Non solo benzina, gasolio e riscaldamento: come giá ampiamente previsto, ora in Germania tutto sta aumentando. Aumenti di prezzi sono riscontrabili ovunque, trascinati dalle tasse sulla CO2, dalla crisi delle materie prime, dalle riaperture post-covid e dalla “voglia” di spendere della gente.
Aumenti tangibili contraddistinguono tutto il settore dell’ospitalitá: birrerie, café, ristoranti e alberghi, costretti a rifarsi dopo la chiusura piú lunga d’Europa (la chiusura per questi settori in Germania é stata ininterrotta da fine Ottobre a fine Maggio) hanno necessariamente dovuto rivedere i prezzi all’insú. Se prima del Covid era normale bersi una birra media a 3 Euro e 50, ora il prezzo ha ovunque sfondato la soglia dei 4 euro.
Con un valore di inflazione pari al 3,8% misurato in Luglio, si tratta dell’aumento piú elevato riscontrato dal 1996, da quando é iniziata la misura armonizzata dei prezzi al consumo in Eurozona. Gli economisti parlano di un autentico “salto dei prezzi” con una dinamica a scalino, determinata dal fattore epidemia che costringe le dinamiche dei consumi in molti settori a muoversi con un andamento “on/off”. A ció si aggiunge l’effetto combinato delle tasse ecologiche introdotte a inizio 2021 piú la crisi delle materie prime, che ha comportato un deciso rincaro per tutti i combustibili facendo aumentare anche del 30% benzina, gasolio e riscaldamento rispetto alla fine del 2020.
Crisi delle materie prime che sta causando rincari a raffica anche in settori che da sempre erano contraddistinti da grande offerta e grande stabilitá di prezzi: l’elettronica e l’informatica. Anche in questi settori i prezzi stanno correndo, e non é difficile rendersene conto: basta configurare un PC e dare un’occhiata ai tempi di consegna e al costo…
Secondo il FAZ, questa tendenza non é temporanea ma andrá consolidandosi. Per fine anno si potrebbe assistere ad una “fiammata” con il dato di rialzo dei prezzi al consumo che potrebbe raggiungere il 5% (!) per poi andare a calare durante il 2022, rimanendo comunque sopra al target del 2% fissato dalla BCE, aprendo una nuova era di inflazione compresa tra il 2,5% e il 4% annuo. Il presidente della Bundesbank Jens Weidmann si professa infatti tutt’altro che d’accordo con la direzione presa dalla BCE, che ancora crede nell’inflazione al 2%, seppur su rilevazione media di periodo e non puntuale. [1]
Un autentico incubo per i Tedeschi, che hanno l’inflazione tra le loro paure peggiori. L’inflazione in Germania é uno spettro, un autentico fantasma del passato proveniente dai terribili tempi dell’iperinflazione della Repubbica di Weimar, quando un chilo di pane costava miliardi di marchi. Uno spauracchio che da sempre muove la politica economiche tedesca e da sempre fa paura.
Sarebbe la prima volta, dopo piú di un decennio, che i vari Tarifrunde dei contratti collettivi nazionali tedeschi vedono aumenti di stipendio inferiori all’inflazione reale. Per i lavoratori dipendenti tedeschi é arrivato il momento tanto temuto da moltissimi anni: é iniziata la perdita di potere d’acquisto. Meglio potrebbe andare a chi lavora in proprio, potendo “aggiustare” personalmente il proprio listino prezzi o il proprio costo orario. [2]
Ma per il popolo degli Arbeitnehmer la situazione non si profila buona, in quanto la congiuntura, specie in certi settori, ancora non é ottimale e le problematiche di supply chain che contraddistingono questi mesi stanno rallentando, e non di poco, l’industria tedesca, che in prima battuta pareva essere ripartita alla grande dopo la prima ondata dello scorso anno. Spuntare aumenti interessanti nei prossimi Tarifrunde sará quindi molto difficile, e il rischio concreto é che gli stipendi, in Germania, inizino a perdere molto potere di acquisto.
E qualora la BCE rinunciasse ad una azione incisiva optando per una posizione piú attendista e guardinga (come pare accadrá), si avrá uno scenario senza precedenti: quello della Inflation bei Nullzinsen, una inflazione con tassi di interesse nulli. Qualcosa di mai visto prima, che potrebbe avere conseguenze pesanti. Tra cui quella di scaldare ancora di piú il giá incandescente mercato immobiliare tedesco e vedere miliardi di risparmi fluire nei mercati finanziari, anch’essi in questo momento assai “caldi”. Staremo a vedere.
Qualche articolo fa, discutendo di costo della vita, tasse ecologiche e mobilitá del futuro ho formulato l’ipotesi che la mobilitá del 2050 potrebbe non essere molto dissimile da quella del 1950: la maggioranza della gente si muoverá in tram e bicicletta e l’automobile tornerá ad essere segno distintivo dei privilegiati (qui l’articolo, per chi volesse approfondire). Un sostanziale ritorno al passato, seppur in salsa moderna.
Tra i commenti mi é stata fatta la domanda “come mai in Italia sono stati tolti tutti i tram?” ed effettivamente non é una domanda da poco. Viene davvero da chiedersi come mai le tranvie extraurbane, che in Germania e Svizzera non solo sono sopravvissute agli anni ’50 ma spesso sono arrivate ai giorni nostri modernizzate e ampliate, in Italia sono invece state sistematicamente decimate.
Ho voluto quindi preparare un sintetico “parallelo” tra la mia regione di origine, ovvero l’hinterland Milanese e la Brianza, e la mia regione d’adozione, ovvero Darmstadt e la Metropolregion Rhein-Neckar. Si tratta, in entrambi i casi, di regioni dinamiche, ricche, piene di lavoro e di Aziende, veri “Motori” dell’economia delle rispettive Nazioni. Eppure osservando l’evoluzione delle tranvie interurbane Brianzole e di quelle della Metropolregion, si osserva una differenza disarmante.
Per tracciare queste mappe mi sono aiutato con documenti storici e Openrailwaymaps: un grosso grazie va quindi a tutti i contributori di quest’ultimo sito (soprattuto per quanto riguarda la dovizia con cui sono riportate le ex tranvie brianzole!) piú alcuni siti web tra cui questo favoloso sito per le tranvie di Darmstadt e il forum RNLF (in lingua tedesca) per le tranvie di Mannheim e Heidelberg. Vielen Dank! Va detto, tuttavia, che potrebbero esserci alcuni errori. Di tante tranvie del passato oggi non rimane piú traccia e la documentazione disponibile é limitata, cosí come il mio tempo.
In rosso i percorsi delle tranvie a Nord di Milano. Siamo nei primi anni ’50.
La mappa della Brianza e dell’hinterland nord di Milano mostra una interessante rete di tranvie interurbane, esistita fino agli anni ’50: la Milano-Seregno-Carate/Giussano, la Milano-Monza, la Monza-Meda-Cantú (oggi autolinea C80), la Milano-Vimercate, la Monza-Carate ecc… si puó dire che, sotto un certo aspetto, giá allora si era capito quali erano le direttrici piú “critiche” su cui verteva il grosso del traffico di persone: la pressoché totalitá di queste tranvie si trova lungo percorsi che oggi sono soffocati dal trffico. Si apprezza inoltre come Monza avesse una propria rete tranviaria urbana, sicuramente non estesa quanto quella milanese, ma comunque interessante e probabilmente anche adeguata per le dimensioni della cittá.
In rosso, le tranvie Nord di Milano ai giorni nostri. Non é rimasto nulla!
Una buona parte di queste tranvie ha purtroppo visto la chiusura prima della fine degli anni ’50, mentre altre sono durate piú a lungo, a volte fino agli anni ’80 o ’90, prima della definitiva chiusura. L’ultima “vittima” é la Milano-Desio, chiusa nel 2011, di cui ancora oggi affiorano qua e lá le tracce nel centro della cittá (ne ho parlato in questo post). Unica sopravvissuta fino ai giorni nostri, la tranvia Comasima M3-Limbiate (della Milano Parco Nord-Seregno, che dovrebbe essere costruita sula ceneri della Milano-Desio, ancora non si sa nulla e molto probabilmente non se ne fará nulla).
Ora vorrei mostrare, per confronto, l’evoluzione della rete tranviaria di Darmstadt e quella della Metropolregion (Heidelberg-Mannheim-Weinheim) dagli anni ’50 ad oggi.
Le tranvie della Metropolregion Rhein-Neckar negli anni ’50
La fitta rete a scartamento metrico che contriddistingue questa area urbana, turistica e industriale della Germania fa da contorno alla tranvia/ferrovia interurbana a scartamento metrico che unisce, con un percorso triangolare, le cittá di Mannheim, Weinheim e Heidelberg. Questa ferrovia nasce nel 1887 e viene inizialmente esercita a vapore. Nel corso degli anni viene costantemente ammodernata (l’elettrificazione avviene nel 1915) ed integrata con le tranvie urbane di Heidelberg e Mannheim, fino a raggiungere i giorni nostri. Difatti oggi la Metropolregion puó contare su una fitta rete tramviaria, sia interurbana che urbana.
Le tranvie della Metropolregion oggi.
Osservando Mannheim e Heidelberg, si nota che qualche “taglio” c’é stato, tuttavia niente di paragonabile alla totale mietitura avvenuta in Lombardia. Il grosso della rete é ancora in esercizio e si puó anche aprezzare qualche linea nuova.
Vediamo ora la rete di Darmstadt.
Le tranvie urbane e interurbane di Darmstadt negli anni ’50
La rete non é paragonabile, per estensione e capillaritá, con quella della Metropolregion: qui si tratta di una singola cittá, di dimensioni e importanza paragonabili a quelle di Monza; tuttavia si apprezza negli anni ’50 una rete tranviaria di tutto rispetto che si estende per molti chilometri fuori cittá.
La rete tranviaria di Darmstadt oggi.
Si nota, anche nel caso di Darmstadt, che qualche “taglio” c’é stato, specialmente verso est. La rimozione dei binari verso Ostbahnhof é cosa recente (quando mi sono trasferito qui qualche anno fa erano ancora al loro posto) mentre la linea che andava verso la Oberwaldhaus é stata smantellta molto prima. Sono state tuttavia allungate tutte le rimanenti linee extraurbane: sia i binari verso Seeheim-Jugenheim che quelli verso Griesheim sono stati estesi, inseguendo quella che é stata l’urbanizzazione dell’area nel tempo, in particolare verso sud dove lungo la Bergstraße vi sono alcune tra le aree residenziali piú ambite della regione.
Cosa si evince confrontando le varie mappe? Beh, se ne estrae un quadro completamente diverso di pianificazione del trasporto urbano: mentre in Italia si é operato un totale smantellamento delle tranvie interurbane, principalmente tra gli anni ’50 e gli anni ’80, queste in Germania sono invece rimaste al loro posto. Si é trattato di due politiche dei trasporti diametralmente opposte: in Italia negli anni del boom economico e dell’ottimismo l’auto privata era vista come il mezzo di trasporto del futuro; presto saremmo diventati tutti benestanti e avremmo posseduto un’automobile a testa quindi le tranvie non servivano piú. Anzi, la loro presenza sulle strade costituiva un indesiderato intralcio alla mobilitá del futuro; in loro sostituzione qualche bus sarebbe andato benissimo (una certa industria di Torino sentitamente ringrazió). In Germania, dove pure il boom economico non é mancato (e dove pure non manca l’industria dell’automobile), qualcuno tuttavia intuí che la crescita economica e la crescita demografica prima o poi avrebbero causato un problema di trasporti nelle cittá e la sola mobilitá privata avrebbe portato a intasamenti ingestibili, con troppe auto in troppo poco spazio. Le tranvie rimasero cosí al loro posto e col passare degli anni furono potenziate, ammodernate e trasformate in metrotranvie, mentre le esigenze di mobilità lentamente iniziavano a cambiare.
La gente, negli anni, ha continuato a usare il tram e non si é mai “disabituata” all’utilizzo del mezzo pubblico come proprio mezzo di trasporto principale, mentre invece in Brianza vivere senza possedere una automobile era e rimane qualcosa di impensabile.
Manco a dirlo, la scelta tedesca ha pagato, mentre quella Italiana si é rivelata avventata e scellerata. Oggi viviamo un’epoca di grandi cambiamenti con un trend totalmente opposto a quello di mezzo secolo fa: la prioritá di tutte le nazioni industrializzate sta diventando la salvaguardia del clima. La mobilitá privata é diventata un “nemico” da combattere, e viene ora scoraggiata in tutti i modi: divieti di circolazione per le auto piú inquinanti, incrementata tassazione sulle automobili e sui carburanti, sempre piú limitazioni e chiusure al traffico privato nelle grandi e medie cittá. E possiamo stare certi che nel prossimo futuro il trend non cambierá anzi vedremo l’ecologia essere sempre piú al centro delle campagne elettorali e dei programmi dei vari Governi (in Germania é ormai giá cosí). In questo quadro generale, diventa fondamentale offrire al cittadino una efficiente mobilitá pubblica come alternativa all’auto privata. Soprattutto per quelle fasce di reddito piú deboli che non possono permettersi l’auto ecologica di ultima generazione e che vengono cosí (ingiustamente) colpite dalla tassazione etico/ambientale; quelle stesse fasce di reddito che dal 2035 in poi non potranno piú comprare una automobile perché non potranno permettersi quella elettrica (e l’installazione della relativa infrastruttura di ricarica a casa). E cosí, mentre nelle aree metropolitane al di là della Alpi questa transizione alla mobilitá del futuro sará facilitata grazie alla capillaritá delle tranvie, chi oggi abita in Brianza e nell’aera metropolitana milanese puó invece apprezzare i risultati (nefasti) della totale mancanza di lungimiranza e pianificazione dell’Italia del boom economico: tranvie extraurbane che oggi (ma soprattutto domani) servirebbero come il pane sono state completamente smantellate e sulle direttrici una volta percorse dai tram oggi si viaggia in coda a tutte le ore. Tutto questo, nel quadro di un futuro in cui possedere e guidare una automobile diventerá sempre piú esclusivo, si configura come una potenziale “bomba trasportistica” che sará tutt’altro che semplice da disinnescare.
Nonostante ció, l’unico progetto di metrotranvia oggi in auge nella zona (la Milano parco Nord-Seregno) trova sorprendentemente molti piú detrattori che sostenitori. Per questo molto probabilmente non se ne fará nulla. Per gli Italiani il tram é un mezzo inutile, “antiquato”, disturba il traffico e “tanto lo prendono solo gli extracomunitari”. Se proprio binari devono essere, allora che se ne stiano sottoterra: gli Italiani vorrrebbero magari la metropolitana sotto casa, giammai il tram. L’italiano accetta di buon grado che il centro della propria cittá pulluli di rombanti motorini, di auto, di SUV, ma guai a piazzarci delle rotaie. Se solo si parla di tram, arriva la levata di scudi generale: comitati, associazioni, petizioni, NO alla metrotranvia, NO ai binari, NO allo sperpero di soldi pubblici, no al tram sferragliante e fracassone, va benissimo qualche bus, tanto io vado in macchina.
Quando poi mi sento dire “ma perché il tram? basta qualche bus” non so se mettermi a ridere o piangere, perché si tratta di commenti evidentemente fatti da gente che nella vita va solo in macchina e i mezzi pubblici li ha visti (forse) solo quando andava a scuola da adolescente. Chiunque usi mezzi pubblici regolarmente ha ben presente la differenza in comfort e regolaritá di marcia che c’è tra bus e tram. Il bus saltella, sobbalza, ondeggia, inchioda – per una persona anziana o con leggere disabilitá reggersi diventa un problema – senza contare poi lo spazio e i posti a sedere (molto superiori in un tram rispetto a un bus), gli spazi e la libertá di movimento a bordo, senza dimenticare la possibilitá di accesso con passeggini, carrozzine e biciclette, che su un tram a piano ribassato é sempre possibile ed enormemente piú agevole che su un bus. Il bus é soggetto al traffico e ai ritardi mentre il tram viaggia per lo piú in sede separata dalla strada (sede propria) e quando in sede promiscua (cioé sulla strada) gode di assoluta precedenza (il cosiddetto asservimento semaforico). Le situazioni in cui un tram rimane bloccato sono molto piú rare di quelle in cui un bus rimane bloccato; non va dimenticato infatti che qui parliamo di tranvie extraurbane, che viaggiano in sede propria per quasi tutti i tratti fuori cittá, e non di tranvie urbane in grandi cittá (che necessariamente si ritrovano compresse tra le strette vie di cittá come ad esempio Milano).
Un’altra argomentazione molto cara ai no-tram é che ovunque in Europa non si costruiscono piú tranvie. Questo non é assolutamente vero: solo guardando il mio piccolo, a Darmstadt in questo momento é in fase finale di costruzione il prolungamento della tranvia urbana verso il campus universitario a est della cittá, mentre é attivamente allo studio il prolungamento interurbano per il centro commerciale Loop5 e la cittá di Weiterstadt. Un ulteriore prolungamento sará costruito a sud di Bessungen per servire la nuova zona residenziale ricavata dalle vecchie caserme americane, e andrá a congiungersi ai binari extraurbani verso Eberstadt. Ad Heidelberg si sta provvedendo ad allargare la rete, ricostruendo anche una parte della linea che porta nella Altstadt, che era stata rimossa anni or sono. La rete si evolve e si espande continuamente, nell’ottica di offrire un servizio di qualitá al cittadino.
Situazioni assolutamente inimmaginabili in Italia.
E a quel punto, uno si chiede: perché? Abbiamo davvero esigenze di mobilitá cosí diverse? Abbiamo davvero tessuti urbani cosí diversi? Se questa forma di trasporto é davvero “inutile” e “antiquata”, perché i tram a nella regione di Darmstadt o nella Metropolregion Rhein-Neckar viaggiano sempre pieni di persone e di biciclette? Perché viaggiano anche di notte durante il weekend, carichi di adolescenti di ritorno dai locali? Perché cosí tante giovani famiglie qui si muovono solo con bicicletta + tram e decidono di non avere un’automobile, pur potendosela benissimo permettere? Perché qui invece di dismettere le tranvie, ne vengono costruite di nuove?
Io credo che la risposta a queste domande sia tutto sommato semplice: perché in Germania (cosí come in Svizzera, Austria, Olanda, Belgio, ecc..) se dai al cittadino un servizio che funziona, il cittadino lo usa volentieri e lascia l’auto a casa. Lo usa senza pregiudizi e senza remore, perché non é considerato un segno di inferioritá sociale usare il mezzo pubblico. Perché in Germania é normale uscire alla sera e prendere il tram per andare al ristorante, al Biergarten o a teatro, cosa che nell’hinterland milanese sarebbe pura fantascienza. Perché in questi paesi nessuno chiama il tram “SPOSTAPOVERI” (ridendoci pure sopra).
Forse in fondo, l’Italia va bene cosí, senza tram. Perché anche con le migliori tranvie del mondo sotto casa, gli Italiani andrebbero comunque in macchina.
Il caso vuole che questa sera, per ragioni varie e personali, io ed Hanna ci si trovi in Italia,nel nostro solito appartamento a Desio. Si tratta in realtá di una tappa intermedia del nostro viaggio di rientro in Germania (che avverrá dopodomani) dopo una vacanza in varie parti d’Italia e Svizzera. Vacanza che, al netto della penosa situazione delle autostrade Italiane, é andata abbastanza bene.
Sempre il caso vuole che la finale degli Europei cada proprio stasera. Mentre scrivo, dalla finestra arrivano lontani echi di fuochi di artificio, botti, trombette, clacson, urla, auto rombanti e caroselli. L’Italia ha evidentemente vinto la finale degli Europei a Wembley. Dico “evidentemente” perché non ho seguito la gara, ho approfittato di questa serata in quel della Brianza, dalla quale manco da tantissimo tempo, per vedere un amico di vecchia data e la sua famiglia; e a me del calcio da sempre fotte sega, soprattutto di fronte agli amici di una vita. E poi a dirla tutta, io ho altre passioni, io sono uno che é capace di guardarsi la diretta integrale della 24 ore del Nürburgring, ma del calcio onestamente me ne fotto da sempre, nazionale compresa.
Tuttavia, non ho potuto fare a meno di osservare, in questi giorni di Europei e di festeggiamenti, un fenomeno curioso e al tempo stesso desolante. Il “nazionalismo da Nazionale”.
Ho osservato come gli Italiani siano orgogliosi e fieri di essere Italiani solo di fronte ad una partita di Calcio. Come cantino l’inno di Mameli a squarciagola, versetto per versetto, con la mano sul petto, solo di fronte alla Nazionale di Calcio. E come siano pronti a scendere in piazza a festeggiare, ad abbracciarsi, ad essere tutti uniti, dopo una vittoria come quella di stasera.
Per poi tornare, domani mattina, a dimenticare tutto e ad essere gli Italiani di prima, gli italiani di sempre.
Quelli che “fanculo sto paese di emme”. Campanilisti fino al midollo e divisi come nessun popolo al mondo, pronti ad odiare quelli del Paese accanto solo per “principio”. Interessati solo a ció che é “loro” e disprezzanti al massimo di tutto ció che é “pubblico” e “comune” (perché tanto paga pantalone). Quelli che si vantano di avere “santi in paradiso” e di avere il conto corrente a San Marino. Cultori della furbizia e del “se non lo faccio io lo fará qualcun altro”.
Forse questa vittoria fará bene, perché per un po’ di tempo fará dimenticare a tutti come vanno le cose nel Paese. Fará dimenticare all’uomo della strada che l’inesorabile processo di impoverimento che lo vede involontario protagonista sta andando avanti. Distribuirá un poco di inebriante contentezza e di orgoglio nazionale, che andranno lentamente decadendo col passare dei giorni per poi diventare uno sbiadito ricordo di fine estate.
Certo che, se gli Italiani mettessero la stessa energia e lo stesso orgoglio e senso di appartenenza alla Nazione che sanno tirare fuori quando vince la Nazionale per protrestare contro la corruzione dilagante, contro l’inettitudine della nostra classe politica, contro il sistema del nepotismo e delle raccomandazioni, forse si potrebbe davvero sperare in un futuro.
Perché purtroppo ho diversi amici imprenditori, con cui ho parlato in questi giorni in cui ho girato diverse parti del Paese, e il quadro che mi hanno presentato é da incubo. Sono tristi, avviliti e disillusi, non hanno piú voglia di andare avanti. Ho richieste di aiuto e di consigli sull’espatrio sul mio blog a cui non riesco a stare dietro (a tutti quelli che aspettano una mia risposta chiedo di avere pazienza: dopodomani torno dalle ferie poi prometto che mi rimetto in moto per farvi avere un riscontro!).
Forse, come dice mio padre, sono stroppo pessimista. Forse le cose non vanno poi cosí male. Lo spero.
Ma a me i rombanti caroselli di questa sera ricordano tanto l’orchestra del Titanic. Che suonava, come nulla fosse, mentre la nave andava a fondo.
Ma l’importante é che abbiamo vinto. Va bene cosí.
Mi piacciono gli italiani, vanno alla guerra come fosse una partita di calcio e vanno a una partita di calcio come fosse la guerra…