Abfindung: la liquidazione in Germania. Come si calcola e quando viene pagata

È notizia di questi giorni che il grande piano di riduzione dei costi del personale del gruppo VW (e, ahinoi, non si tratta solo di VW purtroppo) sará strutturato su una serie di Aufhebungsverträge con relativo Abfindung, incluso anche un bonus per chi decide in fretta di andarsene.1

Cosa significano questi termini? Dell’Aufhebungsvertrag avevo giá parlato in questo articolo, mentre per quanto riguarda l’Abfindung, é necessaria una spiegazione aggiuntiva.

È noto infatti ai piú che in Germania nei rapporti di lavoro dipendente non esiste un accantonamento TFR (detto anche colloquialmente “liquidazione”) tuttavia ció non significa necessariamente che al termine del rapporto di lavoro non si possa ricevere somme compensative (anche importanti) dalla propria Azienda. Come ho giá spiegato nell’articolo sul licenziamento in Germania riguardo all’Aufhebungsvertrag, non sono rari i casi in cui i licenziamenti di personale dovuti a tagli o riorganizzazioni prevedano una somma in denaro per facilitare l’uscita dei dipendenti.

Quando si licenzia personale attraverso Aufhebungsvertrag viene sempre proposto come parte del contartto un Abfindung.

L’Abfindung é proprio la somma corrisposta al dipendente come corrispettivo per la risoluzione del rapporto di lavoro.
Vediamo ora a quanto ammonta e in quali casi viene erogata.

La base per il calcolo dell’Abfindung sono gli anni di servizio in Azienda e l’ammontare dell’ultimo stipedio lordo mensile.
La formula, di per se, é molto semplice:

Abfindung = [ Numero di anni in Azienda x Faktor x Ultimo Stipendio lordo ]

Il parametro Faktor varia generalmente tra 0,1 e 2 ed la sua variabiitá é legata alle particolari condizioni in cui avviene il licenziamento. È quindi molto volatile ed é legato allo specifico caso in cui ci si trova.

In linea generale, quando il Faktor é basso (tra 0,1 e 0,5) significa che sussistono valide e dimostrabili ragioni per giustificare il licenziamento (violazione di regole, negligenze, ecc..) e le possibilitá di successo da parte del dipendente nell’impugnare il licenziamento per vie legali sono assai basse. L’ Azienda dá in questo caso un contentino, al solo scopo di liberarsi del lavoratore indesiderato in fretta e senza possibili rogne addizionali.

Quando il Faktor é compreso tra 0,5 e 0,9 si tratta in genere di situazioni in cui non vi sono state negligenze o violazioni che legittimino un licenziamento per giusta causa, quanto invece dissapori e/o screzi tra la persona interessata e l’Azienda, sotto forma di questioni organizzative, strategiche, personali, etc… si tratta di situazioni, quindi, in cui entrambe le parti sono piú o meno equamente interessate a dirsi addio.
L’Azienda concede quindi un Abfindung piú alto, allo scopo di mettersi al riparo da possibili noie legali quali una eventuale causa.

Quanto il Faktor inizia a diventare elevato (tra 0,9 e 1,5) si entra nel novero dei licenziamenti “nothing personal, just business“.
Riorganizzazioni, tagli, eliminazione di intere BU, cambi di strategia aziendale: diverse sono le ragioni per le quali una Azienda puó decidere da un giorno all’altro di liberarsi di un lavoratore, anche quando si tratta di figure professionali molto performanti e skillate.
In questi casi l’Azienda arriva a offrire cifre elevate, sapendo che nel caso il dipendente decidesse di difendersi legalmente con una Kündigungsschutzklage, avrebbe con ogni probabilitá la meglio sull’Azienda. Questo proprio perché tanto piú un professionista dispone di skill e competenze di primo livello (soprattutto quando sono molto “orizzontali”), tanto piú difficile diventa per l’Azienda dimostrare che non ha al suo interno nessun ruolo/mansione alternativo da proporgli. Un eventuale “good track” di performance aziendali passate gioca anch’esso un ruolo.

In alcuni calcolatori online il Faktor arriva fino a 2. Si tratterebbe tuttavia di una assoluta raritá, davvero un caso estremo. Per esempio, se una Azienda volesse a tutti i costi lasciare a casa una lavoratrice incinta oppure un membro del Betriebsrat.

Aspettare un Abfindung o andarsene prima?

La domanda legittima da porsi a questo punto, é cosa fare quando si ritiene di essere “in odore” di possibile licenziamento? Come procedere se c’é il sentore di una “riorganizzazione” che ci vedrebbe tra i probabili perdenti?
Iniziare a cercare un nuovo impiego e andarsene via una volta dopo averlo trovato, oppure aspettare un eventuale Aufhebungsvertrag e andarsene intescandosi l’Abfindung?

La domanda non é facile e temo di non avere una risposta secca.

Io so di gente che si é portata a casa degli Abfindung in Sechstellige Bereich e che in due mesi aveva giá un altro lavoro. Una figata, vero?
Ma so anche di gente che una volta portatasi a casa l’Abfindung poi non é riuscita a trovare nulla, é caduta in depressione e ha avuto grosse rogne.

Si sa che é molto meglio cercare lavoro quando si ha giá un lavoro: questo migliora il proprio atteggiamento, rende piú sereni e dá anche un potere contrattuale maggiore.
Cercare lavoro quando si é a casa disoccupati é una situazione che porta con sé grande ansia e incertezza ma soprattutto distrugge la propria posizione contrattuale in termini di salario.

Io fortunatamente non mi sono mai trovato in questo genere di situazione, quindi non so con esattezza cosa farei. Ma penso che cercherei di andarmene prima.
L’Abfindung lo vedo come una scommessa: lo intasco e se mi va di lusso, in due mesi ho il lavoro e ho fatto l’affare. Se va male peró… boh.
Nella vita mi sono preso qualche rischio, ma questo sarebbe troppo. Soprattutto adesso che ragiono da padre.
Magari 10 anni fa l’avrei pensata diversamente.

  1. https://www.faz.net/aktuell/wirtschaft/unternehmen/vw-mitarbeiter-sollen-mit-abfindung-gehen-stellenabbau-in-wolfsburg-19655280.html ↩︎

Inkasso: debitori in Germania. Meglio pagare sempre puntuali e non prendere sottogamba il recupero crediti…

Per alcuni sono un vero e proprio incubo: sono le Inkassounternehmen, o Inkassofirmen, ovvero le imprese di recupero crediti, un business da circa 3 miliardi di euro all’anno in Germania1. Ogni volta che vi dimenticate di pagare qualcosa o intenzionalmente omettete un pagamento, potete stare certi che il vostro creditore metterá immediatamente una Inkassounternehmen sulle vostre tracce. E in quel caso, c’é solo una cosa che consiglio caldamente di fare: pagare.

A differenza dell’Italia, che é un autentico paradiso per cattivi pagatori, in cui tutti pagano quando gli pare e se gli pare, grazie a un sistema giudiziario lento e ferragginoso dove l’affermazione provocatoria “fammi causa!” risulta molto piú minacciosa e da prendere sul serio rispetto al classico “ti faccio causa”; in Germania l’affermazione “ich werde Sie verklagen” (io le faró causa) va presa molto ma molto seriamente. Perché potete stare certi che se vi ostinate a non pagare nel giro di pochi mesi ci sará un provvedimento esecutivo forzato (Zwangsvollstreckung) attivo nei vostri confronti e quando andrete a prelevare al bancomat avrete una simpatica sorpresa.

Basta anche un debito di pochi Euro per trovarsi a che fare con dei mal di testa importanti. Quindi é bene fare molta molta attenzione.

Andiamo con ordine con un piccola spiegazione esemplificativa.

Supponiamo di avere effettuato un piccolo acquisto con la nostra carta di debito (EC-Karte), diciamo un paio di caffé e una brioche presso una delle tante Bäkerei delle note catene Tedesche. 5 Euro o poco piú. Siccome per un disguido in quel mese il nostro stipendio é arrivato con un paio di giorni di ritardo, il conto era in negativo quindi l’addebito non é andato a buon fine.
La prima cosa che ci arriverá, nel giro di un mesetto, é una lettera dal gruppo titolare della Bäckerei in cui ci viene chiesto di regolare il pagamento. In genere (ma dipende dalle Aziende) questa prima lettera é amichevole, non ci sono costi extra (se ci sono sono limitatissimi) e permette di regolarizzare la posizione senza il minimo problema. Se non reagiamo a questa lettera, seguirá un “letzte Mahnung” (ultimo avvertimento) in cui veniamo esortati a pagare prima che venga attivata una Inkassounternehmen.
Attenzione peró: questo primo step dipende dalla Policy che segue il vostro creditore. Alcune Aziende saltano questo passaggio e ingaggiano direttamente una Inkassofirma!
La lettera della Inkassounternehmen seguirá a breve, in cui ci verrá nuovamente richiesto il pagamento della cifra, piú gli interessi debitori e la Inkassogebuhr (commissione di incasso).
Questo é il momento in cui, se non ci si dá una mossa a pagare, la cifra puó iniziare a lievitare come una pasta madre napoletana. Per il nostro debito di 5 Euro infatti la Inkassogebuhr della Agenzia di recupero crediti puó giá essere tra i 10 e i 30 Euro.
Se ignoriamo la prima lettera, ne arriverá una seconda, nella quale la Inkassogebuhr si sará ulteriormente gonfiata (potremmo giá essere arrivati a 40 o 50 Euro) e verremo avvisati che, in caso di mancato pagamento entro N giorni, il provvedimento sará passato alle vie legali (übergabe der Forderung an Rechtsanwalt / Rechsabteilung).
Le Inkassofirma autorizzate a operare sul suolo Tedesco hanno infatti un loro ufficio legale o uno studio legale in partnership, attraverso il quale possono avviare lo step successivo, ovvero adire le vie legali contro di voi.
A quel punto, la questione finisce in tribunale, e per la precisione al Mahngericht , ovvero a un tribunale specializzato per le questioni debitorie. Questi é responsabile per l’invio dei Mahnbescheid (una volta erano chiamati Zahlungsbefehl) che sono ordini di pagamento con valore legale.
Se si riceve un Mahnbescheid, sinifica che il nostro creditore fa sul serio; é buona cosa attivarsi subito e pagare. Oltre ai costi della Inkassounternehmen si aggiugeranno quelli del tribunale e dell’avvocato, e facilmente avremo giá superato il centinaio di Euro. Ma la cosa finisce lí.
Se ignoriamo il Mahnbescheid e ci ostiniamo a non voler pagare, il tribunale renderá il provvedimento esecutivo con un Vollstreckungsbescheid. A questo punto, il provvedimento esecutivo forzato (Zwangsvollstreckung) nei nostri confronti é partito e non c’é piú nulla che possiamo fare per evitare di finire davanti a un giudice. Il magistrato puó ora pignorarci il conto in banca, lo stipendio, o qualunque cosa possa essere usata per ripagare il nostro creditore.
Come ci si accorge se un provvedimento di Vollstreckungsbescheid é in forza? Oltre alla raccomandata dal Mahngericht, é assai probabile che sia stato informato il nostro datore di lavoro e gli sia stato ordinato di trattenere una determinata cifra dallo stipendio, inoltre con ogni probabilitá non appena andremo in banca per prelevare del contante, il bancomat tratterrá la nostra EC-Karte e non ce la restituirá, mentre a video vedremo comparire la notifica che il nostro conto in banca é stato messo sotto sequestro dal magistrato competente e vige un Auszahlungsverbot (divieto di prelievo).

Tutto questo per una brioche e due caffé. Questo processo puó durare da 6 / 9 mesi a un paio di anni, dipende da quanto é indaffarato il Mahngericht. E se vi sembra incredibile, sappiate che non lo é (a fine articolo vi posto il link)2.
Come ho giá spiegato in un altro articolo qualche anno fa, la mentalitá e l’approccio culturale circa il rispetto delle regole (e la tolleranza verso che non lo fa) é molto diversa in Germania rispetto all’Italia. E lo é anche l’approccio verso chi non paga.

Storie del genere purtroppo non sono rare nella Germania di oggi. Soprattutto i giovani e le nuove generazioni, tramite strumenti come Klarna, Paypal Ratenzahlung, Onlinezahlung auf Rechnung, etc.. sono molto inclini a indebitarsi per comprarsi tutto quello che vogliono. La “vecchia” cultura Tedesca del non fare debiti é ormai retaggio delle generazioni precedenti. Compra qui, compra lá, trovarsi con l’acqua alla gola diventa questione di un attimo.
C’é poi naturalmente chi fa fatica per davvero, e non riesce a far fronte a tutte le spese.
E in tutte queste situazioni le Inkassofirmen ci sguazzano.

Che fare se arriva una lettere da una Inkassounternehmen?

Parliamoci chiaro, dimenticare un pagamento puó succedere a chiunque. Soprattutto quando si acquista online con fattura a 30 giorni. Puó quindi capitare di trovarsi ad avere a che fare con una Inkassofirma.
Assicuratevi innanzitutto che la richiesta di pagamento sia legittima. C’é qualcosa che vi siete dimenticati di pagare? Una fattura che vi era sfuggita? Pensateci bene.
Se qualcosa non vi torna, controllate bene la lettera e accertatevi che sia autentica. Fate una ricerca su Internet e assicuratevi che la Inkassofirma esista davvero. Non chiamate numeri di telefono a pagamento ma inviate una raccomandata all’indirizzo indicato. Se infatti non vi risulta di aver dimenticato di pagare nulla, non é escluso si tratti di un tentativo di truffa. 3
Tuttavia a volte la richiesta puó essere legittima anche se non avete “dimenticato” nulla. In alcuni casi (ad esempio, se siete passati dalla Pedemontana Lombarda in Italia) vi potreste trovare nella cassetta delle lettere delle missive da parte di Inkassofirmen anche se non avevate nessuna fattura da pagare.

Se la richiesta é verificata e legittima, in quel caso il consiglio é quello di pagare. Non fate l’errore di pensare che lasceranno perdere solo perché si tratta di pochi Euro.
Andranno fino in fondo, dovesse volerci anche piú di un anno, fino al provvedimento esecutivo e al pignoramento. Nel frattempo la cifra incrementerá spaventosamente e per pochi Euro dovrete alla fine sborsarne diverse centinaia, con in piú la seccatura del bocco del conto corrente e della segnalazione allo Shufa (il vostro punteggio Shufa verrá infatti segnato da questa disavventura).


Quanto possono essere alte le commissioni di una Inkassofirma?

Gli Inkassogebühren che una agenzia di recupero crediti puó richiedere in Germania sono regolati dalla legge. Per importi inferiori ai 50 Euro (ad esempio i 5 Euro di cui scrivevo poc’anzi) la massima commissionie di incasso applicabile é proporzionamente molto alta: Si parla infatti di 27 Euro.
(Questo puó dare un’idea di come queste Inkassounternehmen facciano palate di soldi con le piccole dimenticanze della gente).
Per importi piú alti la cifra, proporzionalmente, si riduce: ad esempio per un debito di 150 Euro una Inkassofirma puó chiedere da 44 a 63 Euro.
Dovesse arrivarvi qualche lettera di Inkassofirmen con richieste superiori, queste possono essere impugnate legalmente. Quindi se gli Inkassogebühren vi sembrano spropositati, informatevi o fate eventualmente vedere la lettere a qualcuno esperto nel settore o un avvocato. Ci sono stati casi di lettere di Inkasso in cui si chiedevano 300 Euro di Inkassogebühren per 100 Euro di fattura non pagata: sono state impugnate e annullate.

Multe o pedaggi dall’Italia

Per noi Italiani con residenza in Germania, che spesso e volentieri visitiamo la famiglia o facciamo vacanza nello stivale, una situazione che puó portare allo spiacevole incontro con Inkassofirmen Tedesche sono eventuali pedaggi non pagati o contravvenzioni prese in Italia.
Molti Comuni Italiani localizzati in zone di confine (ad esempio nel comasco o in Sudtorilo) o in zone turistiche molto frequentate da Tedeschi (Lago di Garda o Lago Maggiore) hanno stipulato convenzioni con Inkassofirmen Tedesche per recuperare le multe non pagate. Similmente, anhe le societá che gestiscono strade a pedaggio, come la Societá Autostrade, si appoggiano a Inkassofirmen Tedesche.
È quindi possibile ricevere lettere da parte di agenzie recupero crediti Tedesche, che dietro mandato di un ente o di societá Italiana, esigono di riscuotere delle somme. In genere l’arrivo di queste lettere é abbastanza dilazionato nel tempo, in quanto il processo di risalire dall’Italia al nostro nome/indirizzo attraverso la nostra targa tedesca puó richiedere tempo. Quindi diventa anche difficile ricordarsi dove e come siamo potuti incorrere nell’inghippo.
In alcuni casi la prima missiva proviene da una Agenzia di recupero crediti Italiana. Solo nel caso questa venga ignorata, viene attivata la Inkassofirma Tedesca (che ha autoritá per adire le vie legali in Germania).

C’é tuttavia un importante cavillo da tenere ben presente!
Un Ente pubblico (quindi ad esempio un Comune Italiano) non puó avvalersi di una Inkassofirma privata (indipendentemente dal fatto che sia Tedesca o Italiana) per riscuotere una multa o una contravvenzione all’estero. Questa pratica puó essere impugnata da un avvocato e i costi di Inkasso possono essere fatti decadere. 4
Molti Tedeschi (e Italiani) tuttavia non lo sanno e quindi pagano. Per questo questa pratica, nonostante sia impugnabile, continua ad essere molto usata.
Infatti é solo il Bundesamt für Justiz che puó farsi carico della riscossione e dell’eventuale Zwangsvollstreckung di una multa non pagata in Italia. Questo é stabilito da un accordo Europeo in vigore dal 2004.
Essendo peró che questa via é decisamente piú lunga rispetto all’ingaggio di una societá privata, quasi sempre il primo tentativo viene fatto attraverso una Inkassounternehmen.

Attenzione peró: quanto scritto poc’anzi vale per le multe e le contravvenzioni elevate da Enti pubblici, ma non vale per i debiti nei confronti di Aziende private come ad esempio la Societá Autostrade nel caso di un pedaggio non pagato. Queste hanno tutto il diritto di far valere il loro credito tramite una Inkassofirma, e in quel caso non c’é nulla da fare se non … pagare.

  1. https://de.statista.com/prognosen/400549/inkassobueros-und-auskunfteien-umsatz-in-deutschland ↩︎
  2. https://www.verbraucherzentrale-brandenburg.de/pressemeldungen/presse-bb/konto-gepfaendet-wegen-10-euro-64480 ↩︎
  3. Qui c’é un interessante pagina con una checklist per verificare se una lettera di Inkasso é autentica: https://www.verbraucherzentrale-brandenburg.de/wissen/geld-versicherungen/kredit-schulden-insolvenz/inkasso-so-erkennen-sie-unserioese-forderungen-10871 ↩︎
  4. https://www.adac.de/verkehr/recht/bussgeld-punkte/ausland/strafzettel-ausland/ ↩︎

Auswanderung: anche la Germania ha un problema emigrazione (ma se ne parla pochissimo)

Il Dottor Buddenberg

Il cartello troneggia sulla porta dell’ambulatorio, l’annuncio è di quelli che non ti aspetti “Die Kinderheilurkunde Praxis Dr. Buddenberg wird am 15.12.2023 schließen.” “Wir bitten alle unsere Patienten und die Eltern an die Pforte sich zu Melden, um die Zuordnung einer anderer Praxis durchzuführen“.
L’ambulatorio pediatrico chiuderá a fine anno, i genitori dei piccoli pazienti devono rivolgersi alla segreteria per avere indicazioni per l’assegnazione ad un nuovo pediatra. Oltre che una amara sorpresa é anche una discreta rogna, perché qui trovare un pediatra che accetti di prendere in carico altri bambini é una impresa.

È un mezzo tuffo al cuore. Il Dr. Buddenberg è il nostro pediatra da soltanto due anni, ma ci siamo trovati sempre benissimo. Insegna all’università ad Heidelberg ed ha diversi anni di esperienza di volontariato in paesi disagiati. Una persona molto competente e molto spigliata, che ci sa fare coi bimbi.

Quella di Ottobre é quindi la nostra ultima visita di controllo con il Dottor Buddenberg. Prima di congedarci dal Dottore, alla nostra domanda su come mai la Praxis viene chiusa, la risposta è ancora più quella che non ti aspetti:

Es tut mir leid, aber ich habe einfach die Nase voll von Deutschland

Tradotto: “ne ho le p@//e piene della Germania

Il Dr. Buddenberg ha deciso di chiudere il suo ambulatorio nella Bergstraße, e si trasferirà in Svizzera, vicino a Zurigo. Lì aprirá la sua nuova Praxis.

È stanco di essere soffocato dalla burocrazia,  di pagare imposte sul reddito altissime, di avere a che fare con leggi e regole assurde che gli mettono ogni genere di bastone tra le ruote nello svolgimento del suo lavoro. Ed é convinto che la Germania sia un paese finito, governato da una classe politica che vive fuori dalla realtá e che lo sta portando alla rovina.

Ich habe keine Ahnung, wieso Sie hier gekommen sind

Non ho idea del perché voi dall’estero venite proprio qui, dice il Dottore rivolto a me e ad Hanna.

Diana

Diana riveste il ruolo di Global Key Account Director e nonostante sia poco piú che trentenne é giá nel pieno di una carriera folgorante. Oltre che essere indubbiamente intelligentissima e brillante, fa parte di quella categoria di persone che sembrano avere energie infinite e non riesci a spiegarti come diamine riecono a fare tutto quello che fanno.
È capace di lavorare le canoniche 8 ore al giorno, badare ai suoi 2 figli piccoli, frequentare un MBA alla Mannheim School of Business e partecipare regolarmente a gare di triathlon. Tutto insieme.

Il fulmine a ciel sereno é che Diana ha rassegnato le dimissioni pochi giorni fa. Ha accettato un ruolo in USA e tra un mese si trasferirá oltreoceano con la famiglia. La sua Azienda fa di tutto per trattenerla, compreso rilanciare sulla sua (giá elevatissima) retribuzione; ma non c’é nulla che possono fare perché l’obiettivo di Diana, esattamente come per il Dott. Buddenberg, é andarsene dalla Germania.

Diana é stufa di vedersi decurtare quasi il 50% della sua busta paga tra imposte e contributi sociali e ricevere in cambio servizi di qualitá sempre piú scadente. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso é stata la decisione del governo in carica di togliere il sussidio Elterngeld alle famiglie con piú di 150.000 Euro di Bruttogehalt ( il limite precedente era 300.000 Euro).

Die Leistungsbringer werden bestraft, die Nichtarbeit wird belohnt” “Deutschland hat sich zum Wahnsinn entwickelt

Diana, come tantissimi suoi connazionali, é frustrata e imbestialita per la piega che ha preso la Germania, colpevole a suo modo di vedere di essere un paese che elargisce con leggerezza ricchi sussidi a tutti quelli che non vogliono lavorare, mettendo nel contempo ogni genere di bastone tra le ruote a coloro che si danno da fare, punendoli con tasse e contributi sociali elevatissimi per redistribuire i loro redditi ai nullafacenti.
Un paese in cui “lavorare sodo e impegnarsi non conviene piú”.

Diana é dispiaciuta di lasciare il paese in cui é nata e cresciuta. Ma non ha dubbi: la sua vita, privata e professionale, non é qui in Germania.

260.000 Tedeschi se ne sono andati nel 2022

Diana e il Dottor Buddenberg1 sono due casi abbastanza eclatanti di Auswanderung in cui mi sono imbattuto personalmente negli ultimi mesi. La cosa che colpisce é che si tratta di persone di elevatissima qualificazione, molto colte e di ceto assai benestante. Gente che stava giá benone e che di andarsene, in realtá, non ne avrebbe avuto questo grande bisogno.

Le statistiche sono impressionanti: nel 2022 hanno cancellato la residenza per espatrio piú di 260.000 Tedeschi. Dal 2016 in poi il numero di Tedeschi espatriati é stato sempre superiore a 200.000 all’anno. Interessante poi notare come piú del 60% dei Tedeschi che lascia il Paese abbia etá compresa tra i 25 e i 39 anni, ovvero sono giovani adulti nel pieno della loro etá lavorativa, nel momento di massimo entusiasmo ed efficienza2.

Esattamente come l’Italia, anche la Germania perde attraverso gli espatri molti tra i suoi cittadini piú preparati, piú volenterosi e piú brillanti. Che vanno ad arricchire altri Paesi che li accolgono a braccia aperte. Le prime destinazioni sono l’Austria e la Svizzera: promettono elevata qualitá della vita, alti stipendi, meno tasse e soprattutto, nessuna barriera linguistica.
Vi sono poi Lussemburgo e Danimarca in UE e, fuori dall’Unione, la sempreverde economia USA, con elevatissimi stipendi per profili qualificati e trattenute che sono solo una piccola frazione di quello che si paga in Germania.3
Ci sono poi mete come Spagna e Portogallo (e, in misura minore, anche l’Italia) che sono molto gettonate dai pensionati e dai nomadi digitali.

Contrariamente all’Italia, peró, dove il tema della “fuga dei cervelli” é un sempreverde costantemente dibattuto, in Germania della questione emigrazione si parla sorprendentemente poco, nonostante i numeri davvero allarmanti.
Se mi si permette una opinione, credo che questo silenzio sul tema abbia a che fare con la natura di questa emigrazione. Che a me pare essere, piú che una emigrazione di necessitá, una emigrazione di protesta e di frustrazione. Protesta contro le politiche del Governo attuale e di quelli passati, contro le tasse altissime, contro l’immigrazione quasi incontrollata, contro il declino a cui questa Germania sta andando incontro.
Potrebbe non essere un caso, che i numeri dell’emigrazione tedesca siano esplosi proprio a partire dal 2016, ovvero dall’anno seguente all’inizio della grande Wilkommenspolitik merkeliana, poi proseguita dalla coalizione Ampel.

Questa situazione porta al controverso risultato di una Germania in cui si discute continuamente su come attrarre Fachkräfte (figure specializzate) attraverso l’immigrazione, ma non si fa assolutamente nulla per trattenere le figure (ancora piú specializzate) che giá sono qui e che oni giorno contribuiscono al successo del paese. E ancor meno si fa per farle rientrare: se in Italia infatti é in vigore da tempo un incentivo fiscale per il rientro degli Italiani all’estero (seppure grandemente ridimensionato dal governo Meloni) in Germania non esiste nulla di simile.
Sembra di vedere pari pari quelle Aziende che spendono cifre importanti nei Talent Acquisition Managers e nel contempo non muovono un dito per prendersi cura e fare retain dei talenti che hanno giá in casa, lasciandoli adare via senza pensarci due volte. A volte é semplicemente mancanza di lungimiranza e mal gestione, a volte é moda (“Talent Acquisition Manager” suona figo e si vende bene agli investitori), a volte peró é un preciso piano: rimpiazzare i propri talenti “vecchi” con talenti “nuovi” e che costano meno.

La domanda che mi porgo a questo punto é se quello che vediamo accadere oggi in Germania sia semplice malgestione.. o sia forse un piano.
Perché se é un piano, a me sembra quantomeno suicida. Ma io non sono un Talent Acquisition Manager quindi molto probabilmente mi sbaglio.

  1. Nomi di fantasia per proteggere la privacy degli interessati ↩︎
  2. https://www.agrarheute.com/management/recht/fachkraefte-hunderttausende-deutsche-wandern-gruende-608481 ↩︎
  3. https://www.fr.de/wirtschaft/gebildete-deutsche-verlassen-das-land-und-kehren-zurueck-zr-92765224.html ↩︎

Tedeschi e Italiani: stili lavorativi a confronto (introdotto con una storia vera)

Un tranquillo venerdí di paura ad Heidelberg: il proposal da consegnare ad ogni costo

La nostra storia ha quattro personaggi:

  • Klaus, il Global Project Direcor
  • Timo, Project Engineer
  • Benjamin, Project Engineer
  • Giovanni, Project Engineer

Questa storia inizia un venerdí mattina presto, quando all’arrivo in ufficio il team trova una email urgente proveniente dalla filiale statunitense, ricevuta la sera prima alle 22.
Uno dei Sales Engineer americani ha ricevuto da un importante cliente un RFP (Request for Proposal) per un impianto, un lavoro da diversi milioni di dollari. Wow! Problema: la deadline per la consegna dei proposal é domani. Cioé oggi.
È quindi necessario trovare un PE che si occupi di leggere la RFP, analizzare i requisiti, preparare una architettura di massima, calcolare i costi e mettere insieme una budgetary quote (una quotazione ufficiale richiederebbe troppe approvazioni) e un documento Technical proposal“, il tutto entro sera.
Klaus non ha dubbi: questo é un lavoro che deve essere assolutamente gestito da uno dei suoi PE di punta ovvero Timo, Benjamin o Giovanni. Si trova peró di fronte a un problema non da poco: a chi chiedere di occuparsi di questa mega urgenza da avere tassativamente pronta entro sera?

Timo é il PE con piú anzianitá nel team, ha molta esperienza, un grande senso pratico ed é un autentico rullo compressore: si butta a testa bassa nel lavoro e riesce risolvere in fretta praticamente qualunque problema. Conosce benissimo l’azienda, le persone, i processi, su di lui si puó sempre contare se si vuole un lavoro fatto bene e in tempi consoni. C’é solo un problema: Timo é sí un rullo compressore, ma lo é soltanto dalle 6:30 alle 15:00. Alle 15:03 sta giá pedalando verso casa per andare a godersi il suo Feierabend. Timo lavora le sue 35 ore settimanali poi é rigorosamente offline: inutile cercare di raggiungerlo cosí come é inutile chiedergli di fermarsi piú a lungo, la risposta sará sempre NEIN. Klaus sa quindi che nel caso affidasse il lavoro a Timo, questi alle 15:00 mollerá tutto e se ne andrá a casa, che il lavoro sia finito oppure no. Sopprattutto considerando che oggi é venerdí. E sa anche bene che persistere é inutile quando non controproducente, perché Timo sul tema é intransigente e insistere nel chiedergli di fare Überstunden significa farlo anche parecchio inca**are.

Benjamin é arrivato qualche anno fa da München ed ha un background accademico di ricerca. È molto preciso, puntiglioso e gli piace consegnare lavori impeccabili dal punto di vista tecnico. Non é intransigente come Timo in fatto di orari, gli si puó di tanto in tanto chiedere di fare qualche ora in piú quando la situazione lo richiede, senza ricevere proteste. Benjamin tuttavia fa subito notare a Klaus che per preparare un simile Proposal in conformitá agli standard di qualitá dell’azienda serve come minimo una settimana; un giorno non puó bastare assolutamente, a meno di consegnare una schifezza. Benché per Klaus l’importante sia avere assolutamente entro sera qualcosa da consegnare, pur di ottenere la partecipazione al tender (per dirlo all’Italiana: va benissimo anche se fa schifo, l’importante é avere in mano qualcosa), Benjamin si rifiuta. Ritiene assolutamente non professionale consegnare un documento arraffazzonato, messo insieme in appena un giorno, e non vuole che un lavoro di cosí bassa qualitá porti il suo nome. Per Benjamin, senza avere i tempi giusti per consegnare un lavoro, il lavoro non si fa. Punto.

Giovanni é un expat Italiano in Azienda da un paio di anni in piú di Benjamin e viene da Milano. È il campione di flessibilitá, delle ore straordinarie e delle mission impossible in cui bisogna mettere una pezza all’ultimo momento per salvare il salvabile. Klaus non ha dubbi: è Giovanni l’uomo giusto. Sa che si butterá a capofitto nell’impresa e non esiterá a passare la giornata in ufficio fino a sera tardi pur di mettere insieme il documento di partecipazione al tender e spedirlo ai colleghi americani.
Klaus stesso rimane ancora oggi stupito dagli orari di lavoro di cui é capace Giovanni, che in un paio di casi hanno anche rischiato di inguaiarlo con il Betriebsrat, dopo che Giovanni era stato visto da alcuni turnisti ancora in ufficio alle 20. Ma a Giovanni tutte queste ore sembrano proprio non pesare affatto, anzi é stato egli stesso a spiegare piú di una volta a Klaus che lui ha lavorato tanti anni a Milano e che da quelle parti lavorare in perenne urgenza, stare in ufficio fino a tardi e vedersi costantemente caricati di compiti con tempi di consegna impossibili é l’assoluta normalitá. Quindi per lui task del genere sono ordinaria amministrazione.

Cosí alle 8 del mattino la missione impossibile é giá sulla scrivania di Giovanni, il quale dopo aver smosso mari e monti, telefonato a mezzo mondo, fatto impazzire i colleghi del Dispo, perseguitato fornitori e lavorato a testa bassa saltando il pranzo, poco prima delle 20 ha finalmente pronti Budgetary quote, Scope of the system, Rough production and delivery plan e Technical proposal, e i PDF sono felicemente in partenza come allegato email verso gli States.

Commenti e riflessioni

Seppur con nomi e situazioni al contorno di fantasia, questa storia riprende vicissitudini assolutamente reali che ho vissuto piú di una volta in prima persona nei miei ormai 8 anni di Germania.
In questa storia ho presentato i due archetipi piú comuni del lavoratore di ufficio Tedesco: il Tedesco “Feierabend” ovvero Timo, e il Tedesco “Pignolone” ovvero Benjamin.

Il Tedesco Feierabend é il classico Tedesco a cui cade la penna al termine dell’orario di lavoro stabilito a contratto. Non un minuto di piú: qualunque cosa ci sia da fare, si continua domani. Che siano 35 o 40 ore a settimana, che abbia iniziato alle 6 del mattino o alle 9, lui allo scadere delle ore contrattuali se ne va.
Nonostante l’ampia flessibilitá offerta da molte discipline di orario in vigore negli uffici Tedeschi, il Tedesco Feierabend é molto rigido e inflessibile quando si tratta di andare a casa a godersi il suo Feierabend, e guai a chi osa mettersi di mezzo.
Che si tratti di tornare a casa dai figli, di mettersi a fare giardinaggio, di sbattersi sul divano davanti alla TV o di andare in birreria con gli amici, il Tedesco Feierabend non gradirá alcuna intrusione da parte del capo o di colleghi che gli chiedono di fermarsi piú a lungo: di fronte a insistenza, non esiterá a rivolgersi al Betriebsrat e denunciare di essere stato messo sotto pressione dal proprio responsabile dietto o da qualche capo progetto che gli hanno chiesto di fare Überstunden.
Ció non significa che il Tedesco Feierabend sia un pelandrone, sia chiaro. Il piú delle volte si dá un gran da fare e lavora decisamente sodo. Ma lo fa solo dalle 7 alle16. Con buona pace del suo capo o di chiunque altro dovesse chiedergli di fermarsi di piú.

Il Tedesco Pignolone é il classico Tedesco a cui piace fare le cose da Tedesco. Quindi tutto deve essere curato alla perfezione e nulla lasciato al caso. Prima cosa, le normative di sicurezza: ovviamente lui le osserva tutte. Ci sono poi tutti i processi Aziendali, i manuali della qualitá, le conformitá ambientali, chimiche ed elettromagnetiche, ed ovviamente la pianificazione: non si fa nulla senza prima avere fatto un piano, coinvolto tutti gli attori e ottenuto da ciascuno le informazioni e le date.
Il Tedesco Pignolone fa il suo lavoro alla grande e in genere lo fa davvero bene: in questo modo fa le cose una volta sola e quasi sempre é buona la prima. C’é solo un problema (anzi a dire il vero sono due): cosí facendo, é lento come la fame e, se si prova a mettergli pressione per fare prima o per saltare qualche passaggio, si riceverá sempre come risposta un secco NEIN. Provare a insistere é controproducente, nel migliore dei casi si rifiuterá di fare il lavoro, nel peggiore probabilmente andrá a rivolgersi ai piani alti dell’organizzazione denunciando che sta ricevendo pressioni per commettere delle irregolaritá.

Per la cronaca, questa pignoleria tecnica é una caratteristica abbastanza universale dei Tedeschi (e degli Svizzeri, e degli Austriaci).
Se a loro parere un lavoro non ha un livello tecnico soddisfacente, non rispetta determinati criteri di qualitá, o semplicemente per loro non ha senso, allora loro non lo fanno.
Nel senso che proprio si rifiutano di farlo; non gliene frega niente se li paghi.
Esempio 1: un carrozziere al quale avevo chiesto di dare una sistemata “alla buona” alla carrozzeria dell’Ibiza di Hanna. Lui mi ha fatto il preventivo per rimettere l’auto come nuova (4000 EURO!) al che io gli ho spiegato gentilmente che avevamo bisogno solo di una sistemata ai graffi e che facesse rientrare un paio di gibolli, insomma un lavoretto “alla buona” visto anche che l’auto ha i suoi anni…
Si é rifiutato e non lo ha fatto.
Per farmi sistemare i graffi e i gibolli con un lavoretto “alla buona” come lo volevo io, sono dovuto andare da un carrozziere Turco.
Esempio 2: quando ho rifatto la cucina, mi sono rivolto ad un Handwerker della zona che ha montato tutto e si é occupato di tutti gli allacciamenti. Una delle ante della cucina, tuttavia, non si apriva completamente (poca cosa, mancava giusto qualche grado ad arrivare ai 90° di apertura) perché avevo calcolato male la pendenza del soffitto in prossimitá della mansardatura, e andava a fare interferenza.
Per me non era un grosso problema, al che infatti gli ho detto che poteva montarla ugualmente.
Ebbene: si é rifiutato e non lo ha fatto, perché per lui non era un lavoro che aveva senso.
Quall’antina l’ho poi dovuta montare io.

Chi ha ragione?

Avere a che fare con un Tedesco Pignolone puó essere un vero incubo, soprattutto se ce l’hai come cliente. Ma anche averlo come collega é una bella sfida: il modus operandi tipicalmente Italiano di fare le cose il piú in fretta possibile perché l’importante é fare presto si scontra diametralmente con lo stile lavorativo del Tedesco Pignolone, il quale vuole fare le cose per bene, farle una volta sola e con tutti i crismi. Prendendosi tutto il tempo necessario (che avrá preventivamente pianificato).

È un punto di vista che posso ben capire: ripensando ai miei trascorsi in Italia, ho perso il conto di tutte le volte in cui il capo si é riversato a capofitto nel mio ufficio chiedendomi di interrompere immediatamente tutto quello che stavo facendo, e occuparmi subito di un’altra questione urgentissima che doveva essere risolta entro sera.
E io sempre a testa bassa a lavorare. Mentre la reazione di un Tedesco Pignolone sarebbe stata di mandarlo a quel paese e dirgli chiaro e tondo “prima finisco quello che sto facendo, poi faccio tutto quello che vuoi“. Ovviamente nei tempi consoni.
Cosí come ho perso il conto di tutte quelle volte in cui mi si chiedeva di consegnare report o progetti in tempi impossibili e io facevo ben presente che con i tempi che mi venivano richiesti il lavoro non poteva che venire una merda. E la risposta che ricevevo dai miei superiori era sempre la stessa: “va benissimo anche se é una merda, l’importante è avere in mano qualcosa subito“.
E ancora oggi ricordo bene il nervoso e la frustrazione che mi salivano ogni volta che mi sentivo dare una risposta del genere.
Un Tedesco Pignolone non accetterebbe mai di lavorare a questa condizioni; si sentirebbe svilito e umiliato, probabilmente anche insultato. Dire “mi va benissimo anche un lavoro di merda” a una persona che é preparata e qualificata per consegnarti un lavoro coi fiocchi, in un ambiente lavorativo Tedesco verrebbe visto come un’offesa!

Il Tedesco Feierabend, dal canto suo, é la perfetta personificazione di tutto quello che gli Italiani, lavorativamente parlando, criticano (o forse invidiano? mah..) ai Tedeschi.
Da sempre, tra le invettive piú feroci che partono dalle zone produttive di Milano e dintorni all’indirizzo di colleghi, clienti o fornitori Tedeschi ci sono quelle nei confronti dei loro orari di lavoro e della loro abitudine di far cadere la penna ad orari in cui invece in Lombardia si é ancora a metá giornata.
È risaputo che inviare una mail verso la Germania alle 16 significa, con ogni probabilitá, dover aspettare il giorno dopo per ricevere una risposta. Risposta che probabilmente sará giá nella inbox alle 6:45, ma pur sempre il giorno dopo. E telefonare é inutile, quasi certamente suonerá a vuoto.
E in effetti, se penso allo staff del nostro ufficio a Darmstadt, i personaggi che si trovano generalmente ancora sul posto dopo le 16 sono sempre i medesimi: io, un mio collega Tunisino, un collega Greco, un Americano e un altro Italiano. I Tedeschi se ne sono giá andati tutti da un pezzo; eccezion fatta, forse, per i manager L1 e L2 un piano piú su.

Non a caso il lavoratore lombardo medio considera i Tedeschi dei pelandroni, indolenti, inefficienti e allergici alla fatica. Si vanta dei suoi ritmi di lavoro anni luce superiori a quelli dei flanflanoni mangiacrauti, senza peró chiedersi quale sia la reale differenza in produttivitá tra le due situazioni.
In termini di profittabilitá, produttivitá e di efficienza, non pare esserci infatti questa enorme differenza paragonando le Aziende in Germania con quelle nel Nord Italia. E dovremmo anche considerare che il lavoratore Tedesco, oltre ad essere dicisamente piú rilassato, guadagna anche “abbastanza” di piú.
Qualcosa quindi, a mio avviso, non torna.

C’é che forse magari interrompere una persona piú volte al giorno chiedendoli di fermare tutto quello che stava facendo e occuparsi di un’altra cosa piú urgente, é proprio quello che ci vuole per uccidere la produttivitá e creare lavori di qualitá pessima.
E forse magari tutti quei lavori di qualitá discutibile, fatti perché “va bene anche se fanno schifo, l’importante é averli subito” in realtá poi fanno davvero schifo, talmente tanto schifo che bisogna poi rifarli. Sempre, ovviamente, di corsa. Anzi ancor a piú di corsa, perché il ritardo ora si é accumulato.
E via cosí. Per fare prima, per fare presto, per fare in fretta, si lavora come pazzi per poi dover fare, disfare e rifare la stessa cosa magari anche 10 volte.

Magari a qualcuno fa anche piacere sentirsi i piú fighi del pianeta vantandosi di quanto lavoriamo noi rispetto ai fannulloni mangiawurstel, di come noi ci mettiamo un giorno a fare un lavoro che loro fanno in una settimana, e dei nostri orari di ufficio sregolati a fronte della teutonica riprovevole abitudine di timbrare il cartellino alle 16.
Ma chiediamoci dove ci ha portati tutto questo. Cosa ci abbiamo guadagnato?
Un esercito di sconvolti che ha fatto della busyness uno status symbol. Stress e incazzo perenne. Situazioni lavorative in cui flessibilitá sregolata, disponibilitá online illimitata e orari allucinanti in ufficio sono diventati atto dovuto. E se esci alle 17 ti devi vergognare.
In cambio di tutto questo, stipendi tra i piú bassi d’Europa.

E la cosa divertente é che noi Italiani ci consideriamo furbi.
A mio avviso invece in questo specifico frangente, si sono invece dimostrati abbastanza piú furbi i Tedeschi.
Opinione personale, eh.

Sei giorni di sciopero dei treni!

Questo post é scritto “a pezzetti” durante la giornata, partendo da un café dell’aeroporto Toulouse Blagnac, passando per il sedile in classe economy dell’ A319 di Lufthansa, fino al RegioExpress RB68 tra Francoforte e Bensheim.

Sono reduce da un impegnativo intervento onsite presso un grosso cliente sito da queste parti (non é difficile indovinare di chi si tratta) e mi trovo a dover aspettare diverse ore il mio volo in aeroporto avendo dovuto necessariamente approfittare del passaggio di un collega per venire qui. La Periferique é infatti paralizzata dalla protesta dei tassisti e non si trova un taxi in tutta la cittá, quindi l’unica possibilitá che avevo per venire qui nell’assoluta sicurezza di non perdere il volo era approfittare del passaggio e poi trovarmi un angolino tranquillo in cui aprire il laptop e lavoricchiare fino all’imbarco.

Se tuttavia qui sono riuscito a cavarmela, una volta atterrato a Francoforte mi si prospetta un problema potenzialmente altrettanto grosso: il sindacato dei ferrovieri GDL ha proclamato sei giorni di sciopero dei treni a partire da oggi. Questa protesta fa seguito ad altre proteste, piú brevi, che erano state messe in atto tra Dicembre e Gennaio. C’è infatti in ballo il rinnovo del contratto e, oltre alle ben comprensibili rivendicazioni salariali, la GDL chiede anche orari di lavoro ridotti. Una lotta che, si presume, non si risolverá facilmente.

Non é la prima volta in realtá: giá a Maggio 2015 durante un mio breve viaggio a Mannheim e Heidelberg ero incappato in uno sciopero dei treni lungo sei giorni, e mi ero visto sopprimere l’ICE prenotato tra Heidelberg e Basel SBB. Fortunatamente, dopo una rocambolesca avventura in tram per arrivare in quel di Mannheim in tempo, riuscii a salire al volo sul forse unico ICE che viaggiava quel giorno sulla Rheintalbahn (in virtú di ció me lo aspettavo pienissimo, invece era sorprendentemente vuoto; infatti viaggiai come un re sorseggiandomi una bella Bitburger alla spina nella 1a classe deserta).

E anche oggi, il pur semplicissimo tragitto tra Francoforte Aeroporto e casa mia si trasformerá, con ogni probabilitá, in un’altra corsa dai risvolti avventurosi.

In alcuni post del passato all’interno di questo blog mi sono brevemente soffermato sul tema scioperi in Germania, ma non vi ho mai dedicato una disanima approfondita.

Rispetto all’Italia, in Germania si sciopera molto piú duramente. E questa é anche, secondo me, una delle ragioni alla base degli stipendi molto piú elevati che si percepiscono da queste parti.
Mi scontrai per la prima volta seriamente con la dura realtá degli scioperi Tedeschi quando, al’inizio del 2017, gli autisti di autobus di tutto il Südhessen si unirono per rivendicare un significativo aumento della paga oraria. La prima settimana di sciopero fu tuttavia abbastanza sopportabile a Darmstadt in quanto l’estesa rete tramviaria della cittá era comunque in esercizio e garantiva un servizio abbastanza capillare pur in assenza dei bus.
Preso atto che lo sciopero non stava avendo gli effetti desiderati proprio per via della rete tramviaria ancora in piena attivitá, i tramvieri di Darmstadt, pur non essendo coinvolti nella rivendicazione salariale (loro avevano un diverso contratto), decisero spontaneamente di unirsi agli autisti, con uno sciopero di solidarietá (Solidaritätstreik) e per le due settimane successive a Darmstadt e dintorni non circoló un singolo bus o tram. Proprio cosí, tutto paralizzato per due settimane!
Ad un certo punto persino i ristoratori e i commercianti del centro, che stavano soffrendo un significativo calo di introiti a causa del crollo delle presenze nella Fußgängerzone, iniziarono a fare pressioni sull’azienda dei trasporti di Darmstadt per accelerare la conclusione delle trattative!

Avere a che fare con gli scioperi in Germania significa dover mettere in conto seri disagi. Le agitazioni sono pesanti e durano a lungo: non esistono “fasce di garanzia” o protezioni di nessun genere.
E le proteste non sono limitate a incrociare le braccia per qualche oretta al lunedí o al venerdí e allungarsi il weekend. In Germania si sciopera per giorni e giorni e si tiene la linea.

Io non sono mai stato un fervente sostenitore delle idee di sinistra, ma devo onestamente ammettere una cosa: i Tedeschi quando vogliono qualcosa sanno farsi rispettare, e sanno come difendere le loro rivendicazioni. Tanto di cappello alla loro tenacia e alla loro determinazione nello scioperare.

Nei miei anni in Italia, non mi sono mai trovato a che fare con scioperi di questo calibro. Sono stato per un decennio inquadrato con il CCNL Metalmeccanici, e quando si avvicinavano i rinnovi si faceva qualche azione simbolica di 4 ore, raramente un giorno intero, poi nulla piú. In realtá, ad essere sinceri, una buona parte della gente (tra i quali, lo ammetto, a volte c’ero anche io) si presentava comunque al lavoro, di solito un paio di ore dopo, per evitare eventuali blocchi alle portinerie (che venivano spesso minacciati, anche se poi a dirla tutta non li ho visti mai).
Si sapeva che fare qualche ora di sciopero faceva parte del gioco, ma ogni volta ci si trovava a che fare con un film piú o meno giá visto: un paio di agitazioni da 4-8 ore l’una, e poi si firmava. Piú che una lotta, sembrava quasi un copione da recitare.
C’erano poi in Azienda 4 sindacati diversi, dalla più filopadronale CGL passando per FIOM e alle piú estreme USB o ADL, sempre in lotta tra di loro e intenti a infangarsi a vicenda a botte di comunicati al vertiolo appesi sulle bacheche dei reparti. Uno spettacolo sconfortante.

Nel mondo dei metalmeccanici in Germania esiste un solo sindacato, la ben nota IG Metall, sulla quale in questo blog si é scritto principalmente per quanto riguarda il Tarifvertrag [link agli articoli in fondo]. Gli sforzi dei lavoratori sono quindi uniti e massimizzati, e non vengono dissipati attraverso bisticci tra diverse sigle sindacali.
SI parte con dei Warnstreik di 8 ore, nelle prime fasi di contrattazione. Generalmente due o tre scioperi. Sono generalmente corredati da picchetti davanti ai cancelli, capeggiati da delegati IG Metall in divisa rossa spalleggiati da diverse decine/centinaia di colleghi (dipende dalla dimensione dell’azienda). Fanno un casino infernale con fischietti, tamburi e chi piú ne ha piú ne metta, non di rado bloccano anche le strade nei pressi degli stabilimenti. Se si firma, allora finisce lí. Ma se i datori di lavoro non mollano la presa, allora dai Warnstreik si puó passare ad agitazioni piú lunghe fino all’arma finale (usata praticamente mai) dello sciopero a tempo indeterminato.
Se tuttavia nell’ambito IG Metall non capita spesso che si arrivi alle maniere forti, per altre categorie (si pensi agli autisti di bus di Darmstadt) succede eccome.

Forse l’unico sciopero davero “duro” che ricordo in Italia fu nei primi anni 2000 a Milano, quando un weekend (era un Venerdí o un Sabato, non ricordo bene) il personale ATM a metá mattina di colpo e senza preavviso fermó tutto: tram, bus, metro. Le saracinesche delle fermate della metropolitana si abbassarono e tutti (tra cui io e mia sorella) restarono bloccati lí dov’erano. Per fortuna il passante ferroviario era in funzione e riuscimmo a tornare a casa grazie alle (ai tempi) mitiche Ferrovie Nord…

Peró a parte quello, nulla. La capacitá e la voglia di scioperare degli Italiani sono davvero una debole ombra sbiadita confrontata alla determinazione dei Tedeschi.
Ma oltre alla determinazione, c’é anche un altro aspetto che mi ha sempre colpito, quando ripenso allo sciopero di solidarietá del 2017 dei tranvieri di Darmstadt.
Mi ha colpito vedere una categoria decidere volontariamente di metterci la faccia e di perdere due settimane di stipendio per aiutare dei colleghi in una lotta salariale che non li riguardava. E ogni volta mi chiedo: in Italia potrebbe accadere una cosa del genere? Mah…

Post scriptum:
L’avventura é stata meno complicata del previsto, la fortuna ha voluto che l’unico RegioExpress per Bensheim che viaggia oggi pomeriggio partisse proprio un’ora dopo l’atterraggio del mio aereo a Frankfurt…

Post scriptum 2:
IG Metall – il contratto dei Metalmeccanici in Germania
IG Metall – Aggiornamento 2023 contratto Metalmeccanici in Germania

È facile scappare

È facile scappare” … “io sono rimasto, per lottare, per cambiare le cose” …

È una retorica che noi Italiani all’estero ci tocca sopportare, dalla notte dei tempi. Non di rado é mista ad una certa dose di astio e acredine.
Io ormai non ci faccio piú caso, cerco di riderci sopra. Ma sono risate interiori, le tengo per me. Perché certe retoriche (e soprattutto certe persone) non meritano l’impegno dei miei neuroni per controargomentare. Mi sono stancato, giá anni fa, di dedicare tempo ed energie a certe persone e certe situazioni.
Rido internamente. E le cose che mi fanno ridere sono soprattutto due.
La prima é “lottare“.
In Italia qualcuno sta lottando?
Non mi risulta.
Magari ho problemi alla vista, ma io non vedo nessuno in piazza a protestare. In particolare, nessuno della mia generazione e di quelle successive. Che sono quelle che di motivi per essere incazzate ne avrebbero parecchi. Ma non vedo nessuno.
Al massimo, qualche studente in tenda davanti agli atenei. Ma comunque pochi, pochissimi, una minoranza molto risicata e abbastanza inconcludente.
Mi sembra invece di vedere tanta, tantissima gente a cui tutto sommato le cose vanno bene così. Pur magari lamentosi e malinconici, ma in ogni caso svogliati e disillusi, senza alcun desiderio di farsi valere. Sgonfiati e demotivati da un sistema clientelare, antimeritocratico, ugualitarista e appiattito verso il basso. Ormai arresi allo status quo. Tanto in fondo il loro bel piatto di pasta sul tavolo ce l’hanno, in ferie ci vanno, e un bel suvvettino a rate se lo riescono a mettere in garage. È pur sempre qualcosa, e se lo fanno andare bene.
Si lamentano, si lamentano di tutto. Ma alla fine gli va bene cosí. E non fanno niente.
Li capisco, per carità. Anche io mi stavo riducendo così. Per questo me ne sono andato.
Ma quelli che dicono che “loro sono rimasti per cambiare le cose e per lottare“… beh, mi piacerebbe sapere esattamente come stanno combattendo. Cosa stanno facendo e come pensano di cambiare le cose.
Perché io non vedo nessuno che sta facedo nulla per cambiare un accidente.

La seconda cosa che mi fa ridere é che secondo loro sarebbe “facile scappare“.
In particolare quando a farti questa critica sono quelli che io chiamo “nati sistemati”, quelli che si mangiano la pasta preparata dalla nonna dalla cucina del loro appartamento sul quale non stanno pagando né affitto né mutuo perché se lo sono trovati come regalo da papá. Con un esercito di nonni e parenti pronti a curargli i figli tutto il giorno per permettergli di lavorare e vivere la loro vita senza stress.
Mentre tu che stai all’estero, paghi un mutuo di 20 anni e i nonni ce li hai a 800 chilometri, devi fare i quadrupli salti mortali carpiati, diventare il re del multitasking e recuperare le ore lavorative di notte mentre cresci figli bilingue con l’imperativo di seguirli al meglio delle tue possibilità per favorire la loro integrazione, passando dal cambio pannolini mentre sei in call con il cliente un USA all’aiutare a fare i compiti mentre stai chiudendo una budgetary quote, saresti quello che ha scelto la “via facile“.
Tutto facile, a sentire loro.
A quel punto però, l’Italico combattente contrattacca saltandoti in testa.
Eh, ma sei tu che hai scelto di andartene!” “Non ti lamentare!

E qui oramai non c’é piú nulla da fare, non ne esci. Sei cascato a pié pari nella loro trappola.
Perché é uno schema preconfezionato. Prima ti punzecchiano con la retorica del “facile scappare“, facendo in modo che tu costruisca una risposta in cui cerchi di spiegare loro che no, non é cosí facile come pensano.
Risposta che peró é proprio quello che loro vogliono, per poterti subito attaccare con un fulmineo giramento di frittata, quello del “sei tu che hai deciso di andare via” – ” nessuno ti ha costretto” – “non ti devi lamentare“.
Perché nel momento in cui espatri, secondo costoro, non solo sei un pavido senza spina dorsale che ha scelto la “via facile“, ma perdi anche ogni diritto alla replica e alla lamentela. Ti becchi la filippica e te ne devi stare zitto.

All’Italiano medio, nell’argomentare, piace molto vincere facile.

Quindi, date retta a me. Si dovesse presentare questa discussione, cambiate discorso e passate oltre. Fatevi una risata interiore, come faccio io, e andate avanti.
Non fatevi impelagare in questa discussione. E’ una argomentazione sterile e che non aggiunge valore.

Se peró invece vi va di essere allegramente cinici, potreste dirgli che hanno ragione, che scappare via é il massimo. Che fuori dall’Italia si sta una pacchia, 8500 euro netti al mese in busta paga, settimana lavorativa di tre giorni, 15 settimane di ferie l’anno, asilo nido pagato dall’azienda e abbonamento vitalizio in birreria come benefit aziendale.
Magari raccontategli pure che quando vi arriva la scheda elettorale per il voto via posta, voi votate “No Euro ” e “Italexit”, cosí che l’Italia esca dalla EU e dall’Euro, torni alla Lira, e con la svalutazione e la crisi che ne conseguirà, le vacanze al mare vi verranno a costare molto meno.
Se sono intelligenti, capiranno che li state prendendo per il culo e probabilmente la cosa si chiuderá lí. Se invece intelligenti non lo sono, ci crederanno e andranno a casa schiumanti di collera. Mentre voi vi sarete fatti due risate in piú. Interiori, mi raccomando.

Post scriptum:
Ora mi permettto io un giramento di frittata: a mio modo di vedere, gli unici che in qualche modo stanno protestando, siamo noi. Noi che emigriamo.
Certo, é una protesta silenziosa, sotto traccia, se vogliamo anche subdola e forse pure al limite dell’oppurtunismo. Ma gli effetti iniziano a farsi sentire e si sentiranno sempre di piú.
La nostra “protesta” è questa: ciao ciao, noi ce ne andiamo. Ce ne andiamo, a pagare le tasse e le pensioni a qualun altro che ci tratta meglio.
Se l’Italia (e le sue Aziende) ci avessero trattati meglio, saremmo ancora lí. Probabilmente. Anche questa é globalizzazione, Italia mia. Niente di personale, just business!

Fine di un’era: la benzina in Germania é diventata piú cara che in Italia (e cosí rimarrá)

Da sempre uno dei benchmark piú usati per confrontare il costo della vita dei singoli paesi, nonché uno dei parametri piú amati dai cherry pickers che vogliono imbastire invettive contro l’Italia, il prezzo dei carburanti aveva storicamente sempre visto la Germania uscire vincente nel confronto con l’Italia.

Questo fino al 31 Dicembre dello scorso anno.

In realtá, il 2023 si era chiuso con una sostanziale paritá: il mio ultimo pieno di “Super E5”, la normale benzina senza piombo identica a quella che viene commercializzata in Italia, era stato fatto a metá Dicembre in un distributore tra Weinheim e Heidelberg al prezzo di 1,72 Euro al litro. Pochi giorni dopo, in Italia, rabboccavo il serbatoio a Monza a 1,73 Euro al litro. Prezzo sostanzialmente identico.
Dalla mezzanotte del primo Gennaio 2024, tuttavia, é entrata in vigore la seconda tranche della tassa sulla CO2 voluta dal quarto governo Merkel: la tassazione delle emissioni del noto gas serra é ora aumentata da 30 a 45 Euro al chilogrammo traducendosi in un incremento del prezzo alla pompa di circa 11 centesimi al litro per la benzina e 12 centesimi al litro per il gasolio.
La benzina “Super E5” si aggira quindi ora sui 1,85 Euro al litro circa. Va un po’ meglio con la benzina “Super E10” con 10% di bioetanolo (non commercializzata in Italia), che si attesta intorno agli 1,79 Euro/litro.

È finita un’era: da oggi la benzina costa di piú in Germania che in Italia.
E ci sono i presupposti affinché la situazione rimanga cosí a lungo, visto che l’incremento della tassa sulla CO2 é tutt’altro che terminato: é previsto un ulteriore aumento a 55 Euro al kg il prossimo anno, il tetto arriverá a 65 Euro al kg nel 2026, ma non é escluso che verrá aumentato ulteriormente (infatti si parla giá di 85 euro al kg nel 2027…).
Diventerá quindi normale, da qui a qualche anno, confrontarsi con prezzi stabilmente al di sopra dei due euro al litro per fare benzina e gasolio in tutta la Germania.

Hauptuntersuchung: la (severa) revisione auto in Germania di TÜV e DEKRA

Denominata anche colloquialmente “TÜV”, la Revisione auto in Germania non è una passeggiata. Si tratta di un controllo dettagliato e approfondito delle condizioni di sicurezza dell’automobile volto a garantire che in strada possano circolare solo mezzi efficienti e sicuri.

I numeri parlano chiaro: in Germania ogni anno il 20% delle auto (una su cinque!) non passa la revisione al primo colpo e viene “rimandata”. Per fare un confronto, in Italia soltanto lo 0,2% delle auto non passa la revisione! Questo dato da solo dà una misura della differenza di “serietà” tra le due situazioni…

La revisione in Germania si chiama Hauptuntersuchung (controllo approfondito, abbreviato HU) e va fatta a tre anni dell’immatricolazione, dopo di che ogni due anni. Il TÜV non è l’unico ente che può condurre un HU, anche Dekra, KÜS e GTÜ sono infatti accreditati a condurre l’esame e a rilasciare il bollino che autorizza alla circolazione. Il TÜV, tuttavia, rimane l’ente di maggior autorevolezza, che emana pressoché tutte le normative tecniche che regolano la sicurezza dei veicoli.
Il controllo ha un costo variabile tra i 110 e i 150 Euro, a seconda di dove lo effettuate.

Durante l’Hauptuntersuchung vengono controllati:

Gomme (usura del battistrada, presenza di tagli nella spalla, presenza di irregolarità nel consumo, efficienza sensori TPMS) le gomme devono avere un minimo di 1,6 mm di battistrada anche se si raccomandano in genere almeno 4 mm
Cerchioni (presenza di graffi, solchi e danneggiamenti)
Freni (potenza frenante misurata al banco su tutti e due gli assi e sulle singole ruote, spessore dischi e spessore pastiglie, livello liquido DOT, ispezione visiva tubi e boccole)
Condizioni generali di telaio e sospensioni soprattutto su auto con qualche annetto sulle spalle, si controlla la presenza di ruggine su telaio e braccetti sospensioni
Ispezione della parte inferiore del motore alla ricerca di perdite
Emissioni (controllo gas e fumi) si tratta del cosiddetto AU (Abgasuntersuchung) che fa parte del HU
Anomalie e guasti rilevati dall’elettronica di bordo, tramite connessione digitale (generalmente via presa OBD) con la linea CANbus del veicolo per rilevare se vi sono state anomalie motore, freni, o di altro genere (quindi se pensate di fare i furbi resettando le spie prima di fare la revisione, sappiate che non la passerete liscia…)
Efficienza impianto d’illuminazione (controllo di luminosità, altezza e direzione del fascio)
Efficienza di tergicristalli e del tergivetri/tergifari (usura spazzole, livello liquidi, stato degli ugelli)
Efficienza Airbag e altri dispositivi di sicurezza (generalmente viene fatto tramite presa OBD durante il check anomalie)
Presenza della scatoletta pronto soccorso (Verbandkasten) e verifica della data di scadenza della stessa, presenza del triangolo e del gilet alta visibilità di sicurezza.

Assicurarsi inoltre di avere sempre con sé il Zulassungsbescheinigung Teil I (noto colloquialmente come Fahrzeugschein) e, se montate cerchi in lega aftermarket, l’apposito nulla osta (Guthachten).

Tutto quanto scritto sopra viene pressochè sempre controllato e, se qualcosa non va bene, l’auto viene bocciata. Il controllo è molto serio in quanto sempre effettuato da un perito esterno Tüv o Dekra: il controllo dura un’ora in tutto, l’auto viene alzata sul ponte e controllata per bene. Anche se fate fare il HU presso un’officina, non è il vostro meccanico a farlo, ma è sempre il perito del Tüv. Quindi scordatevi la revisione italian style fatta dal vostro amico meccanico.. questa cosa in Germania non esiste. La revisione qui è una cosa molto seria ed è assai difficile (anche se non impossibile) trovarsi a che fare con un perito disposto a fare sconti.
Se fate fare il HU presso una officina di vostra fiducia, il vostro meccanico farà un pre-check dell’auto per individuare possibili rogne che il perito del Tüv potrebbe classificare come difetti che pregiudicano la circolabilità e sistemarli in anticipo, ma più di quello non potrà fare. Al massimo potrebbe, in caso di difetti lievi, intercedere con il perito per convincerlo a chiudere un occhio. Ma è molto molto molto difficile.
Va detto che, come in ogni controllo che vede coinvolto un esaminatore in carne e ossa, trovarsi di fronte un perito più o meno puntiglioso può talvolta fare la differenza in sirtuazioni tecnicamente un po’ borderline. Ma vale sempre la regola che la HU Tedesca è molto più severa della revisione Italiana.

Proprio in virtù delle severità del controllo, non è cosa rara che in occasione di un HU si finisca a dover insapettatamente mettere mano al portafoglio, talvolta anche pesantemente, perché il perito ha trovato qualche bega. Dovrete quindi effettuare delle riparazioni o sostituzione di componenti per rimettere l’auto in condizioni di circolare. Alcuni difetti considerati trascurabili in Italia sono classificati come gravi mancanze in Germania e vi impediranno il rilascio del bollino del Tüv e, conseguentemente, dell’autorizzazione a circolare.

Le possibili tipologie di difetti che possono essere rievate durante un Hauptuntersuchung sono classificate con precisione in differenti categorie. Ecco le possibili categorie di difetti secondo i regolamenti TÜV:
Ohne festgestellte Mängel (OM): complimenti, la tua auto é perfetta. Nessun difetto rilevato durante la revisione.
Geringe Mängel (GM): difetto lieve. Il perito ha trovato delle lievi mancanze (esempio: uno specchietto graffiato o una lampada della targa bruciata). Si puó tuttavia ottenere in ogni caso il bollino del TÜV per i prossimi due anni, al patto di impegnarsi a riparare i difetti al piú presto.
Erhebliche Mängel (EM): difetto rilevante. Il perito ha trovato dei problemi non trascurabili sulla vostra auto (esempio: profilo gomme troppo usurato, ruggine sui braccetti, forza frenante assimmetrica) e non vi ha rilasciato il bollino TÜV. Potete continare a usare l’auto, ma avete un mese di tempo per effettuare le riparazioni e ripetere il HU.
Gefährliche Mängel (VM): difetto pericoloso. Il perito ha trovato sulla vostra auto dei difetti che ne pregiudicano la sicurezza (esempio: un taglio sulla spalla della gomma, pistoncini dei freni danneggiati, perdite di liquido freni dai tubi/boccole) in questo caso, oltre a non ricevere il bollino del TÜV, potete usare l’auto solo per rientrare a casa o per portarla in officina a riparare. Non potete usarla per nessun altro motivo!
Verkehrsunsicher (VU): veicolo pericoloso. La vostra auto ha gravi problemi che la rendono un pericolo per la strada (esempio: freni non funzionanti, telaio mangiato dalla ruggine) in questo caso il perito del TÜV rimuoverá il bollino esistente dalla vostra auto e fará una segnalazione al Zulassungsbehörde (la motorizzazione) per sottoporre a fermo il vostro veicolo. L’auto ora non puó piú circolare! Dovete chiamare un carro attrezzi e farla portare in una officina in cui farla sistemare per bene (sempre che ne valga la pena!).

Le statistiche del TÜV Süd dicono che il 68,3% dei veicoli passa la revisione senza difetti, 11,2% la passa con GM, 20,5% viene bocciato con EM o VM, e lo 0,5% viene messo a fermo immediato come VU.

Esempi di quanto puntigliosi e severi possono essere i controlli del TÜV se ne trovano a iosa, io vorrei menzionarne qui alcuni in cui mi sono imbattuto nella mia esperienza di vita “tedesca”.

La revisione Italiana non è la revisione Tedesca

Questa è una storia che ricordo ancora nei dettagli in quanto ne sono stato coinvolto in prima persona.
Sapendo bene quanto è severo il controllo del TÜV, soprattutto per le auto straniere che debbono essere reimmatricolate in Germania, nel 2018 prima di procedere con la “ritargatura” dell’Ibiza 6J di Hanna feci controllare per bene l’auto da un mio amico meccanico in Italia (un ragazzo in gamba), raccomandandogli di farmi una revisione con i fiocchi proprio in vista del temuto incontro con il TÜV.
Ci presentammo quindi al centro TÜV di Darmstadt con l’auto fresca di revisione Italiana; ci aspettavamo che la HU fosse una passeggiata, invece non fu così.
L’auto fu rigettata con una lista di Erhebliche Mängel lunga mezza pagina!
Il perito del TÜV aveva rilevato:
– Eccessiva usura disco freno anteriore sx (1 mm oltre il consentito) e dx (1,5 mm oltre il consentito
– Eccessiva usura pastiglie freni anteriori (tutte)
– Frenata asimmetrica sull’asse anteriore (pochi daN di diffferenza, ma appena fuori tolleranza) probabilmente dovuta alla differenza di usura dei dischi
– Un taglio sulla spalla della gomma posteriore dx
– Fascio dei proiettori anabbaglianti troppo alto
– Ugello liquido tergivetri parzialmente ostruito
Spesa totale per rimettere l’auto in ordine di marcia prima di ripetere l’Hauptuntersuchung: oltre 700 Euro. A cui si è poi aggiunto, ovviamente, il costo del HU stessa.

Picchiato il cerchio in lega contro il marciapiede? Va sostituito.

Gli amanti dei cerchi sportivi in lega (come il sottoscritto) sanno benissimo che i peggiori nemici sono marciapiedi, buche, e.. la distrazione. Basta un attimo e SGRATT.. ecco che il vostro amato cerchione è pieno di inestetici e odiosi graffi.
In Italia è sempre possibile, con una spesa ragionevole, riparare o rigenerare un cerchio in lega dopo lo sfortunato incontro con un marciapiede. Ma chi vuole può anche tenersi il cerchio così com’è e farsene una ragione.

In Germania il Tüv stabilisce invece rigidissime regole per la circolabilitá dei cerchi in lega leggera. Solchi di profondità superiore a 1 mm o localizzati a piú di 50 mm dal bordo sono considerati pericolosi per l’integritá strutturale del cerchione (nicht befahrbar, nicht reparierbar) e comportano la necessaria sostituzione del cerchione. Questo difetto è considerato Gefährliche Mangel (VM) durante un Hauptuntersuchung. Dovete quindi sostituire il cerchio in lega o non potrete circolare.

La riparazione di questi cerchi è illegale in Germania in quanto secondo i regolamenti Tüv essa modifica le proprietà del materiale rendendolo più vulnerabile a fatica e quindi pericoloso per l’utilizzo stradale. Riparazioni sono permesse solo per solchi di profondità inferiore al millimetro, non piú distanti di 50 mm dal bordo esterno, con un processo speciale approvato dal Tüv (denominato DoctorWheel) che non pregiudica le proprietà della lega in alluminio. Tutti gli altri processi (saldatura, raddrizzatura, rigenerazione, ecc..) sono illegali! (quindi, risparmiatevi la fatica di andare a chiedere: questo tipo di lavori in Germania non li fa nessuno)

Per tagliare corto: in Germania se prendete un marciapiede dovete buttare via il cerchione in lega. Quindi consiglio di stare molto ma molto ma molto attenti.
Come nota personale, sulla “pericolosità strutturale” di un cerchione con 1 o 2 mm di materiale mancante sul bordo (così come sulla riparazione) avrei abbastanza da ridire (io di fatica dei materiali ne so “qualcosina“) ma non è questo l’oggetto del post.

Se pensate di portare il cerchione in Italia e di farlo riparare lì, occhio. Il lavoro deve essere fatto davvero a regola d’arte ed essere totalmente invisibile. Perché qualora vi beccassero durante il HU, potreste venire denunciati. Uomo avvisato…

Impianto GPL installato in Italia? Occhio…

Un cerchione rigato non è purtroppo l’unico caso un cui ci si può scontrare con la spietata tecno-burocrazia Tedesca. Anche gli impianti GPL possono essere uno scoglio non indifferente.
Si sa che per potere immatricolare una auto straniera su suolo Tedesco è prima necessario passare un Hauptuntersuchung. Più di una persona con cui ho parlato negli ultimi anni mi ha riferito di problemi molto importanti (talvolta insormontabili) con gli impianti a gas di installazione Italiana.
Pare che il problema risieda nel fatto che gli installatori di impianti GPL in Italia, pur effettuando installazioni assolutamente a regola d’arte dal punto di vista tecnico, deficitino di produrre, al momento delle riomologazione del veicolo, una serie di certificati ambientali e di sicurezza che non sono necessari in Italia, tuttavia poi rendono impossibile l’otttenimento del bollino TÜV in Germania, costringendo quindi i malcapitati proprietari alla disinstallazione totale dell’impianto (o alla vendita dell’auto in Italia).

Il bollino del TÜV

Se l’auto ha superato con successo l’Hauptuntersuchung, otterrete un bollino TÜV che verrà incollato sulla vostra targa posteriore. L’adesivo, di forma circolare, presenta al centro l’indicazione dell’anno di scadenza della revisione e sulla corona i mesi. Il mese posizionato in alto (“a ore 12” come si direbbe in gergo marinaresco) è quello di scadenza.

Quindi ad esempio, nel bollino qui in foto, la scadenza della revisione sarà nel mese di Marzo 2021.

La presenza di due tacche di maggior spessore è un utile aiuto per la Polizia in caso di controlli: ogni anno di scadenza ha infatti un bollino di colore diverso e le tacche di maggiore spessore sono localizzate esattamente in corrispondenza del mese di Dicembre: in questo modo, anche guardando l’adesivo di sfuggita o da una certa distanza, una pattuglia di Polizia è in grado di capire quando scade la HU e quindi se il veicolo è un regola o meno.

“Dobbiamo espellere in grande stile” – il drastico dietrofront migratorio della Germania

Non più tardi di un mesetto fa, il cancelliere Olaf Scholz faceva scalpore  con uno Statement che rappresentava un inaspettato dietrofront nella politica migratoria tedesca: “wir müssen im großen Styl abschieben” ovvero “dobbiamo espellere in grande stile“. Un cambio di paradigma drastico per il Paese in cui nel 2015 masse festanti di Tedeschi accoglievano nelle stazioni ferroviarie l’arrivo di un milione di rifugiati dalla Siria.

Si può capire. La coalizione di governo è in caduta libera di consensi e la batosta presa alle elezioni regionali in Bayern e in Hessen è stata micidiale. Di per sé, non sarebbe strano: in tempi di inflazione galoppante, incertezza e recessione, l’elettorato tende a castigare chi è in carica. É così da sempre, e certe cose non cambiano mai.
Invece no, non è solo questo: stavolta c’è dell’altro. C’è che, anche nei tranquilli e progressisti Länder dell’ovest, l’ultradestra populista anti-migranti di AfD è salita al 20% dei consensi. Assumendo ormai i connotati di un rampante fenomeno nazionale e non più di un rigurgito regionale limitato alla Germania dell’est.

Il governo di Scholz sta correndo quindi ai ripari. C’è una palese crescita del sentimento di insofferenza nei confronti della Willkommenspolitik migratoria e si sta cercando di metterci una pezza.
Come è stato possibile? Come ha potuto la Nazione simbolo dell’accoglienza durante la crisi del 2015 trovarsi nella morsa di un sentimento di intolleranza e rabbia dal preoccupante retrogusto nazionalsocialista?

Torniamo indietro di qualche anno. Nel 2015 la Germania viveva un autentico momento di grazia: l’economia sembrava un fiume in piena, la frizzantezza del mercato del lavoro era travolgente e ci si trovava nel pieno di un boom immobiliare senza precedenti. In questo mood di “miracolo economico”, che ricordava tanto la situazione in Italia nel periodo pre-2008, con una sensazione generale di grande ottimismo e di fiducia nel futuro, é da inquadrarsi il grande “Welcome Refugees” che ha avuto inizio proprio nel 2015, con l’apertura delle frontiere tedesche alla massa di migranti in fuga dalla Siria.
Convinti della forza prorompente della propria Nazione, di una potenza economica senza limiti e di poter affrontare e risolvere, come locomotiva d’Europa, anche il problema migrazione, i Tedeschi si sono lasciati andare, in una ubriacatura di solidarietà e di accoglienza. Perché é innegabile, viene molto piú facile essere altruisti e generosi quando le cose vanno bene. I Tedeschi, inebriati dal momento di grazia della loro Nazione, si sono sentiti all’altezza della situazione e hanno accolto entusiasti la decisione di Angela Merkel di aprire a tutti, convinti che sarebbe andato tutto bene. Che la Germania, forte del suo momento di fitness peak economico, avrebbe avuto successo nell’accogliere, integrare, formare e offrire un futuro a milioni di persone, pur di cultura molto distante dalla nostra. Senza contare ovviamente il sentimento di potersi sentire “i primi della classe” (cosa che i Tedeschi semplicemente… adorano) con i cartelloni “Welcome Refugees” in mondovisione su tutte le televisioni del pianeta.1
Come spesso succede, tuttavia, le promesse fatte quando si é in un momento di esaltazione possono rivelarsi troppo impegnative per essere mantenute. Quando si é inebriati dalla felicitá e dalla positivitá (un po’ come quando si ha in corpo un paio di bicchieri di troppo) é facile andarsi a impegolare in impegni che poi si rivelano impossibili da mantenere. Perché con i fumi dell’alcool nella testa é un attimo lasciarsi andare all’ottimismo e sopravvalutarsi, credersi capaci di cose che poi in realtà non sono raggiungibili. Never make promises when you are happy, diceva qualcuno.

C’era in effetti, giá allora, chi si poneva il quesito di come sarebbe stato possibile mantenere tutte quelle promesse. Chi si chiedeva se fosse davvero una mossa sensata accogliere indiscriminatamente milioni di persone, di culture così lontane da quella occidentale, e aspettarsi di vederle tutte felicemente integrate e assimilate nel sistema economico e sociale tedesco nel giro di pochi anni. C’è stato chi si é esposto e ha detto platealmente che si stava facendo uno sbaglio. Ma come accade in una festa in cui sono tutti alticci, e i pochi sobri presenti cercano di riportare il resto dei commensali all’ordine, si viene visti, nel migliore dei casi, come dei noiosoni guastafeste. Nel caso specifico della Germania del 2015, chi metteva in discussione la Wilkommenspolitik era subito additato quale razzista, xenofobo, nazista. Non essere d’accordo (pur in modo costruttivo) con il grande sentiment generale di accoglienza era qualcosa di cui vergognarsi. E la minoranza di chi non era d’accordo rimase quindi sopita e silenziosa.
Questo é piú o meno quello che é successo in Germania con la politica migratoria dal 2015 in poi. Una grande ubriacatura di massa di ottimismo e di accoglienza, figlia di un momento in cui andava tutto a gonfie vele.

Chiuso il flashback, torniamo ora al presente.
Oggi la situazione é cambiata. Gli anni belli sono alle spalle, il boom é finito. L’ottimismo é scomparso, schiacciato sotto i colpi inferti prima da una pandemia, poi dall’inflazione galoppante, da una crisi energetica e dopo ancora dalle guerre che stanno scoppiando in tutto il mondo. Il mercato immobiliare tedesco si é fermato in modo rovinoso e le imprese di costruzione falliscono una dopo l’altra. Gli stipendi sono quasi fermi, il boom del mercato del lavoro é un ricordo, oggi ovunque si parla solo di “Sparmaßnamhen” e “Stellenabbau” (tagli ed esuberi) in vista di quello che probabilmente sará un grande ridimensionamento al ribasso dell’industria del Paese.
E il mood di accoglienza e solidarietà dei Tedeschi si é molto ma molto ridimensionato. La minoranza silenziosa, che nel 2015 stava nell’ombra e non parlava, oggi non solo non é piú una minoranza, ma é diventata rumorosa e strepitante.
Non soltanto perché é molto piú difficile essere altruisti e generosi quando le cose vanno male, ma anche perché il risveglio da questa ubriacatura di altruismo, con il suo inevitabile mal di testa, ha portato con sé la consapevolezza di essersi sopravvalutati. E di avere commesso degli sbagli.
Risvegliatisi coi rovinosi postumi della sbronza, i Tedeschi si sono lentamente resi conto dell’errore di valutazione. Perché la Germania, nonostante la sua grandezza, la sua forza economica, la sua propensione all’aiuto e all’integrazione, nonostante i miliardi spesi ogni anno in corsi di lingua, di integrazione e di professionalizzazione (gratuiti), nonostante l’enorme estensione del sistema di aiuti sociali e sanitari, non ha la forza e la possibilità di accogliere milioni di persone appartenenti alle culture piú disparate, portarle vicine ai propri valori e integrarle in modo duraturo.
No, la Germania non puó farlo.

Nessuno puó farlo, a dire la veritá.

Accogliere e integrare migranti é un compito molto complesso. Necessita di organizzazione, strutture, personale e di tanti, tantissimi soldi. E non ha alcuna garanzia di successo.
In tempi normali, con flussi migratori “normali”, la Germania se l’é sempre cavata abbastanza bene. Il sistema BAMF era sempre riuscito, piú o meno, a offrire una prospettiva per tutti. Il corso di integrazione e il corso di Tedesco (entrambi obbligatori) cosí come gli aiuti di inserimento nel mondo del lavoro, tutti gratuiti, avevano sempre fatto il loro dovere.
Parliamo in ogni caso di flussi migratori da diverse centinaia di migliaia di persone in ingresso ogni anno (inteso come ingressi assoluti e non come crescita netta di popolazione, si veda il grafico su questa pagina di Wikipedia per maggiori info) quindi, tanto di cappello al sistema Tedesco sotto questo aspetto.
Tuttavia dal 2010 in poi, complice anche la crisi imprerante nell’Europa del sud, i numeri sono aumentati clamorosamente, fino al picco incredibile del 2015. E il sistema, giá traballante di suo, é collassato.

L’ho sempre sostenuto, e non mi stancheró mai di ripeterlo: sono convinto che una fondamentale condizione necessaria (ma non sufficiente)2 per una efficace integrazione di persone e famiglie provenienti da Paesi e culture lontane é l’accesso ad una condizione di benessere. Accesso che é possibile solo se si danno a queste persone delle prospettive.
Prospettive che possono esserci per tutti solo se il sistema fuziona perfettamente, partendo dai corsi di lingua e di integrazione fino all’inserimento assistito nel mercato del lavoro.
Inserimento che deve essere non solo assistito ma anche vigilato, con efficaci controlli sui contratti e sugli stipendi, per evitare che il lavoratore straniero diventi una ghiotta opportunitá per le Aziende per risparmiare, grazie al dumping salariale. Controlli che devono essere capillari e severi, perché é un dato di fatto: se sei straniero (uguale che tu sia un ingegnere nucleare o un cameriere) tutti se ne approfitteranno per pagarti meno. Just business!
Se tutti questi sistemi funzionano, soltanto se funzionano bene, allora si puó sperare che ci sia vera integrazione, perché solo con la conquista di una condizione di stabilitá e di benessere si possono creare i presupposti affinché lo straniero o il rifugiato provi felicitá e gratitudine nei confronti del Paese che lo sta ospitando, si senta accettato della societá e sia cosí spronato a fare dei passi avanti per farne parte.

Se tuttavia il sistema non funziona e non riesce a offrire prospettive in quanto la lingua non viene imparata bene, l’offerta di corsi di integrazione é intermittente, l’accesso al mercato del lavoro é carente o limitato a lavori sottopagati a bassissima scolarizzazione che non offrono quasi nessuna opportunitá di crescere, migliorare o anche solo di apprendere la lingua (è il caso di ristorazione, pulizie, logistica, ecc…) i presupposti per l’integrazione crollano completamente.
Queste persone e le loro famiglie si troveranno a vivere in povertá, ai margini della societá, in quartieri problematici, con i soldi appena sufficienti per sopravvivere (a volte neppure quelli) e nessuna prospettiva di miglioramento. La frustrazione e la rabbia di questa situazione porterá loro a coltivare un crescente risentimento nei confronti del Paese in cui vivono e della societá colpevole di averli esclusi, messi da parte, relegati in mezzo al degrado. Questo é vero in particolare ancor di piú, per le seconde generazioni, i ragazzi stranieri figli di immigrati nati qui, in povertá e cresciuti nei “Soziale Brennpunkte“, i quartieri ai margini piú bassi della societá.
Queste persone, nonostante spesso abbiano il passaporto tedesco, non si integreranno mai. Anzi, ci detesteranno. Ci vedranno come i responsabili della vita di merda che fanno, e non hanno neppure tutti i torti. Perché siamo noi che li abbiamo fatti venire qui, o che abbiamo fatto venire qui i loro genitori, per poi non offrirgli nessuna prospettiva.
Abbiamo giá visto la rabbia delle seconde generazioni esplodere piú volte nelle Banlieue Francesi, e di recente anche in Italia (ad esempio il Raid di Peschiera del 2022), e ora anche la Germania é una bomba ad orologeria che potrebbe detonare con l’arrivo della (ormai pressoché certa) recessione a fine 2023.
Senza un sistema di inserimento capace di offrire prospettive per tutti o quantomeno, per quasi tutti, “integrazione” é solo una bella parola. Un buon proposito, un po’ come mettersi a dieta dopo Natale.

Ora, quello che é successo in Germania negli ultimi anni é stato che l’incremento incontrollato dei flussi in arrivo, culminato con la “bomba migratoria” del 2015, ha completamente scardinato un sistema che, seppur funzionante, giá da tempo scricchiolava.
Se ne sono ben accorti tutti gli stranieri che hanno la sfortuna di dover rinnovare un permesso di soggiorno in una grande cittá: dieci anni fa si prendeva un appuntamento in Ausländerbehörde e in una settimana o due la pratica era in lavorazione. Oggi, bisogna aspettare mesi, quando non anni, solo per avere un rinnovo. Nel frattempo i permessi di soggiorno scadono e le persone perdono il lavoro perché gli Ausländerbehörde non riescono neppure a rilasciare i Fiktionsbescheinigungs alla gente in lista d’attesa per il rinnovo.
Il sistema é completamente saltato. La Germania non ha piú la forza e le risorse per poter stare dietro a tutti i migranti che ha accettato.
E ora, se ne apprezzano i risultati.
Ci sono qualcosa come 250.000 (diconsi duecentocinquantamila) richiedenti asilo a cui é stata negata la richiesta, che ora vagano sul territorio tedesco come fantasmi, senza nessuno a occuparsi di loro. Queste persone sono adesso irregolari sul suolo Tedesco e dovrebbero tornare alloro Paese di origine, cosa che non faranno mai, e ora sono qui. A vivere di espedienti senza nessuna prospettiva. Per la loro condizione difficile, talvolta disperata, molti di loro cadono preda di problemi psichici. Problemi psichici che, uniti al risentimento verso la societá che li ha messi ai margini, li rendono un potenziale pericolo per sé stessi e per gli altri.
Solo circa metá dei rifugiati Siriani arrivati dal 2015 in poi ha imparato il Tedesco a livello A2 (che equivale piú o meno a saper mettere insieme quattro parole) e sono attivi nel mercato del lavoro. Tutti gi altri sono ancora inattivi e con gorsse difficoltá nella lingua. Insomma, si potrebbe dire senza troppi patemi che l’operazione “Welcome refugees” é stata sicuramente una bella vetrina, ma all’atto pratico é decisamente fallita.

Perché non basta dire “accogliamo tutti” per risolvere il problema. È una gran bella cosa, un nobile gesto di altruismo, ma poi? Io capisco che multi fautori dell’ideologia Woke vedono l’uomo bianco caucasico occidentale come la causa di tutti i mali del mondo (e magari tutti i torti non li hanno, perché di danni ne abbiamo fatti parecchi) ma non basta scrivere “welcome refugees” su un pezzo di cartone e andare a München Hbf a sorridere alle telecamere per ripulirsi la coscienza.
Se volessimo davvero ripulirci la coscienza ed espiare le nostre colpe nei confronti del resto del mondo, allora tutte le Nazioni del mondo occidentale dovrebbero istituire domani un prelievo forzoso dell’80% di tutte le ricchezze dei propri cittadini e destinarle alle popolazioni dei paesi poveri. Ecco che così la ricchezza del pianeta è redistribuita, nessuno sente più il bisogno di emigrare e noi abbiamo la coscienza pulita e candida. Perché parliamoci chiaro e fuori dai denti, lá fuori c’é metá del mondo che muore di fame per permettere all’altra metá di spassarsela. E piaccia o non piaccia, ne siamo tutti colpevoli.
Quindi, se si volesse risolvere la cosa alla radice, bisognerebbe fare cosí.

Lo so, è assolutamente assurdo, utopistico e impossibile; una cosa del genere non è neppure pensabile nella realtà. Genererebbe (come minimo) delle rivolte di piazza. Ma l’assurdità di mia questa iperbole è voluta, per far capire la portata del problema.

Perché questo problema è un problema senza soluzione.

Siccome il nostro benessere ci piace e non vogliamo assolutamente rinunciarvi, allora il problema migrazione non si risolverà mai. Perché ci saranno sempre aree più povere e sfortunate del mondo da cui le persone vorranno andare via per raggiungere le aree più ricche, ovvero noi.

Non si può risolvere, ma si può mitigare. Ma si può fare solo se si riesce a unire buonsenso, umanità e pragmatismo. Innanzitutto capendo che non possiamo accogliere tutti, perché non è la soluzione anzi, è l’innesco di una serie enorme di problemi. Non ha nessun senso accogliere tutti se poi non si è in grado di offrire un follow up a questa gente, relegandola (nella migliore delle ipotesi) a dover vivere da poveri, quando non (nella peggiore) a dover vivere da disperati. Ovvero sopravvivere.
Se aumentano i disperati, aumentano anche la criminalità e il degrado, e la gente inizia ad arrabbiarsi. E in un attimo si passa dai cartelloni “welcome refugees” a mettere una bella X sulla casella con scritto AfD.
Crudele ironia: accogliere tutti senza se e senza ma ha generato l’esatto opposto dell’accoglienza. Ha risvegliato nei Tedeschi la fiamma dell’intolleranza. Un contrappasso per contrasto in pieno stile dantesco.

Non so davvero come andrà a finire e non voglio azzardarmi in previsioni sugli scenari politici dei prossimi anni, ma una cosa è certa: non mi piace un granché come si stanno mettendo la cose. Spero che si impari dagli errori e si capisca che la politica migratoria non deve essere un tentativo di riparazione a tutti i torti del mondo, bensì una bilanciata e calibrata manovra di aiuto nei confronti di chi vuole raggiungere un Paese come la Germania in cerca di una vita migliore, offrendo supporto e aiuto ad un numero di persone ragionevolmente calcolato in modo da poter offrire a tutti le migliori prospettive possibili per il raggiungimento del benessere.
In sostanza, quello che io personalmente metterei in pratica é una strategia di riduzione dei flussi volta a ripristinare l’efficienza del sistema BAMF. Una volta che il sistema é tornato a funzionare, si puó pensare a potenziare, migliorare, investire, per aumentare i volumi dei flussi in entrata e accogliere piú persone possibili. Ma una cosa deve essere chiara: non si puó accogliere tutti.
Con buona pace di chi per questo si sente in colpa. Bisogna anche saper accettare le cose. Se il mondo sta messo cosí,sí, é anche in buona parte colpa nostra. Non siamo “buoni”, siamo semplicemente esseri umani. Come tali siamo sicuramente capaci di grande generositá, ma al tempo stesso siamo e saremo sempre imperfetti, opportunisti, e molto restii a cedere il nostro benessere a qualcun altro.
Ora che l’ubriacatura di altruismo é passata, é il momento di una pastiglia per il mal di testa e di mettersi a studiare soluzioni pragmatiche. E realistiche.
Possibilmente, da sobri.



  1. Naturalmente questa non é l’unica interpretazione. Ce ne sono ovviamente altre. Non mancano le interpretazioni malevole e negative: se riporto la memoria indietro al 2015 mi ricordo ancora benissimo i commenti dei soliti complottisti Italiani che nella mossa della Germania vedevano l’ennesimo piano diabolico a danno delll’Italia “Hai visto quei furbastri di tedeschi.. loro si prendono la middle class Siriana, a noi lasciano i disperati dall’Africa… Maledetta Merkel!↩︎
  2. Ho scritto condizione necessaria ma non sufficiente in quanto vi sono sempre e comunque individui che, anche a fronte dell’ottenimento di condizioni di notevole benessere, continuano a disprezzare la nostra cultura e rimangono ostinatamente attaccati alla loro. Il numero non indifferente di immigrati musulmani in Germania che rifiutano la Costituzione Tedesca osservando invece la Sharía, pur girando alla guida di macchinoni da 100.000 €, é una delle piú limpide espressioni di questo genere di situazioni. In quel caso, purtroppo, non si puó fare molto. Ma fortunatamente si tratta di una minoranza. ↩︎

L’ultimo spot della Deutsche Bahn é la dimostrazione definitiva che in Germania qualcosa si é rotto

Secondo molti, la nefasta evoluzione della Deutsche Bahn é il simbolo piú eclatante della fase di declino che contraddistingue la Germania di oggi, e lo scrivente in quanto grande viaggiatore sulle strade ferrate d’Europa non puó che confermare questa impressione.

In poco piú di un decennio la DB è passata dallo status di orgoglio nazionale, simbolo di affidabilitá e di efficienza, all’essere universalmente considerata come un carrozzone disastrato e inaffidabile. Oggi é ormai diventato normale considerare un ICE in perfetto orario come una felice eccezione e non piú come una regola, termini come Bahnchaos e Zugchaos sono ormai parte normale del vocabolario di tutti i giorni e le proprie (dis)avventure ferroviarie sono ormai uno dei temi principali di discussione quando ci si trova davanti ad un caffé o ad una birra.
Piú in generale, si puó dire che sia prassi ormai consolidata in Germania considerare le DB come l’emblema dell’inaffidabilitá. I meme e i video sarcastici sulle disastrose performance delle ferrovie nazionali sono ormai una presenza costante in rete su tutti i principali social, mentre su tutti i giornali nazionali ci si interroga, all’interno di articoli piú o meno incattiviti, come sia stato possibile un declino tanto repentino e incontrollato.

Negare l’evidenza é diventato impossibile (nonché assolutamente controproducente) e anche le DB hanno dovuto ammettere pubblicamente la loro ormai plateale debácle. È quindi andato in onda, per la prima volta un mese fa, un nuovo spot televisivo in cui l’impresa ferroviaria nazionale ammette le proprie mancanze e promette interventi importanti per garantire magiore efficienze ed affidabilitá in futuro.

Il messaggio del video, tradotto alla buona dal sottoscritto, é il seguente: ci fa piacere che siate cosí in tanti a volervi muovere con il treno; purtroppo questo porta il sistema ferrovia al suo limite. Negli ultimi tempi non riuciamo piú ad offrirvi lo standard di servizio a cui siete abituati: questo é causa per voi di grande arrabbiature e sconforto e noi lo capiamo bene, anzi anche noi ne siamo molto arrabbiati e dispiaciuti. Per questo, stiamo ora modernizzando e ricostruendo come non mai: per riportare lo standard di servizio ai livelli di affidabilitá che ci hanno contraddistinto in passato, stiamo ampliando e rimodernando la nostra rete. Andrá meglio, ma ci vorrá tempo, nel frattempo vi preghiamo di avere pazienza.

Volendo guardare in faccia alla realtá mettendo da parte il politically correct, il messaggio sarebbe il seguente: dopo la privatizzazione del 2006 abbiamo pensato solamente a ingrassare gli azionisti e abbiamo tirato il freno a mano su ogni spesa riguardante manutenzione e buon funzionamento della rete. Ora quindi binari, impianti di circolazione e sistemi di segnalamento cadono a pezzi e un viaggio a lunga percorrenza sulla nostra rete é diventato appena piú piacevole di una gita su una tradotta di carri bestiame in Bangladesh. Fosse per noi continueremmo anche cosí, ma inizia ad esserci una certa pressione politica per migliorare il livello di servizio, quindi ci tocca fare qualcosa. Abbiamo iniziato un po’ di lavori qua e lá per mettere una pezza allo stato pietoso del’infrastruttura. Il servizio piano piano migliorerá, ma andrá peggio prima di andare meglio. Abbiate pazienza, del resto siete davvero in troppi a voler andare in treno.

Ironia a parte, dispiace molto assistere, non solo in ambito ferroviario ma anche in diversi altri settori, a questa lenta ed inesorabile “italianizzazione” della Germania. Certe volte ho come l’impressione che tutte quelle pratiche di aviditá, disonestá e furberia, tipicamente italiane e che detestavo con tutta l’anima, da cui pensavo di essere finalmente scappato… mi stiano come inseguendo per tornare, lentamente, a essere parte normale della mia vita.

O forse sto semplicemente scoprendo che tutto il mondo é paese, e che qui qualcuno era molto bravo a compattare quintali di polvere sotto ad un bel tappeto.