A Marzo la promessa era stata “torneremo a riabbracciarci”. Ora, che si torna in lockdown tutti insieme appassionatamente (Germania, Francia, Italia, e gli altri a seguire) la promessa é che questo secondo Lockdown é per permettere “un sereno Natale con le nostre famiglie”. Il tutto condito dalla ben nota cantilena che “andrá tutto bene”.
Io qui, davvero, divento feroce, perché mi sento trattato come un infante. Io non sono un bambino, c@xxo. Posso benissimo immaginare e capire cosa ci aspetta da qui al 2022 inoltrato: lockdowns intermittenti alternati a periodi di libertá vigilata, i quali saranno per lo piú coincidenti con la stagione calda. Questa sará la nostra “normalitá” per i prossimi due anni almeno. Non servono un QI spropositato o chissá quale conoscenza scientifica per arrivarci. Basta osservare cosa é successo e cosa sta sucedendo e fare 2 + 2.
Davvero, vorrei che i governanti di questa Europa la smettessero di trattarci come bambini, dicendoci di stare buoni con la promessa dei balocchi a Natale. È chiaro fin da ora che quest’anno non ci sará nessun Natale come abitualmente lo intendiamo (vedi mio post precedente), é chiaro che dovremo convivere con i lockdown intermittenti ancora a lungo, é chiaro che ciò che ci aspetta non sará né breve né facile. È chiaro che purtroppo molte persone, soprattutto anziane, non ce la faranno, é chiaro che a livello sociale ed economico andremo incontro ad una crisi senza precedenti, é chiaro che ci saranno pochi vincitori, molti perdenti e che le diseguaglianze sociali aumenteranno, é chiaro che una volta riconquistata una parvenza di normalitá (2022? 2023? 2024?) ripartire sará un dramma, anzi, per alcuni non ci sará proprio nessuna ripartenza.
Mi piacerebbe che qualcuno la smettesse di trattarci come bambini e avesse il coraggio di trattarci da adulti, dicendo le cose come stanno e preparandoci a quello che ci aspetta.
Si badi bene, non sto dicendo di fare terrorismo mediatico, di spargere disperazione o di diffondere disfattismo. Sto dicendo di dare spiegazioni e previsionirazionali basate su fatti, dire chiaramente alla popolazione qual è il problema, qual é l’evoluzione attesa, come la si affronterá e cosa ci si aspetta da tutti. Dire senza indorare la pillola quali sono i problemi e le difficoltá che inevitabilmente ci aspettano, dando aiuti e consigli razionali per preparare le persone ad affrontarli. Sia praticamente che psicologicamente.
Invece la leadership dell’Europa d’oggi si dimostra, ahimé, assolutamente inetta e inadeguata allo scopo. Come quei genitori privi di polso che, per tenere a bada figli indisciplinati, non hanno altra strategia se non quella di promettere loro i balocchi a Natale, sperando che questo basti a tenerli buonini per un paio di mesi senza che rompano eccessivamente le scatole.
Strategia misera e controproducente, perché si limita a procastinare.
Vedremo come andrá a finire, quando a Natale i balocchi non arriveranno.
quest’anno per le feste ognuno a casa sua. Se non saremo noi a farlo, ci costringeranno.
Lo ammetto, sono stato un po’ un idiota. Facendomi trascinare dall’entusiasmo e dalla voglia di riscattare un anno di M, in cui non é successo quasi nulla di positivo, in estate ho prenotato con largo anticipo le ferie di Natale in un Wellness Hotel in Foresta Nera. Super pacchetto completo di Capodanno.
Ecco, sono stato un idiota perché non ho assolutamente pensato a cosa sarebbe accaduto questo inverno. Eppure era evidente, non ci voleva una laurea in virologia per capirlo. Ma credo sia valso un po’ per tutti: la parentesi estiva ci ha fatto dimenticare che c’é in giro il Coronavirus e in una sorta di meccanismo di rifiuto e di autodifesa celebrale, abbiamo ignorato il fatto, naturale e prevedibilissimo, che il virus con l’inverno sarebbe tornato alla ribalta, incarognito quanto a Marzo scorso se non peggio.
Credo che sia stata una reazione naturale, anche se stupida.
Mi lascio andare ad una breve digressione socio-psico-filosofica: di cosa ha bisogno l’uomo per vivere? Beh, non di molto in realtá: cibo, acqua, un tetto sopra la testa, possibilmente al caldo, e un cesso che funzioni. Cose per noi assolutamente scontate, anche se spesso dimentichiamo che buona parte della popolazione mondiale non é cosí fortunata (e giá questo ci dovrebbe far riflettere un pochino).
Ma di cosa ha bisogno l’uomo per godersi la vita, e non meramente sopravvivere? Ha bisogno di compagnia. Di svago e convivialitá. Non di soldi, magavacanze, lussi o macchinoni. Ma di buona compagnia. Siamo animali sociali, ci piace stare insieme. Se ci beviamo una birretta, preferiamo farlo in compagnia. Se ci concediamo un bel pranzo, preferiamo essere in tanti. Se vogliamo festeggiare qualcosa, se vogliamo condividere dei bei momenti, invitiamo un bel po’ di amici. Vale anche per il sesso: molto meglio essere in due che essere da soli, no?
La convivialitá, la compagnia delle persone che ti fanno stare bene, é una cosa bellissima, forse una delle migliori cose della vita.
Sfortunatamente in questo momento é anche una cosa pericolosissima. E a breve sará anche vietatissima, si tratta solo di aspettare qualche settimana.
Il periodo natalizio e prenatalizio rappresenta, per tutti noi, una parentesi di estrema convivialitá. Si parte intorno a metá Dicembre (ma talvolta anche prima) con tutte le varie megacene di fine anno dai 20 invitati in su. La cena con gli amici storici di sempre, la cena con gli amici della palestra, la cena con gli amici della piscina, la cena con i colleghi dell’ufficio, a cena con il gruppo di fotografia, senza contare le innumerevoli pizzate di Natale delle scuole, ecc… Poi al 22 o al massimo al 23 Dicembre in centinaia di migliaia affolliamo treni, aerei, autostrade per rientrare in famiglia, dove iniziano i cenoni e i pranzi da 20 o piú persone. E si va avanti cosí fino a Capodanno. Badordi, bagordi, e ancora bagordi. Il tutto, ovviamente, al chiuso e senza distanze.
Ecco, non credo serva essere un epidemiologo per capire che quest’anno (ma probabilmente anche il prossimo) tutte queste cose non ce le potremo assolutamente permettere. Non é un caso se generalmente il picco dell’influenza arriva a Gennaio inoltrato: é la conseguenza di tutti gli eventi festaioli che, avvicinando e mescolando persone, hanno fatto da “booster” per il virus.
Credo che per tutte le persone dotate di un minimo di raziocinio sia oramai chiaro: questo Natale non s’ha da fare.
Dobbiamo metterci nell’ottica che questa é, a tutti gli effetti, una guerra mondiale. Siamo sotto attacco da parte di un nemico microscopico ma molto potente contro il quale – ci piaccia o no – non abbiamo nessuna arma per difenderci se non restare lontani l’uno dall’altro e diventare maniaci dell’igiene.
E, come i nostri nonni durante la guerra, non possiamo certo pensare ad un Natale come tutti gli altri. Perché in tempo di guerra certe cose non si possono fare.
Quest’anno Natale semplicemente non ci sará. Questo é un anno eccezionale, sono saltate persino le Olimpiadi – per quale motivo non dovrebbe “saltare” anche il Natale? In fondo cosa è diventato il Natale ormai? Soltanto un tripudio di consumismo e una scusa per trovarsi e divertirsi. Chi é credente e vuole celebrare il Natale religioso potrá comunque raccogliersi in preghiera anche in casa propria. Ma tutto il resto andrá messo da parte, necessariamente.
Il 2020 sará probabilmente ricordato come l’anno senza il Natale. E credo anche il 2021 non sará molto diverso. Ovviamente quando dico “l’anno senza il Natale” mi riferisco a come é considerato oggi il Natale moderno, ovvero un guazzabuglio di bagordi, cibo, alcool ed esborso di soldi. È chiaro che, da un punto di vista meramente calendariale, il Natale ci sará.
Ma tutto sommato potrebbe non essere cosí male: prenderci una pausa di un paio di anni dai nostri deliri consumistici natalizi puó aiutarci a focalizzare meglio l’attenzione su cosa conta davvero. E magari arrivare a capire che in realtá non serva aspettare il Natale per organizzare ritrovi, per vedersi, per ridere e scherzare. Che forse non ha molto senso non vedersi e non sentirsi per 11 mesi e poi aspettare gli ultimi 15 giorni dell’anno per vedere tutti, compattando 7 cenoni e 5 apericena in 2 settimane. In fondo, non dovremo definitivamente rinunciare a quello che questo Dicembre non ci sará concesso di fare: lo potremo semplicemente rimandare alla prossima estate.
E poi tutto sommato, “saltare” il Natale ha anche i suoi lati positivi: – Quest’anno a milioni di uomini in tutto il mondo occidentale sará risparmiato il supplizio di essere trascinati contro la loro volontá in deliranti sessioni di shopping tutte le domeniche di Dicembre – Questo Dicembre non ci inquarteremo di calorie, alcool e grassi insaturi come maiali; il portafoglio e la salute ringrazieranno – Non ingrasseremo e non avremo bisogno di metterci a dieta a Gennaio – Sará un trionfo per gli introversi e per tutti quelli che detestano il ritrovo forzato coi parenti-serpenti che vedi una volta all’anno e che ti rompono i cog…
Certo, per chi lavora nel retail, nella ristorazione e nel turismo sará una autentica tragedia, e a pensarci mi sento quasi male per loro. Questo é un grande dramma e sto male al pensiero tutti quelli che ci perderanno e che vedranno la loro vita rovinata da questa situazione. Ma, come ho giá scritto mesi fa, da questa situazione usciranno dei vincenti e dei perdenti. E la storia ci insegna che ogni tanto arrivano rivoluzioni che portano al ridimensionamento, se non alla scoparsa, di determinate categorie professionali.
Ecco, forse non dovremmo rattristarci perché quest’anno non possiamo festeggiare al ristorante o fare festa con gli amici. Forse dovremmo rattristarci pensando al dramma sociale che ne conseguirá.
E magari cercare di fare qualcosa. Lo so,contro una pandemia globale ci si sente molto piccoli, ed é legittimo chiedersi: ma cosa mai potró fare io? Beh, qualcosa si puó fare.
Io, per esempio, ho iniziato ad acquistare qualche pensierino per Natale adesso, fintanto che i negozi qui in Germania sono aperti. Poi manderó tutto per posta ai legittimi destinatari. E inviterei tutti a fare altrettanto: non aspettiamo troppo, perché poi arriverá il lockdown, sará tutto chiuso e dovremo per forza comprare online. Cerchiamo di comprare adesso, dai negozi nelle nostre cittá, e non dai grandi gruppi digitali che distruggono il mercato, ammazzano il commercio, fano dumping salariale ed eludono il fisco. Se questo Natale compreremo tutt i regali online, faremo una strage di piccole attivitá e saremo complici del nostro stesso impoverimento. Leggendo i commenti agli articoli su Internet vedo un quantitativo impressionante di gente che scrive “va bé, tanto quest’anno compro tutto online…” NO! cazzo NO! Cerchiamo per una fottuta volta di essere meno egoisti e piú solidali! Un piccolo sforzo maledizione! È vero,sono tempi di magra per (quasi) tutti, quindi quest’anno di sicuro non sará un anno di regali importanti e/o costosi. Io credo che anche piccoli pensierini economici vanno bene, purché li si compri da qualche negoziante. Se saremo in tanti a fare cosí, i nostri acquisti, pur piccoli, daranno un aiuto concreto a chi in questo momento rischia di andare in rovina.
E poi, per concludere, mi piacerebbe molto che le autoritá di tutti i Paesi, quando ordineranno il lockdown di Natale (perché ci arriveremo, non vedo altro epilogo per questa situazione) pensassero a tutte le persone sole. A tutte le persone come mio padre o mia nonna, chiusi in casa da soli anche per le feste. Che si pensi a un modo sicuro per permettere almeno a queste persone di poter vedere qualcuno. Lo so che non é semplice, anche perché spesso queste persone sole coincidono, sfortunatamente, con quella categoria di persone piú a rischio che piú si dovrebbero isolare. Ma é doveroso almeno tentare di fare qualcosa. Perché se per me un Natale da solo tutto sommato non sarebbe un grosso problema, per loro sarebbe qualcosa di davvero devastante.
Io lo capisco che non si vuole che i nostri cari muioano di Covid. Ma cerchiamo di non farli morire di solitudine.
Salvatore (nome di fantasia) é in Germania ormai da quasi 20 anni. È arrivato qui giovanissimo, ha fatto ogni genere di lavoro e si é sempre guadagnato da vivere dandosi da fare. Oggi é diventato il caposquadra di una impresa di pulizie ed é cosí che ci siamo conosciuti, in una delle tante sere in cui finisco tardi in ufficio: io ancora alla scrivania e lui in giro a dare direttive alla sue squadre mentre ripuliscono i piani dell’edificio. Un giorno, casualmente, mi ha sentito parlare Italiano al telefono ed é cosí che abbiamo scoperto di essere connazionali.
Salvo, pur vivendo all’estero da molti anni, é un grandissimo estimatore del Reddito di Cittadinanza ed é estremamente felice della sua introduzione. Perché per Salvo il reddito di Cittadinanza é stato una mezza liberazione.
Salvo ha madre e tre fratelli in Sicilia, tutti disoccupati, senza lavoro praticamente da sempre. Uno dei fratelli ha anche piccoli precedenti, avendo cercato di guadagnarsi da vivere in modo un po’ “creativo”. Per evitare alla sua famiglia di finire in guai seri, Salvo ha sempre inviato aiuti economici. 1000 euro al mese, euro piú, euro meno. Ogni mese. Per anni. Con l’arrivo del Reddito di Cittadinanza, la madre di Salvo ha fatto richiesta e ottenuto la card. E Salvo è stato finalmente “liberato” da questo fardello. Perché in Germania gli stipendi saranno pur alti, ma una uscita fissa di 1000 euro al mese é comunque qualcosa di pesante.
A Salvatore ora é cambiata la vita. Finalmente puó concedersi qualche viaggio diverso dalla solita Siciilia, finalmente puó concedersi degli sfizi, finalmente puó risparmiare, finalmente puó pensare anche di avere una famiglia sua. E ora, giustamente, Salvatore spera che il Reddito di Cittadinanza rimanga in vigore a lungo. Magari per sempre.
Salvo mi ha raccontato che in Sicilia un numero impressionante di famiglie campa grazie ai soldi inviati dai parenti che lavorano all’estero o al Nord Italia. Sono molti di piú di quanto non si pensi. Un immenso ammortizzatore sociale privato che ora é stato in parte rimpiazzato, o quantomeno integrato, dal Reddito di Cittadinanza.
Salvo fa parte di quei tantissimi Italiani che, molto piú dello Stato, stanno veramente facendo la differenza: gli Italiani che sostengono i loro parenti in difficoltá. Perché sono tantissimi, sono centinaia di migliaia, in tutto il paese, e tantissimi anche… fuori dal paese. Il vero ammortizzatore sociale del Paese. Il piú autentico, il piú solido, il piú efficace. Siamo noi Italiani. Basti pensare a tutti i trentenni della mia generazione condannati all’eterno precariato, peregrinando di contratto in contratto con stipendi miserrimi, che se non fosse per il risparmio dei loro genitori, farebbero una vita di stenti. Pensiamo a tutti i disoccupati di lungo periodo, senza lavoro ormai da anni, che possono contare sull’aiuto di genitori, fratelli o sorelle. Pensiamo a tutti i figli come Salvo, che inviano soldi ai genitori lontani, caduti in disgrazia economica. Pensiamo a tutti i cinquantenni e sessantenni rimasti senza lavoro sotto i colpi inferti dalla crisi, troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per reinserirsi nel mercato del lavoro, costretti con enorme dispiacere a chiedere aiuto economico ai propri figli.
È uno scenario che, nella sua drammaticitá, ha un riflesso nobile di altruismo e solidarietá.
Peró… c’é un peró.
Ed inevitabilmente la mente corre ad alcune situazioni a me vicine che conosco bene.
È giusto aiutare sempre? È giusto che in una famiglia si instaurino in modo permanente situazioni di questo tipo, in cui c’é chi si dá da fare per tutti e chi invece non fa assolutamente nulla? Dove si trova la linea di confine tra altruismo/solidarietá e furbizia/fannulloneria? Come si puó cogliere questa demarcazione, ammesso che esista? Come poter distinguere chi ha bisogno da chi se ne approfitta?
Sono domande che mi tormentano da tempo, piú ci penso e piú giungo alla conclusione che una risposta non c’é. Soprattutto se sei dentro una situazione, soprattutto se ci sono di mezzo degli affetti. Non lo puoi capire, dove sta questa linea, perché non riuscirai mai a vederla. Potrebbe riuscirci, forse, solo qualcuno che vede la cosa dall’esterno, da osservatore imparziale e indipendente. Ma poi potrebbero uscirne veritá che fanno male e allora capisci che é meglio non chiedere o non ascoltare.
Non esiste risposta, si tratta solo di fare quello che ci sembra giusto. Anche se a volte proprio giusto fino in fondo, magari non lo é.
Perché va bene la solidarietá, va bene l’altruismo, ma forse qualcuno se ne sta approfittando davvero un po’ troppo. A volte ho la sensazione che il vero ammortizzatore sociale… siamo noi che lavoriamo.
Il vaccino anti-Covid é il Santo Graal sanitario che promette di restituirci la vita di prima. Ma se dovesse fallire?
Covid é tornato. I numeri crescono ovunque senza sosta. Anche Italia e Germania, che sembravano essere gli ultimi baluardi Europei resistenti all’avanzata del Sars-CoV-2, stanno ormai cedendo sotto l’accelerazione dei contagi. Vorrei essere ottimista, ma in questo momento faccio davvero fatica. Vorrei essere ottimista ma temo che nel giro di un mese saremo tutti quanti di nuovo in lockdown e, che ci piaccia o no, ci resteremo fino in primavera. Natale quest’anno sará diverso, molto diverso dal solito.
Ovunque, in televisione, sui giornali, e su Internet, domina un unico mantra. Una frase, una promessa. Una speranza. “… finché non arriverá il vaccino”.
Questo sará l’ultimo anno di sofferenza, ci dicono. Dobbiamo sopportare e tenere duro. Quando il vaccino arriverá, tornerá tutto a posto e torneremo alle nostre vite di prima (sempre che avremo ancora un lavoro, un reddito e/o di che vivere, ma questo non é l’oggetto dell’articolo). In tutto il mondo, gli scienziati prima, e i politici poi, hanno venduto al popolo che il vaccino ci salverá.
Nessuno peró osa chiedere apertamente che cosa ci aspetta se il vaccino non arriverá. O se il vaccino non funzionerá.
La domanda é lì, nell’aria, aleggia sileziosa, tutti se la pongono ma tutti hanno paura a chiederselo. Soprattutto la politica. Perché la politica sa benissimo che agli elettori la risposta non piacerá.
Alla fine, peró, qualcuno la domanda l’ha posta. E ha ottenuto una autorevole risposta.
A rispondere é stato Christian Drosten, il piú famoso virologo tedesco, in una intervista a Zeit Online. E la sua risposta, come ben si addice ad un tedesco doc, é stata diretta e lapidaria: “Se il vaccino non funzionerá, dovremo abituarci a vivere cosí per sempre“.
Mascherina sempre addosso; lockdowns intermittenti e distanziamento sociale; scuole, palestre, piscine, ristoranti e bar chiusi; limitazioni alla libertá personale, limitazioni ai viaggi: sará la nuova normalitá se il vaccino non funzionerá. Parola del virologo numero 1 del Charité di Berlino, nonché consulente scientifico piú influente del governo di Angela Merkel. “Dovremo abituarci a stare a casa, a poter viaggiare solo 4 mesi all’anno, ad avere molta meno libertá di prima” dice Dorsten “se il vaccino non funzionerá come previsto, e il virus continuerá ad avere manifestazioni cliniche importanti, l’unico modo per affrontarlo sará mettere limiti alla nostra capacitá di diffonderlo. Fino a quando sará necessario“. “Permettere al virus di diffondersi liberamente, in una societá con il nostro profilo demografico, non é sostenibile. Il nostro sistema sanitario verrebbe devastato. Sarebbe una catastrofe” dice Drosten “una societá con limitazioni alla libertá personale é invece sostenibile a tempo indeterminato“. Per Drosten si tratta di una questione etica: “Di fronte ad una minaccia di questa portata la sospensione di alcune delle libertá fondamentali non é una possibilitá, ma un dovere. Un dovere nei confronti dei piú deboli, dei malati e delle persone a rischio a cui altrimenti verrebbe tolto il diritto alla salute“. Ma come fare i conti con le (devastanti) conseguenze per l’economia, per i posti di lavoro, per i giovani, per le famiglie, per l’istruzione? “Saranno dolorose ma necessarie” prosegue il virologo ” e comunque meno dolorose di quello che accadrebbe se lasciassimo circolare il virus liberamente. Purtroppo bisogna scegliere il male minore“. Per Drosten, tuttavia, non ci sono al momento evidenze scientifiche che facciano pensare che il vaccino possa non funzionare. La risposta anticorpale nei soggetti testati c’é ed é consistente, anche se permane la questione della durata della protezione. Ma anche questo potrebbe non essere un grosso problema: se il vaccino dovesse avere efficacia limitata nel tempo, si tratterebbe di fare campagne di vaccinazione stagionali.
Certo, c’é sempre il rischio che qualcosa nell’approvazione vada storto, che i troppi effetti collaterali lo rendano inutilizzabile sui soggetti piú deboli o semplicemente si finisca per scoprire che anche i vaccinati si ammalano come tutti gli altri. Questa eventualitá, improbabile ma pur sempre possibile, ci lascerebbe inermi alla mercé del nostro nuovo microscopico nemico. E quello che ci aspetta in questo caso non é esattamente uno scenario piacevole: “Per quanto mi riguarda, come virologo, se non si troverá vaccino o cura contro questo virus, sará lockdown per sempre. O quantomeno, fino a quando il virus non dovesse andarsene da solo“.
Morale della favola: dita incrociate per il vaccino, o son dolori per davvero.