandissimi vincitori di questa crisi saranno le grandi imprese digitali, che giá negli anni scorsi avevano incrementato massicciamente i propri utili e la propria importanza: tutto ció che é digitale e che é online sará il business del futuro. Amazon uscirá da questa crisi come prima potenza digitale del mondo, potendo approfittare degli innumerevoli fallimenti che ci saranno nel mondo del retail e del commercio al dettaglio, che uscirá dalla crisi raso al suolo. Solo il retail di grande lusso sopravviverá a Covid-19. Verosimilmente, c’è da aspettarsi definitivo sorpasso delle vendite online sulle vendite fisiche.

Ma anche tutte le Aziende che si occupano di Infrastrutture Digitali e Networking, servizi digitali di supporto alle Aziende, servizi di Cloud, Database, Big Data, E-Commerce, Online-Shopping, Webinars, hanno molto da guadagnare da questa crisi.

È qui che bisogna guardare, secondo me, se si vuole conservare un lavoro e un reddito per i prossimi anni senza rischiare una lunga discoccupazione.
Non dimentichiamo poi la filiera chimica e medicale: settori che non conoscono crisi e che serviranno sempre. Anche il lusso é un settore che non conosce battute di arresto: questa recessione sposterá molta ricchezza e produrrá nuovi milionari, che continueranno a consumare.
Alimentari e grande distribuzione rimarranno sulla cresta dell’onda per un bel pezzo, perché l’impennata dello Smart Working e il crollo dei ristoranti fará sí che la gente mangerá e cucinerá a casa molto piú di prima.

Nel mio campo, a fronte del crollo del traffico aereo e della crisi nera di tutta l’aviazione civile, é da tenere d’occhio il militare (in periodi di crisi i Governi tendono ad incrementare le spese militari per sostenere le imprese interne di Aerospace&Defence) ma anche tutto ció che riguarda i droni. Si tratta di uno sviluppo da tenere d’occhio perché direttamente collegato al boom dell’e-commerce. Le consegne con droni potrebbero diventare una realtá nelle grandi cittá e le attivitá di progettazione, nonché di svulippo sistemi di guida e di regolazione del traffico di droni, potrebbero vedere un consistente trend di crescita nel futuro prossimo.

Io, intanto, ho giá iniziato a documentarmi e a iscrivermi a corsi online (con certificazione) a tema Reti, Networking, protocolli di comunicazione, Big Data e SQL. Si tratta di competenze “accessorie”, che ho sviluppato a livello base durante gli ultimi anni, e che ora voglio integrare e rinforzare significativamente, perché mi saranno molto utili se, per un motivo o per l’altro, saró nella condizione di dovermi cercare un nuovo lavoro nei prossimi mesi. Successivamente espanderó le mie conoscenze del mondo dei droni e dei quadricotteri (che ad oggi, onestamente, conosco abbastanza poco).

Una piattaforma molto potente e flessibile per corsi online, ad un prezzo molto accessibile, é coursera (www.coursera.org) che offre una vastissima scelta di corsi online, corredati da certificato, sugli argomenti piú disparati. Si va dal project management al big data passando per corsi di reti e networking, il tutto da parte di Universitá o di Aziende riconosciute a livello mondiale.

In natura non vince la specie piú forte, ma quella piú rapida ad adattarsi.

Non sono preoccupato. Per la mia generazione questa é la terza crisi in meno di vent’anni e noi nati negli anni ’80 ormai ci siamo abituati, a questi ribaltoni che ci rimescolano le carte in tavola ogni volta che credevamo di avere trovato la stabilitá.
Noi siamo la generazione resiliente, la generazione che non ha mai conosciuto la stabilitá e la tranquillitá economica dei nostri genitori, la generazione che si é dovuta reinventare dopo la crisi del 2008 per cercare di mantenere un lavoro, la generazione che ha barattato il benessere con la stabilitá. Flessibilitá, mobilitá, rapiditá, sono le nostre caratteristiche migliori.
Verremo fuori anche da questa crisi, ne sono sicuro.


Questa é la sfida della nostra generazione – ricostruire il mondo dopo Covid-19 – non lasciamoci spaventare. Abbiamo la bravura e le competenze fer farcela – e ce la faremo.

Frankfurt-Monza via ferrovia retica: il piú bel viaggio in treno di sempre

A fine Gennaio 2020, giusto in tempo prima che Covid-19 mettesse in pausa forzata a tempo indeterminato tutti noi appassionati viaggiatori, ho finalmente realizzato uno dei viaggi ferroviari che aspettavo da anni: Francoforte – Monza attraverso la Ferrovia Retica, passando per Basilea, Zurigo, Landquart, Sankt-Moritz e Tirano.

Si tratta di un percorso che richiede molto piú tempo (circa 12 ore, contro le 7 ore e mezza di un Eurocity diretto) ma dall’impareggiabile fascino paesaggistico. La Ferrovia Retica (in tedesco Rhätische Bahn, in Romancio Viafer Retica), che con i suoi treni a scartamento ridotto si snoda lungo i favolosi paesaggi alpini dei Grigioni, é diventata oggi una attrazione turistica di livello planetario, al punto che il famoso “trenino rosso” del Bernina é stato riconoscuito parte del Patrimonio dell’umanitá dell’Unesco.

Il viaggi ci vedrá percorrere il tratto Frankfurt-Landquart a bordo di un ICE delle ferrovie tedesche, per poi trasbordare su un treno Regio-Express della Ferrovia Retica che ci condurrá a Sankt Moritz. Qui cambieremo treno e prenderemo un treno regionale diretto a Tirano, con il quale viaggiano anche le carrozze panoramiche del famoso Bernina Express. Una volta a Tirano, raggiungeremo Monza con un Regio-Express di Trenord.

Si parte da Frankfurt Hbf di buon mattino con l’ICE 271 delle 5.50 per Chur. Un treno che ci vede come passeggeri abbastanza spesso, nei nostri viaggi verso la Brianza. Questa volta, tuttvia, invece di trasbordare a Basel SBB rimarremo a bordo fino quasi alla fine del tragitto del treno, scendendo a Landquart.

Nell’oscuritá del mattino, l’ICE corre a tutta velocitá attraverso le campagne del Rheinthal mentre noi dormicchiamo e ci rilassiamo. Nel torpore passano in fretta Mannheim, Karlsruhe, Offenburg, e le prime luci dell’alba arrivano quando viaggiamo ferso Freiburg in Briesgau. È ora di un caffé al Bordrestaurant.

Le soste con inversione di marcia a Basel SBB e a Zürich Hbf sono una buona occasione per sgranchirsi le gambe qualche minuto, nel frattempo si sonda il cielo per capire come sará il meteo. Sembra promettere bene.

Dopo Zürich il treno prosegue in direzione di Chur costeggiando il Lago di Zurigo, l’Obersee e infine il Walensee. Con il sole che fa capolino tra i monti e spazza via la foschia del mattino, é ora di cimentarsi con le prime foto della giornata.

Siamo ormai giunti in prossimitá di Sargans, a poca distanza dal principato del Lichtenstein. Ci siamo lasciati alle spalle il Walensee e il paesaggio é sempre piú montano.
Il ponte sul Reno, qui ancora ben lontano dall’essere il grande fiume che scorre Mainz e a Koblenz, annuncia che stiamo per arrivare a Landquart. È ora di prepararsi al trasbordo sulla Ferrovia Retica. Sono le 11.10.

La Stazione di Landquart é uno snodo importante delle Rhätische Bahn, con molti binari e un importante deposito locomotive. Qui alle 11.20 ci attende il Regio-Express 1335 per Sankt-Moritz; la coincidenza di 10 minuti é perfetta e lascia tutto il tempo necessario a cambiare binario senza affrettarsi.
Il numero di persone in discesa dall’ICE é notevole e quasi tutti si riversano al binario 4, dove é in partenza il nostro treno. Tra i viaggiatori vi sono tantissimi sciatori bardati di tutto punto, con scarponi e abbigliamento tecnico, oltre che trekkers armati di ciaspole e bastoni, tutti saliti di buon mattino a Basilea e a Zurigo. Gli Svizzeri amano davvero le loro montagne!

Il nostro biglietto di prima classe ci consente di salire e accomodarci con tranquillitá su due posti liberi, mentre in seconda classe la calca per accaparrarsi i posti liberi é ben piú combattuta (seppure nel consueto “ordine” svizzero) e molti viaggiatori rimangono in piedi. Anche nella nostra carrozza di prima i posti rimasti liberi, quando il treno riparte, sono pochi: la frequentazione é altissima, per essere un sabato mattina.
Si tratta quasi esclusivamente di gente del luogo e di svizzeri provenienti dalle cittá che vanno a sciare o a farsi una passeggiata in montagna: non vi sono molti turisti.
Ma a Sankt Moritz la situazione cambierá….

Ho scelto, per questo viaggio , di acquistare un normale biglietto di prima classe su Bahn.de anziché acquistare i titoli di viaggio del Bernina Express. Su Bahn.de é possibile acquistare un biglietto Francoforte-Tirano a prezzi molto convenienti, soprattutto se si possiede una Bahncard.
Il titolo di viaggio cosí acquistabile consente di viaggiare sui treni della Rhätische Bahn tuttavia, non avendo esso il supplemento Bernina Express, non permette di accedere alle carrozze panoramiche in coda al treno.
Uno sfizio per il quale, a mio avviso, la spesa non vale l’impresa. Piú avanti spiegheró il perché.

Salendo verso Klosters-Serneus si attraversano deliziosi Dorf di montagna e l’atmosfera si fa sempre piú tranquilla man mano che il treno va svuotandosi. Dopo il traforo del Vereinatunnel, nel quale incrociamo diversi Autozug, sbuchiamo in bassa Engadina e siamo ormai in discesa verso Sankt Moritz, dove arriviamo puntualmente alle 13.09.

La sosta a St. Moritz di circa 40 minuti permette di sgranchirsi le gambe ed eventualmente fare una breve passeggiata dei dintorni della stazione prima di salire sul regionale 4637 delle 13.48 per Tirano. Mentre ci avviciniamo al nostro treno, vengono agganciate due carrozze panoramiche Bernina Express di seconda classe.

Bernina Express é il nome commerciale di un servizio turistico lungo la tratta Tirano-St.Moritz; non si tratta di un treno vero e proprio, bensí di particolari carrozze panoramiche che vengono agganciate ai treni regionali normalmente circolanti. A seconda della stagione e della richiesta, possono essere agganciate piú o meno carrozze. Questi sono normalmente gli spazi che vengono venduti ai tour operator e, di conseguenza, consiglio di starci alla larga.
Perché a mio avviso la Ferrovia del Bernina, soprattutto in inverno, é una esperienza magica e affascinante che merita la giusta dose di tranquillitá e, possibilmente, silenzio. Cosa impossibile se vi trovate in una carrozza panoramica piena zeppa di americani casinari o di cinesi urlanti con bastoni da selfie.
Quindi il mio consiglio é: normale biglietto ferroviario, meglio se di prima classe.
Non avrete la carrozza panoramica, ma avrete la tranquillitá.
E qualora vi venisse voglia, all’ultimo momento, di sedervi nella carrozza panoramica, potete parlare con il capotreno che vi fará volentieri un upgrade del biglietto ad una cifra piú che onesta (10 CHF a persona).

La rete della Ferrovia retica e il nostro biglietto

La partenza da St.Moritz é puntualissima e nel nostro piccolo scompartimento di prima classe siamo praticamente soli, mentre le due carrozze panoramiche sono riempite quasi totalmente da una comitiva di turisti cinesi.

Mente il treno si arrampica verso Ospizio Bernina, il punto piú alto della linea, il paesaggio inizia a cambiare. Giunti in prossimitá del lago Bianco, diventa semplicemente favoloso e ti lascia senza fiato. La senzazione é quella di trovarsi su un treno che sta attraversando il paradiso.

È proprio per qesto che, secondo me, questa é una esperienza che merita silenzio.

Non é un caso se ho scattato “poche” foto. Molte meno di quanto non avrei fatto di solito. Avevo la sensazione di sprecare tempo e di buttare via secondi preziosi di quelle immagini stupende, immagini che poi sarebbero scemate non appena il treno avrebbe iniziato la discesa.

Ospizio Bernina, a 2256 metri sul livello del mare, é il punto piú alto della linea. Da qui, una volta costeggiato tutto il lago Bianco, il treno inizia una lunga discesa fatta di stretti tornanti verso la Val di Poschiavo. Lungo i tornanti, il treno disegna curva telmente strette che sembra quasi di stare dentro una ferrovia in miniatura.

Lungo la discesa verso la Val di Poschiavo incrociamo un treno regionale diretto a St. Moritz

La discesa verso Poschiavo porta presto la neve a scomparire e il paesaggio si fa rapidamente più “familiare”. Sono ormai molte ore che siamo in viaggio e la stanchezza inizia a farsi sentire, ma la bellezza del paesaggio impone di rimanere svegli ad ogni costo.

Arrivati a Poschiavo, il treno effettua una fermata di alcuni minuti per poi ripartire e costeggiare l’omonimo lago. Il treno attraversa piccoli borghi di montagna, in cui la ferrovia é integrata perfettamente con l’abitato al punto di farne parte. Le rotaie passano sulla strada, come quelle di un tram, e il treno percorre le vie del paese a bassa velocitá passando accanto a case, alberghi, panetterie, bar, con la massima naturalezza.

Le ultime luci del pomeriggio sul lago di Poschiavo, qui visto dalla stazione di Miralago, ormai a pochi chilometri dall’Italia

Prima di varcare il confine e arrivare in Valtellina, la Ferrovia Retica ci regala l’ultima particolaritá di questo viaggio: il viadotto elicoidale di Brusio, in cui la ferrovia descrive uno stretto cerchio compiendo un giro su se stessa come in una grande scala a chiocciola. La sensazione di trovarsi dentro ad una ferrovia giocattolo qui é piú tangibile che mai.

L’elicoidale ci ricorda anche che manca poco al nostro arrivo a Tirano. La magia sta per concludersi.

E il treno arriva infatti puntuale alla stazione di Tirano alle 16.20, dopo avere attraversato l’abitato del comune valtellinese. Qui la stazione della Ferrovia Retica si trova a fianco della stazione FS, capolinea della linea che porta a Lecco e poi a Milano, assicurando un comodo interscambio per la prosecuzione del viaggio verso la Brianza.

Il primo Regio-Express per Milano Centrale parte alle 17.08, c’é tempo per una passeggiata e un caffé in centro a Tirano prima di tornare in stazione e salire sul treno.
Fuori ormai é buio e mentre il treno corre attraverso la Lombardia, percorrendo la Valtellina per poi costeggiare il lago di Como, ben poco si puó apprezzare del paesaggio al di lá dei finestrini.
Un paesaggio che conosco bene, il paesaggio della Lombardia in cui sono cresiuto e che per tanti anni ho vissuto. I paesaggi delle innumerevoli gite al lago, dei giri in moto con gli amici, della mangiate in Valtellina. Le colline della Brianza lecchese e la chiesa di Montevecchia, sempre visibilissima e luminosissima. Posti che resteranno sempre nel cuore, ma che non possono raggiungere il fascino e la bellezza assoluta di quanto ho visto oggi.

A Monza ci aspetta mio padre, e subito dopo una bella pizza al trancio alla Birreria Italiana di Vedano. La prima concessione culinaria del nostro Gennaio punitivo post feste natalizie.
E mentre il treno fa il suo ingresso alla stazione di Monza e ci prepariamo a scendere, un ultimo sguardo al finestrino da cui si vedono solo lampioni, insegne e palazzi, porta con sé quella nostalgia e senso di dispiacere tipico di quando il viaggio sta finendo.
Perché questo per me é stato forse il viaggio in treno piú bello di sempre. O quantomeno, sicuramente se la puó giocare con il mio primo, magico viaggio a Parigi in TGV a 8 anni con mamma e papá.
Ed é bello scoprire che a 36 anni ci si puó ancora sentire bambini.