Trasferimento all’estero in regola con il fisco: alcune cose da sapere (e da fare)

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Regolarizzare la propria posizione fiscale a seguito di un trasferimento all’estero è un passo importante, spesso sottovalutato, messo in secondo piano o addirittura dimenticato quando si decide di cambiare vita e cambiare Paese.
È comprensibile: si è presi da mille cose (il trasloco, i documenti, un nuovo lavoro, una nuova lingua, una marea di scartoffie da sistemare) e tra i moltissimi pensieri che si hanno nella testa generalmente non si immagina che una volta effettuata ufficialmente l’iscrizione all’AIRE (l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) viene automaticamente attivata una potente lente di ingrandimento sulla propria persona. La lente di ingrandimento in questione é tra le mani dell’Agenzia delle Entrate (da qui in poi AdE; l’omonima con il dio greco della morte non è, secondo me, casuale…) la quale si metterà immediatamente sulle vostre tracce per capire se vi siete davvero trasferiti oppure se state in realtà semplicemente cercando di frodare il fisco con una falsa residenza all’estero. La segnalazione all’AdE partirá direttamente dal vostro ex Comune di residenza, non appena effettuerà l’iscrizione ad AIRE per espatrio. Alcuni Comuni hanno accordi con l’Agenzia delle Entrate, tali per cui una percentuale delle eventuali imposte recuperate a seguito della segnalazione viene accreditata al Comune segnalante. Quindi se vi siete iscritti all’AIRE, state certi che la segnalazione è già partita.
Non pensate che il fatto di essere sempre stati lavoratori dipendenti e/o di non avere più redditi in Italia vi metta al sicuro. Sono proprio i profili “insospettabili” quelli che spesso vengono esaminati più a fondo in quanto a volte dietro di essi si celano i tanto ricercati evasori totali.
Comunque niente paura, per portarsi in zona di sicurezza è sufficiente informarsi a dovere e prendersi un po’ di tempo per sistemare burocraticamente alcune questioni.

So cosa state pensando (lo pensavo anche io) “Ma io non ho nulla da nascondere, in più sono sempre stato lavoratore dipendente, perchè dovrei temere controlli?”.
Dovreste.
Perchè allorquando, sbadatamente e in assoluta buona fede, lasciate qualche involontaria “traccia” la quale possa far nascere il sospetto che siete rimasti in Italia, l’AdE (attraverso il suo braccio armato noto col nome di Equitalia) vi invierá una bella cartella in cui contesterà la vostra residenza all’estero e sarete esortati a dichiarare i vostri redditi esteri pena un procedimento nei vostri confronti. Queste verifiche generalmente arrivano dopo minimo 5 anni dal trasferimento, quando ormai é troppo tardi per rimediare e ci siete dentro fino al collo.
In questo caso, anche se non avete nulla da nascondere, dovrete provvedere a dimostrare che vivete davvero all’estero: dovrete rivolgervi ad un avvocato, far preparare (costose) traduzioni giurate dei documenti che provano la vostra residenza all’estero (contratto di affitto, contratto di lavoro, bollette del gas, timbrature in Azienda, ecc..) e sarete costretti a investire tempo e soldi per diversi viaggi avanti e indietro dall’Italia per sistemare la questione.
Una seccatura che vi costerá qualche migliaio di euro, oltre che un mezzo travaso di bile per l’incazzatura.
Se davvero non nascondevate nulla, quasi sicuramente ne verrete fuori puliti, ma nel frattempo avrete dovuto metterci dei soldi (che difficilmente rivedrete) e del tempo (che magari avreste usato per andare in ferie).
Prevenire è meglio che curare, no?

Cominciamo quindi con qualche nozione legislativa di base.
La legislazione italiana pone tre condizioni per essere effettivamente considerati fiscalmente residenti all’estero:
– Iscrizione all’AIRE
– Avere passato più di 183 giorni nell’anno solare nel Paese estero di residenza fiscale
– Avere il proprio “centro degli interessi personali, familiari, professionali ed economici” nel Paese estero di residenza fiscale (altresì detto “Centro degli interessi vitali”)
L’ultimo punto è purtroppo assai volatile, nebuloso e interpretabile. Si tratta di una legge scritta male, e non è un caso. Permette in sostanza di contestare la residenza all’estero praticamente quasi a chiunque! Prendiamo un caso tipico: il ragazzo neolaureato che dopo il conseguimento del titolo di studio decide di trasferirsi e va a lavorare in Nordeuropa come dipendente di una società. Lavora all’estero come lavoratore subordinato, é iscritto AIRE ed è single, ma i suoi genitori e parenti sono tutti in Italia: il centro degli interessi professionali è all’estero, ma si potrebbe (teoricamente) contestare che il centro degli interessi personali e familiari sia rimasto in Italia.
Questo è un caso molto estremo, che nella realtà non accade praticamente mai; tuttavia vuole darvi un’idea di quanto interpretabili, flessibili e potenti sono gli strumenti normativi a disposizione dell’AdE per venirvi ad “accalappiare”. Ogni minimo appiglio può essere usato per contestarvi la residenza all’estero e far scattare la cartella.
In questo post cercherò di spiegare, in base alle mie esperienze degli ultimi tre anni nonchè alle informazioni che ho raccolto, come rimuovere tutti questi piccoli appigli e scongiurare così l’attivazione di un controllo nei vostri confronti. Sperando di risparmiarvi lunghe e annose ricerche perchè purtroppo l’argomento è una “zona grigia” in cui c’é molta confusione e spesso anche gli addetti ai lavori non sanno esattamente come rispondere.
In sunto, quello che leggete in questo articolo è il risultato di diverse chiacchierate fatte con avvocati, commercialisti, impiegati di banca, assicuratori ed altri expat che hanno avuto loro malgrado a che fare con AdE. Non ha pretese di esattezza ma vuole essere un aiuto o una linea guida generale per chi si trasferisce. Ma se il vostro caso é un po’ particolare e non sapete bene cosa fare, il consiglio é sempre di rivolgervi ad un commercialista o ad un avvocato.

Il problema generale é che prima si pensa a trasferirsi e solo poi si pensa a regolarizzare la propria situazione fiscale, a volte quando ormai è troppo tardi.
Tanto per cominciare, nell’anno successivo al trasferimento è buona cosa regolarizzare la propria dichiarazione dei redditi. Tuttavia non sempre è necessario.
Se possibile, il consiglio che do’ a tutti è: non trasferitevi a metà anno, ma fate coincidere il vostro trasferimento con l’inizio dell’anno nuovo. Mi rendo conto che questo non è sempre possibile e facile, ma vi eviterà una bella seccatura oltre che farvi risparmiare qualche soldo.
Se invece vi trasferite a metà anno, e avete avuto redditi sia in Italia che nel vostro nuovo Paese di residenza, allora la situazione si complica e dovrete fare la Dichiarazione dei Redditi. Nell’anno di trasferimento è la permanenza fisica nel nuovo Paese di residenza a determinare la vostra residenza fiscale: se siete stati più di 183 giorni in Italia, allora la vostra residenza fiscale è l’Italia, viceversa se siete stati più di 183 giorni all’estero allora la vostra residenza fiscale è all’Estero.
Determinare con esattezza la residenza fiscale è importante perchè se avete avuto redditi in due Paesi differenti, è nel paese di residenza fiscale che va versata l’imposta a conguaglio.

redditoestero

Nel caso di residenza fiscale in Italia, dovrete presentare il Modello Unico. Un commercialista vi puó aiutare con una spesa ragionevole. Se come nel mio caso siete sempre stati lavoratori subordinati, allora dovrete aggiungere ai redditi del vostro CUD quelli del Lohnsteuerbescheinigung tedesco; su questo nuovo reddito saranno ricalcolate le imposte dovute.
Per gli accordi internazionali contro la doppia imposizione fiscale, la Lohnsteuer tedesca (equivalente della IRPEF italiana) viene dedotta dall’importo dovuto insieme all’IRPEF che avete già pagato.
In ogni caso, stante il principio di progressivitá dell’imposta presente sia nell’IRPEF che nella Lohnsteuer, il nuovo importo dovuto sarà comunque maggiore della somme delle imposte già pagate quindi ci sarà sempre un conguaglio da versare all’Agenzia delle Entrate. Questa “rasoiata” sará tanto più dolorosa quanto maggiore é la differenza tra la vostra RAL italiana e quella tedesca (e se siete andati in Germania, immagino che difficilmente siete andati a guadagnare di meno).
Questo approccio vale non solo per la Germania ma, in linea di principio, anche per ogni altro Paese che abbia stipulato con l’Italia accordi contro la doppia imposizione fiscale.
Una domanda che mi viene posta spesso sull’argomento è: se ci si trasferisce a metà anno, fare la dichiarazione dei redditi è proprio necessario? La risposta è , lo è. Dovete chiudere il conto con l’Italia e pagare le imposte che dovete pagare. Conosco gente che ha fatto finta di niente e gli é filata liscia, si sono tenuti i soldi e non hanno mai avuto controlli, anche dopo i fatidici 5 anni. Ma ciò non signifca che sia giusto farlo. Se decidete di fate finta di niente e di non presentate la dichiarazione dei redditi, lo fate a vostro rischio e pericolo soprattutto considerando che, stando a quanto mi viene detto, negli ultimi anni complice il boom di iscrizioni all’AIRE i controlli sono stati notevolmente potenziati.

Se avete vissuto (e lavorato) in Italia per anni, sicuramente possedete un conto corrente bancario. Orbene, nel momento in cui spostare la vostra residenza all’estero, questo conto bancario deve essere chiuso e dovrete aprire un conto corrente bancario per non residenti. Questo é molto importante, perchè se tenete il vostro conto corrente così com’é, agli occhi dell’Agenzia delle Entrate potrebbe apparire che siete rimasti in Italia. Condizione che potrebbe fare scattare dei controlli su di voi, soprattutto se su questo conto la giacenza media non è trascurabile e vengono effettuate delle operazioni. Inoltre, mantenere un conto per residenti quando si ha residenza fiscale all’estero costituisce una violazione delle normative antiriciclaggio (niente panico, se ci si dimentica e si regolarizza qualche mese dopo, non succede niente).
Informatevi quindi al più presto con la vostra banca, chiedete di parlare con qualcuno preparato sull’argomento, perchè la maggior parte degli impiegati di banca se interrogati a questo proposito cadono dal pero. Non tutti gli istituti di credito offrono conti correnti per non residenti. In alcuni casi, quindi, potrebbe essere necessario chiudere il conto e aprirne uno nuovo presso un’altra banca.
Tenete ben presente che un conto corrente per non residenti non può essere cointestato con un vostro parente residente in Italia, ma è tuttavia possibile dare la delega. Quindi, se avete necessità di intrattenere rapporti economici con la vostra famiglia o se semplicemente volete che vostro padre/madre sia in grado di poter fare semplici operazioni sul vostro conto andando in banca, questo é possibile. Tuttavia tenete sempre conto che operazioni e movimenti bancari frequenti effettuati in Italia su un conto intestato ad un residente al’estero possono innescare dei sospetti. Il mio consiglio è quello di tenere un c/c in Italia solo se per ragioni importanti familiari e/o personali non se ne può davvero farne a meno.

Inoltre se possedete:
– Prodotti finanziari quali fondi, azioni, time deposit, ecc..
– Polizze vita
Dovete contattare il vostro intermediario e notificargli il cambio di residenza.
A seconda di quello che il vostro intermediario preferirà fare, potete cambiare il regime del fondo da Amministrativo a Dichiarativo, oppure rimanere in regome amministrativo e lasciare che il gestore del fondo adegui la tassazione di eventuali cedole, dividendi, interessi, ecc… al vostro nuovo Paese di residenza fiscale. Se invece Passate in Regime dichiarativo percepirete le rendite lorde e spetterà a voi dichiarare, nel vostro Paese di residenza fiscale, questi guadagni.

C’é inoltre una considerazione generale da fare che riguarda l’entità del vostro patrimonio in Italia. Se avete poche migliaia di euro sul conto e non fate quasi mai operazioni, generalmente non ci sono problemi. Ma se (fortunati voi!) avete un gruzzoletto di risparmi da parte e decidete di lasciarli in Italia su un conto a vostro nome, anche per non residenti, oppure in fondi/prodoti finanziari, tenete presente che l’Agenzia delle Entrate può facilmente contestarvi il “centro degli interessi economici” in Italia siccome state tenendo i soldi lì (se vivi all’estero perchè tieni i soldi in Italia?) e far scattare il controllo.
Il consiglio quindi rimane quello di portarvi via tutto, se non avete davvero esigenza di avere soldi in Italia; se avete dei soldi investiti o vincolati, lasciate che scada il termine previsto, e poi spostateli sul vostro C/C estero.

Il “centro degli interessi familiari” é un altro concetto importante che merita attenzione. Se con voi si è trasferita tutta la famiglia, o se vi siete felicemente fidanzati/sposati all’estero, allora potete stare relativamente tranquilli; non vi sono molte possibilità, per l’Agenzia della Entrate, di contestarvi il centro degli interessi familiari. Se gli unici parenti di primo grado che avete in Italia sono i vostri genitori, normalmente non vi è in questi casi contestazione del centro degli interessi familiari se risultate iscritti AIRE e conseguentemente fuori dal nucleo familiare.
Diverso è il discorso se vi trasferite all’estero a lavorare, avete famiglia e figli a carico, e vostra moglie/figli rimangono in Italia.
Se questa situazione é provvisoria (dura alcuni mesi/un anno, poi moglie e figli vi raggiungono all’estero) allora non dovrebbero sussistere grossi problemi, ma se questa situazione è invece permanente a tempo indeterminato, la contestazione del centro degli interessi familiari a parte dell’AdE è pressochè sicura ed é meglio sentire un fiscalista o un commercialista esperto per capire il da farsi. Molto probabilmente in questo caso dovrete pagare una parte delle imposte sul reddito in Italia siccome il vostro centro di interessi familiari è in Italia; meglio quindi mettersi in regola subito, piuttosto che aspettare una cartella esattoriale con annessi interessi e sanzioni…

Se avete una proprietà immobiliare in Italia, questa continua ad essere tassata in Italia.
Innanzitutto, nel momento in cui vi trasferite all’estero essa diventa seconda casa (anche se è l’unica casa di proprietà che avete) e quindi dovete pagare l’IMU. Questo vale sempre e comunque, indipendentemente da che cosa decidiate di fare dell’immobile. Non si scappa. È a mio avviso una grande ingiustizia (non è giusto, ad esempio, che chi lascia la propria casa in comodato d’uso come abitazione principale ad un genitore disoccupato debba pagarci una botta di IMU come seconda casa) ma purtroppo così è.
Se decidete di affittare la casa, dal punto di vista fiscale questo non vi crea grosse difficoltà, anzi: il fatto che abbiate messo in affitto l’immobile a voi intestato contestualmente al vostro cambio di residenza è una prova in più che siete davvero andati a vivere all’estero.
Se invece non rientra nei vostri piani dare la casa in affito (affittare in Italia è sempre un grosso rischio), dovete allora fare molta attenzione in alcuni casi: ad esempio se lasciate l’immobile nelle disponibilità dei vostri familiari e/o nell’appartamento in questione abita qualche vostro parente o congiunto. L’Agenzia delle Entrate difatti controlla i consumi di acqua, gas e luce degli appartamenti intestati a persone che vivono all’estero. Se quindi nella vostra casa viene regolarmente consumata acqua, luce, gas e la casa non è affittata, scatterà in automatico un controllo nei vostri confronti. Per regolarizzare questa situazione innanzitutto dovete fare sì che non vi sia nessuna utenza intestata a voi (va quindi intestata a chi ci abita), ma soprattutto, se avete lasciato l’appartamento nelle disponibilità di qualche vostro familiare o amico, consiglio di registrare presso il Comune un contratto di comodato d’uso gratuito tra voi e chi vive nella casa. La registrazione costa circa 200 euro, ma diventa una prova potente del fatto che voi non abitate più lì.
Questo è molto importante: deve esserci assoluta visibilità, per le autorità , che nell’immobile a voi intestato non ci vivete più voi ma ci sta qualcun altro.

Se invece decidete di tenere l’immobile, ad esempio per usarlo come “base” per quando rientrate in Italia a trovare i parenti o per le vacanze, sappiate che è una scelta rischiosa: tenete sempre ben presente che per un residente all’estero una casa di proprietà “vuota” in Italia, che non sia affittata o data in comodato a nessuno, costituisce sempre ragione di “sospetto” e se i consumi di elettricità e acqua sono “significativi” l’Agenzia delle Entrate potrebbe mettersi seriamente sulle vostre tracce. Sui consumi in verità ho provato ad informarmi, ma non ci sono numeri precisi a riguardo. Su molte pagine Internet è riportato il valore di 2 kW (che è assurdo: 2 kW si consumano in un giorno…) ma in realtà parlando con un paio di professionisti del settore mi è parso di capire che non esistono treshold ben definiti e si valuta caso per caso ma è assolutamente possibile, ad esempio, che stando in Italia due settimane per Natale si consumi un quantitativo di utenze acqua/luce/gas tali da giustificare una indagine fiscale.
C’è chi consiglia addirittura di pubblicare annunci di affitto o mettere la casa su AirBnB senza, ovviamente, rispondere a eventuali interessati che vi dovessero contattare oppure rispondendo che la casa non è più disponibile. Questo semplicemente per rinforzare la propria posizione nel dimostrare che si è davvero andati all’estero.

Se avete un contratto Telepass, vi consiglio di recedere e chiuderlo. Se proprio volete tenerlo, portatevi il trasponder con voi all’estero, legatelo al vostro C/C estero e utilizzatelo il meno possibile, ma soprattutto: evitate di fare la colossale ca**ata di lasciare il trasponder Telepass a qualche vostro parente in Italia che lo usa per andare in giro. Ho avuto modo di parlare con gente che (in assoluta buona fede) lo ha fatto e se ne é pentita amaramente.
Gli spostamenti Telepass rappresentano una delle principali fonti di informazioni per l’Agenzia delle Entrate nell’eseguire le sue indagini sui falsi trasferimenti all’estero. Un Telepass intestato a nome vostro che va in giro per l’Italia farà scattare  sicuramente un controllo fiscale! Se ai vostri familiari rimasti in Italia serve il Telepass, meglio che si aprano un nuovo contratto.
Tenete conto che (ad oggi) il sito Telepass non accetta un numero di telefono non Italiano e un indirizzo estero all’interno del profilo. Quindi anche se cercte di cambiare queste informazioni e aggiornarle, non siete in grado di farlo.

Lo stesso discorso vale per abbonamenti in piscina, palestra, iscrizioni ad associazioni culturali, benefiche, e ogni tipo di contratto (PayTV, Scheda SIM telefonica, Internet) a vostro nome che rimane in essere in Italia. Tutte queste attività sono controllate dall’Agenzia delle Entrate. Prima di trasferirvi, oppure entro non più di un anno dal trasferimento, assicuratevi di recedere da ogni contratto e chiudere ogni abbonamento che non sia assolutamente necessario.

Idem con patate per quanto riguarda eventuali veicoli a motore a voi intestati (auto o moto) con annessi contratti di assicurazione a vostro nome. Se avete ad esempio tenuto il vostro vecchio Phantom Malaguti in box in Italia per farvi qualche giretto in città quando rientrate da mamma e papà per il weekend (sempre che possa ancora circolare  viste le odierne normative anti-tutto), sappiate che è una pessima idea! La presenza in Italia di veicoli intestati è una potente causale per l’Agenzia delle Entrate per contestare le residenze fiscali all’estero.

Insomma, dovete tagliare il più possibile i ponti con l’Italia. Rimuovere quante più connessioni possibili tra voi e il Bel Paese è un passo necessario per evitare che possa partire una cartella di contestazione di redditi non dichiarati.

E se parte il controllo, cosa fare?
Ok, mettiamo che tutte le contromisure messe in atto non siano servite a nulla ed Equitalia sia venuta comunque a bussare alla vostra porta.
Il controllo può arrivare sotto forma di un questionario, di una serie di documenti da completare, o di un modulo da compilare per la dichiarazione die redditi esteri. In qualunque forma arrivi il controllo, non fate nulla senza prima esservi consultati con un fiscalista o con un legale! Si tratta di una fase delicata e dovete stare molto attenti a ciò che fate. Fatevi consigliare da chi ha competenza nel campo e andrá tutto per il meglio.
Fortunatamente, la presunzione legale di residenza fiscale in Italia da parte dell’AdE è solo “presunzione” quindi ammette la prova contraria.
Più documenti avete a provare la vostra effettiva residenza all’estero, minore sarà l’effort richiesto al vostro legale per tirarvi fuori da questa spiacevole situazione. In questo frangente ogni documento utile per dimostrare la vostra effettiva residenza all’estero diventa oro colato: il contratto di lavoro con specificata la sede di lavoro e l’orario previsto, un tabulato con le timbrature presso l’Azienda dove lavorate, la dichiarazione dei redditi presentata nel paese di residenza estera e la ricevuta di pagamento delle imposte estere – centrali o locali – , il contratto di affitto di un immobile ad uso abitativo, il contratto dell’energia elettrica, della fornitura di acqua, un contratto telefonico o scheda SIM estera, eventuali automobili a voi intestate con targa estera, le dichiarazioni scritte di persone con le quali vi sono rapporti di lavoro o anche solo di conoscenza, le tessere di associazioni sportive e culturali locali, gli scontrini della spesa presso supermercati nel vostro luogo di residenza, sono tutti documenti che è ottima cosa conservare perchè torneranno utilissimi nel caso in cui AdE decidesse di contestare la vistra residenza estera e avviare un accertamento fiscale nei vostri confronti. Quindi iniziate fin da ora e conservate tutto! Non si sa mai…
È tuttavia possibile che per alcuni di questi documenti venga richiesta una traduzione giurata. In questo caso diventa purtroppo necessario mettere ulteriormente mano al portafoglio.

L’ultimo consiglio che mi sento di dare, in questo frangente, é quello di affidarvi a persone competenti e assolutamente fidate: piuttosto spendete qualcosa in più, ma assicuratevi che chi vi  assiste nella vicenda (avvocato, fiscalista, commercialista, ecc..) sia una persona affidabile e che sappia il fatto suo.