
Questa riflessione nasce da un articolo uscito ieri sulla stampa italiana, che mi ha fatto un po’ sorridere ma anche molto riflettere.
Sono iniziati i famosi test sierologici per lo screening dell’incidenza di Sars-Cov-2 sulla popolazione e la Croce Rossa Italiana ha iniziato a contattare cittadini a caso offrendo la possibilitá di sottoporsi a prelievo ematico per ricercare gli anticorpi del Coronavirus.
Il problema é che… quasi nessuno risponde al telefono, pensando ad un raggiro o ad una truffa! Il numero che chiama é un call center della Croce Rossa e le persone contattate, alla vista di questo “strano” numero che chiama da Roma, non rispondono oppure chiudono la chiamata, temendo il peggio.
È stato necessario pubblicare articoli su piú testate pregando la gente di rispondere al numero, perché non é una truffa ma si tratta della CRI.
Sulle prime l’ho trovata una notizia divertente, ma dopo qualche istante ho abbandonato l’ilaritá e mi sono rirovato a provare una disagevole sensazione di sconforto. Perché é vero, noi Italiani siamo cosí. Ma se siamo cosí é perché non abbiamo altra scelta.
Perché l’Italia é un posto per furbi, é un posto che ti frega, e se non sviluppi la dovuta malizia e furbizia tutti si approfitteranno sempre di te.
È un Paese che ti insegna rapidamente a diffidare di chiunque e a non fidarti di nessuno perché la fregatura é sempre dietro l’angolo.
Ricordo ancora quando da bambino andavo con i miei genitori all’Euromercato (oggi Carrefour) di Paderno, sulla Milano-Meda, ogni volta all’uscita dal centro commerciale mio padre doveva fare lo slalom tra tizi armati di cartellina che cercavano di fermare le persone per fargli firmare qualcosa. Ogni volta che chiedevo a mia mamma “cosa vogliono quei signori da papá?” la risposta era “sono signori che ti vogliono imbrogliare, vendendoti cose che non vuoi” e poi seguiva sempre il ritornello “ricordati: non parlare mai con chi non conosci, vieni via subito e non fidarti.“
E in effetti era cosí. Ci trovavamo a cavallo tra gli anni ’80 e 90, all’epoca le truffe non erano certo sofisticate come quelle di oggi, ma risultavano comunque efficaci: era il periodo in cui fuori dai grandi supermercati trovavi tutti questi tizi con cartellina e penna che ti chiedevano una firma per partecipare ad un concorso e poi ti arrrivava per posta a casa l’Enciclopedia Britannica e una fattura di un paio di milioni di lire da pagare. Un raggiro perfettamente legalizzato, perché alla fine scoprivi che, di fatto, avevi firmato un contratto.
Fin da piccoli ci viene instillata questa diffidenza verso tutto e verso tutti; non per cattiveria, anzi tutt’altro, é per il nostro bene.
Perché essere sempre sospettosi e all’erta é un asset necessario: un mio caro amico napoletano mi ha sempre detto che “l’Italia é un posto in cui o nasci sveglio, o lo diventi, o te ne vai” e tutti noi prima o poi finiamo per comportarci di conseguenza.
Altruismo e fiducia verso il prossimo sono doti positive ma sono anche leggerezze che si possono pagare a carissimo prezzo e che quindi, prima o poi, si impara a mettere da parte e a centellinare con cura.
Anche io, come tutti, ho pagato per le mie leggerezze.
Quando avevo circa 10 anni, i miei presero in affitto una stanza al piano terra del condominio in cui vivevamo. Era piú o meno 4 metri per 4, piú un piccolo bagno. Ci portammo un paio di scrivanie di recupero, il computer, la mia console (il mitico Sega Mega Drive) e un vecchio televisore. Un arredamento estremamente essenziale e minimalista al fine di diventare un piccolo ufficio per la contabilitá di mia madre e una “stanza dei giochi” per me.
Nel pomeriggio mia madre non lo usava, e io a volte invitavo tutti i miei amici del palazzo e facevamo lunghi tornei a FIFA 95. Tra questi vi era il mio migliore amico dell’epoca, un ragazzo alcuni anni piú grande di me.
Non sto a raccontare i dettagli della faccenda, ma durante uno di questi pomeriggi di gioco accadde che con uno stratagemma riuscirono di nascosto a sottrarre le chiavi della stanza e farne una copia in una vicina ferramenta, in modo da poter usare la “stanza dei giochi” quando io non c’ero. Ideatore dell’operazione fu proprio lui, il mio “migliore amico”.
La faccenda venna scoperta alcune settimane dopo a seguito di strani movimenti avvistati nella stanza in questione.
Fu una enorme lezione di vita per me. Non ho mai dimenticato.
Da un lato si potrebbe pensare che il mio “amico” in fondo non volesse fare nulla di male, e che dal suo punto di vista fosse semplicemente una bravata, un “reato senza vittime”.
D’altro lato si é trattato di una pugnalata nella schiena di portata spaventosa, probabilmente sproporzionata per il ragazzino della scuola media che ero allora.
Non é un caso se poi negli anni successivi ebbi problemi a fare amicizie, e diventai una specie di Edward Snowden paranoico e suscettibile.
Altri due episodi significativi accaddero circa un decennio dopo.
Avevo vent’anni, era periodo di esami all’universitá, non avevo lezione ed ero a casa a studiare. Una mattina mia madre mi chiese di andare a prendere il pane in una panetteria poco distante da casa nostra. Mentre ero a piedi lungo la strada, venni fermato da due bellissime ragazze circa della mia etá, in outfit sportivo e con una cartellina. Mi chiesero se facevo sport, dicendo che era per un sondaggio. Era il periodo in cui giravo in pista con la RS125SP quindi io affermai orgoglione “sí certo, io corro in moto” e le due tipe si illuminarono “Ah cavolo, ma allora tu potresti addirittura sponsorizzare il nostro progetto..” e inizió una discussione amichevole in cui le due belle figliole, con molti sorrisi e molto contatto fisico, mi spiegarono che lavoravano per conto di una Start-up di Milano che voleva unire tutto il mondo dello sport, offrendo una sorta di tesseramento gratuito per il primo anno, che offriva diversi vantaggi, sconti in moltissimi negozi tra cui Decathlon e Df-Sportspecialist, e via discorrendo. In piú mi avrebbero mandato i loro adesivi, e se li avessi messi sulla moto mi avrebbero fatto avere condizioni speciali, ecc… tutto quello che dovevo fare era dare nome, cognome, indirizzo e firmare.
D’un tratto mi fermai a pensare e feci due piú due: esco per andare a prendere il pane, sto passeggiando per una via morta di Desio in mezzo a caseggiati diroccati, e incontro come per magia due gnocche che mi propongono un vantaggiosissimo affare? Troppo bello per essere vero. Qualcosa non mi quadra.
Guardai bene il documento: vi era una tabella, con elencati alcuni prodotti dal nome incomprensibile, delle quantitá, ma nessun prezzo. Piú giú a destra compariva la voce “totale” e una cifra, circa 1200 Euro. Poi notai che la cartellina era una di quelle con il fermafogli a molla in alto, e proprio il fermafogli copriva una parte del documento. Aprii il fermafogli a molla, estrassi il documento, e nella parte alta, inizialmente non visibile, comparí la scitta CONFERMA D’ORDINE.
In sostanza stavo firmando una conferma d’ordine, per un non meglio precisato set di oggetti con uno strano nome in inglese, per un totale di 1200 Euro. Un raggiro discretamente congegnato, non c’é che dire: due belle stragnocche che ti fermano, ti distraggono, ti irretiscono con due chiacchiere e due carezze, ti propongono qualcosa che sembra assolutamente innocuo, ti fanno firmare e sbem!
Milleduecento Euro.
Molto probabilmente alla mia uscita “Io corro in moto” il loro pensiero fu “questo é un imbecille coi soldi” e probabilmente hanno pensato che avrebbero fatto giornata. Per fortuna mi fermai in tempo.
Mi limitai a dire “no grazie, ho cambiato idea”. Loro probabilmente capirono, e senza aggiungere nulla ripresero la cartellina e proseguirono per la loro strada.
A questo fece seguito un altro episodio, circa un anno dopo, che capitó mentre andavo all’universitá in auto causa sciopero ATM. In quel caso, purtroppo, non fui altrettanto accorto e ci cascai a pié pari.
Milano era in tilt e io mi trovavo in coda in zona Affori, vicino al vecchio capolinea della tranvia di Limbiate. La circolazione era completamente bloccata e io ero fermo nello stesso posto da parecchi minuti, stretto tra le altre auto in un imbuto di smog e clacson strombazzanti.
Ad un tratto bussa al mio finestrino una bella ragazza bionda con una cartellina (dopo quella esperienza ho imparato: bella gnocca piú cartellina uguale guai), abbasso il finestrino “Ciao, sono Donatella di AIUT-OSP 2000, raccogliamo donazioni per gli ospedali milanesi, vuoi fare una offerta?“*
La ricerca sulle malattie e la salute in generale é un tema sul quale sono abbastanza vulnerabile, inoltre io stesso in passato avevo raccolto offerte per la Croce Verde Lissonese ai semafori insieme agli altri volontari, quindi non sospettavo proprio nulla. In piú la cartellina della tipa aveva il logo dell’associazione.
Il portafoglio era nello zaino, sul sedile del passeggero. Lo tirai fuori per vedere se avevo qualcosa di taglio piccolo da poter lasciare alla volontaria.
L’errore fu probabilmente quello di abbassare tutto il finestrino e di prendere il portafogli in mano e aprirlo.
Con una velocitá incredibile, la tipa allungó la mano e afferró tutte le banconote che avevo nel portafoglio, per poi dileguarsi di corsa tra le auto in coda, raggiungendo un complice in scooter che la aspettava dall’altra parte della strada. Partirono a tutto gas e ciao ciao.
Non provai a scendere, non gridai neppure, non dissi nulla. Rimasi in silenzio per i minuti successivi, autocommiserandomi e rendendomi conto di essere stato un povero idiota.
E tutto sommato era andata bene; se avesse voluto, si sarebbe potuta facilmente prendere il portafoglio intero. Si accontentó del contante (avevo sí e no 50 euro in tasca), probabilmente impietosita dal fatto che ci fossi cascato come un pollo allo spiedo.
Ecco, queste sono esperienze che ti segnano in modo abbastanza indelebile e ti condizionano per la vita. E in Italia da queste esperienze ci siamo passati, chi piú chi meno, praticamente tutti.
Sfido chiunque a non essere mai cascato in qualche fregatura. Del resto, sbagliando si impara.
E cosí impari. A non fidarti. Mai.
E quindi é normale che quando passeggi per Bessunger Platz e ti avvicinano due ragazze con dei libri e una cartellina, la tua reazione puó essere una sola: “nonvoglionientenonprendonienteandatevialasciatemistare” reazione a cui le due pacate ragazze tedesche non sono affatto abituate e che, unita al mio tedesco con accento lúmbard, le lascia perplesse e di sasso.
Qualche tempo dopo poi vado a scoprire che sono volontarie della Nachbarshaft (una sorta di associazione di buon vicinato) che stanno organizzando una offene Bibliotek e regalano libri usati ai passanti, ma il tuo istinto italiano le ha inevitabilmente percepite come una minaccia.
Identica situazione quando alla REWE Center i volontari delle associazioni giovanili alle casse si offrono di riempirti il sacchetto della spesa: alla vista di questi sportivi e forti ragazzotti che si offrono di “aiutarti” subito pensi ai portabagagli abusivi di Milano Centrale e pensi “ma col cavolo che mi freghi” cosí li cacci via, e quei ragazzi poveretti ci rimangono di stucco e non capiscono cosa hanno fatto di male per farti reagire cosí.
Ma penso di avere toccato il fondo quel giorno in cui alla fermata del tram in Rhein-Neckar Straße alcune ragazzine indiane ti mettevano al polso dei braccialetti colorati.
In Italia questo é noto essere un vecchio trucco dei venditori ambulanti africani: prima ti allacciavano il braccialetto al polso, poi ti circondavano e ti dicevano “adesso devi pagarlo”. Anche qui la mia reazione é stata “col cavolo che mi fregate” cosí quando si avvicinarono tolsi la mano, e dissi che non mi interessava e che da loro non volevo niente. La ragazzine, poverette, ci rimasero un po’ male e altre persone alla fermata mi guardarono con un certo stupore.
Dopo aver preso il tram ed essere sceso in Marktplatz, mi avviai verso l’ingresso del Festival della musica e vidi che per entrare la gente doveva esporre un un braccialetto.
Lo stesso braccialetto che le ragazze di uno stand di gastronomia indiana regalavano alla fermata del tram dove ero salito io…. lo stesso braccialetto che io non avevo voluto.
All’ingresso dovetti pagarlo 5 Euro.
Ma non é tanto per i 5 Euro. È che ti rendi conto che quelle ragazzine, come anche i volontari al supermercato, o le ragazze che regalavano i libri in Bessungen, erano genuine, benintenzionate e sicuramente l’ultima cosa che gli passerebbe per la testa é quella di raggirare una persona. E allora mi sento anche un po’ male, capisco che ho sbagliato e mi dispiace, ma non ci posso fare nulla, reagisco cosí d’istinto ed é un automatismo di cui sicuramente non mi libereró mai più. Anni di imprinting votato alla diffidenza verso il prossimo e all’autodifesa dalle furberie piú disparate non si possono cancellare cosí facilmente.
Mi piacerebbe poter incontrare di nuovo quelle ragazze e quei ragazzi e chiedergli scusa, spiegargli che non hanno fatto niente di male e che non ce l’ho con loro, é solo che…
… é che io sono cresciuto in Italia.
E a questo punto non so se dire “purtroppo” o “per fortuna”. Perché se da un lato pochi posti possono insegnarti meglio dell’Italia come fa a stare al mondo, dall’altro apprezzi come giá da tempo abbiamo iniziato a perdere punti rispetto alla parte “civilizzata” del pianeta Terra.
*AIUT-OSP 2000 é un nome di fantasia. Nella realtá, la stronzetta aveva usato il nome di una associazione realmente esistente, che qui ho omesso per non fare ingiusta cattiva pubblicitá.