Ci sono quei viaggi in cui parti volentieri, sei carico, non vedi quasi l’ora. E poi ci sono quelli che parti col magone, proprio non hai voglia, e preferiresti startene a letto. Capita di rado, ma capita. Anzi, mi capitava di rado… una volta. Adesso succede piú spesso.
Ecco, stamattina mi trovo di nuovo in questo mood. Sto aspettando di imbarcarmi sul volo e non ho voglia, proprio non ho voglia. Un cliente che non conosco, operante in un campo di applicazione che non conosco; un sistema vecchio di parecchi anni, installato da tecnici andati in pensione anni fa, del quale si é quasi persa memoria in Azienda. Insomma, tutti gli ingredienti perfetti per una settimana di guai, imprevisti e problemi.
Ho sempre affrontato queste trasferte in modo molto pragmatico. Vado là, valuto la situazione, faccio del mio meglio e vedo di risolvere. Finora è sempre andata così. Anzi, sotto un certo aspetto, questo genere di “missione”, potenzialmente irta di imprevisti, incasinamenti e problemi, mi ha sempre galvanizzato, accendeva il mio senso di sfida e di avventura. E che soddisfazione quando hai finito e a momenti non ti sembra vero di essere riuscito a risolvere (quasi) tutto.
Ecco, da quando a casa è arrivato il piccoletto vivo queste cose in modo molto diverso. Innanzitutto c’è quel sottile, leggero ma veemente senso di colpa ogni volta che dici “si” ad una trasferta. Una volta era una risposta automatica, oggi viene su più a fatica, c’è un mezzo groppo alla gola.
Senso di colpa che non ti abbandona, dal momento in cui esci di casa fino al momento in cui sei di ritorno svariati giorni dopo. È latente, resta lí; a volte si affievolisce, e preso dalla concentrazione lo dimentichi, ma poi puntualmente rientra, non appena la mente si rilassa e ti prendi una pausa dall’impegno lavorativo.
Senso di colpa che ti impedisce di godere appieno anche dei momenti di relax serale, quando magari hai i colleghi del sales belli contenti perché hai fatto felice il cliente e allora si festeggia a suon di Cervezite e di Tapas o magari a suon di Ale e Fish & Chips (dipende da dove ti trovi), perché il tuo nuovo senso del dovere da genitore ti fa interrogare sulla moralitá di quanto stai facendo, mentre l’ometto e la sua mamma sono a casa da soli e vorrebbero tanto che ci fossi anche tu.
È vero, normalmente il mio lavoro non prevede moltissimi viaggi, in genere sto al 15-25%. Che anche da genitore é un buon compromesso, secondo me. Tuttavia ora accade che dopo 2 anni di stop forzato causa Covid, c’é un backlog mostruoso da recuperare, e in piú molti clienti che hanno avuto cambiamenti di personale e di organizzazione negli ultimi 2 anni ora vogliono formare o farti conoscere le nuove persone; oppure magari capita invece che i tecnici che avevano sono andati via (o li hanno mandati via) e adesso chiamano te perché non hanno piú nessuno in casa che sappia bene come far andare i sistemi. Insomma, c’é un sacco di carne al fuoco e sto viaggiando come non mai – 50% e anche di piú – il che sarebbe stato una figata, se fosse capitato due, tre o quattro anni fa. Ma adesso é proprio il momento “sbagliato”. Perché non me la godo per niente, anzi… soffro.
E sorge spontenea la domanda, se non é arrivato il momento di cambiare. Magari, dopo tanti anni sempre a correre, sarebbe il caso di rallentare, soprattutto viste le mie nuove responsabilitá di papá. Ci ho pensato, ci ho pensato tanto. E alla fine giungo sempre alla concusione che é meglio di no. Che questo in fondo é un momento, e come tutti i momenti, passerá. Che il piccoletto col passare degli anni diventerá sempre piú un ometto e sotto certi aspetti le assenze diventeranno piú gestibili. Che quando cambi sai sempre cosa lasci ma non sai cosa trovi, e seppur ora mi capiti questo periodo di grande lavoro in un momento “sbagliato”, non devo mai dimenticare che nel mio lavoro ho trovato un ambiente fantastico, collaborativo e sereno, sifdante quanto basta senza scadere nella competitivitá tossica, e un rapporto veramente eccezionale con capo e colleghi. Cose non facili da trovare. Quel genere di cose che ti accorgi quanto sono importanti solo quanto le perdi. Sarebbe un assurdo lasciare la mia attuale professione perché mi tiene temporaneamente un po’ lontano dalla famiglia, per poi trovarne una nuova in cui potrei magari sí passare piú tempo a casa, ma dovrei fare i conti con un ambiente di lavoro tossico, sleale e pesante, finendone consumato, stressato, appesantito e imbruttito. E poi hai voglia a tornare indietro. Non so cosa sarebbe meglio per la mia famiglia.
Certo, mi dispiace. Mi dispiace perché ci sono quei viaggi che sono una piccola avventura, una storia da raccontare, un bel ricordo da tenere. Perché non é solo lavoro, é la mia passione.
Quei viaggi che… sicuramente mi godrei alla grande, se non fossi frenato dai miei pensieri. Pensieri che credo, peró, é giusto che ci siano.
C’è stato un momento in cui il treno notturno era stato dato per morto, o quantomeno aveva ricevuto da piú parti una sorta di estrema unzione. Con gli anni 2000, l’esplosione dei viaggi low cost e il successo delle varie Ryanair, Easyjet e Flixbus sembrava avere tolto di mezzo per sempre questa forma di trasporto che, un tempo, costituiva di fatto la prima e forse unica opzione di spostamento su lunghe distanze per tutte le classi sociali non facenti parte di quella Elíte che poteva permettersi di volare.
Ma oggi le cose sono cambiate, ed ecco che il treno notturno torna ad essere una opzione di tutto rispetto. Ci sono alcuni vantaggi di non poco conto nel considerare un treno notturno: – Innanzitutto si risparmiano tutte le lungaggini aeroportuali, oggi diventate ancora piú odiose con il Covid. Anche per voli interni o per voli intraeuropei su brevi distanze, ora é necessario presentarsi almeno tre ore prima in aeroporto, anche se si ha solo il bagaglio a mano. – Si viaggia senza mascherina: basta prenotare uno scompartimento privato in cuccetta o in vagone letto, da soli o con dei congiunti, e una volta chiusa la porta dello scompartimento decade l’obbligo di indossare la mascherina. Non é una cosa da poco, si pensi ad esempio a un viaggio Milano-Francoforte o Milano-Parigi: in treno sono 7 ore, e 7 ore indossando una mascherina FF2 (oggi ovunque obbligatoria su ogni mezzo pubblico) non sono piacevoli per nessuno. Anzi, per alcune persone si tratta di una vera sofferenza. E possiamo stare certi che l’obbligo di mascherina al chiuso e sui mezzi pubblici rimarrá con noi ancora per molti anni. Ergo poter beneficiare di questa esenzione diventa secondo me un plus non da poco, per godersi appieno un viaggio sereno e rilassante. – Si evitano levatacce e orari scomodi, perché se devo essere dal cliente alle 9:00 di lunedí mattina significa che devo spararmi una levataccia nel cuore della notte per essere in aeroporto alle 5:00 (quando va bene) mentre invece se devo stare dal cliente fino a fine giornata per poi fare il transfer in aeroporto e imbarcarmi verso casa, é raro varcare la porta di casa prima della mezzanotte. – Si ottimizzano costi e tempi se ci si vuole evitare le levatacce e gli orari scomodi, perché nel summenzionato caso delle 9:00 di mattina del lunedí, l’unica alternativa possibile alla levataccia mattutina diventa la partenza alla domenica pomeriggio con una notte in hotel sul posto. Sicuramente piú comodo, ma ci si gioca metá della domenica e inoltre si spende decisamente di piú. Col treno notturno si prendono due piccioni con una fava e si ottiene un ottimale compromesso tra le due situazioni!
In questi anni in Europa c’é stata una sola impresa ferroviaria che, nonostante tutto, ha deciso di non smettere mai di credere nei treni notturni internazionali e si tratta delle ferrovie Austriache ÖBB. Il loro prodotto dedicato ai servizi notturni si chiama Nightjet ed é chiaramente ispirato al Railjet, il servizio intercity Austriaco ad alta velocitá.
Quando anche le ferrovie Tedesche DB decisero di dismettere il loro servizio notturno CityNightLine (noto ai piú come CNL) nel 2013, ÖBB prese l’iniziativa di acquistare tutte le carozze notturne da DB e metterle in servizio sui propri treni, tenendo in vita una grossa parte di quella che fu la rete CNL.
La scelta ha pagato: oggi Nightjet é una realtá di successo con una rete in crescita, e dopo la pandemia il treno notturno si ripresenta come grande alternativa all’aereo, sia in ottica di riduzione di contagio (permettendo alla persone di viaggiare separate) sia in ottica di sostenibilitá e riduzione delle emissioni, tema ormai di grande attualitá.
Questa volta ho deciso quindi di tornare, dopo tanti anni, in vagone letto e di viaggiare tra Italia e Germania in Nightjet invece che con i consueti treni diurni.
Si parte quindi da Milano Porta Garibaldi con il Nightjet 40233 per München alle 21.10 del 9 Gennaio. Per il viaggio di andata ho prenotato un singolo in vagone letto con bagno e box doccia (single deluxe) a 189 Euro. Giungo a Milano Porta Garibaldi alle 20.40 circa e il binario del treno non é ancora visibile a tabellone, tuttavia una rapida occhiata ai binari mi permette di riconoscere le inconfondibili carrozze blu del Nightjet al binario 6.
Il fatto che il treno origini da Milano P.Garibaldi e non da Milano Centrale é per me di una certa comoditá: si tratta infatti di una stazione che da Desio é agevolmente raggiungibile con la linea S11, mentre invece raggiungere Centrale é sempre piú complicato. Tuttavia questa sera, complice la presenza di bagagli voluminosissimi e la non proprio eccelsa sicurezza a bordo dei convogli Trenord quando cala il sole, ho approfittato di un passaggio di mio papá per farmi portare direttamente in stazione. Fossi stato in Germania, dove alla sera sulle S-Bahn di Francoforte ci sono sempre nerboruti energumeni DB Sicherheit a fare controlleria, avrei preso il treno. Ma in Italia purtroppo non ho la stessa sensazione di sicurezza e non mi fido.
Le ultime tre carrozze del treno sono dirette a Wien, mentre le prime 4 vanno a München. Il treno viene separato a Villach, prima fermata in Austria dopo avere valicato il confine Italo-Austriaco a Tarvisio. La mia carrozza é la numero 289, letto 52.
Non appena premuto il pulsante di apertura della porta della carrozza vengo accolto dal cuccettista, un giovane ragazzo austriaco che mi si rivolge in Hochdeutsch senza alcuna (almeno per me) apprezzabile inflessione austriaca. Dopo avergli mostrato il biglietto, mi fa presente che la mia cabina prenotata, quella con il letto numero 52, é Kaputt e che quindi ha preparato per me il letto 42. Ok, benissimo, inconveniente subito risolto: ma cosa sarebbe stato di me se il vagone letto fosse stato interamente prenotato? Il sistema elettronico di prenotazione non dovrebbe permettere di prenotare uno scompartimento guasto….
La prenotazione, nel mio caso, é stata effettuata partendo dal sito Nightet.com, dal quale é possibile consultare tutti i collegamenti notturni attualmente prenotabili e avere una preview dei prezzi piú bassi disponibili (una volta selezionate le stazioni di partenza/arrivo e la data del viaggio). Una volta definiti i parametri si viene indirizzati automaticamente al sito ÖBB dove vengono mostrate le diverse tipologie di accomodation disponibili sul treno selezionato con relativi prezzi. Sono tre i livelli di servizio disponibili sul NIghtjet: posto a sedere, cuccetta e vagone letto. All’interno di quest’ultima categoria é poi possibile scegliere tra scompartimento “economy” e scompartimento “deluxe”.
Raggiunto il mio scompartimento, lo trovo in modalitá “giorno” ovvero con tre posti a sedere e tavolinetto. Il cuccettista verrá poi a convertire lo scompartimento in modalitá “notte” non appena lo chiederó. La temperatura dello scompartimento é tropicale, quindi provvedo subito a riportare il riscaldamento a piú miti consigli utilizzando l’apposito manettino di regolazione sito sopra la porta d’ingresso. All’interno dello scompartimento si ha la possibilitá di regolare, oltre alla temperatura, anche il volume degli annunci. Vi sono poi molteplici pusanti per l’accensione e lo spegnimento della luce principale, della luce notturna, della luce del bagno e delle varie luci di lettura, che coprono sia i letti che le sedute in modalitá “giorno” e sono disseminate un po’ ovunque nello scompartimento.
Lo scompartimento in cui mi trovo rappresenta il massimo del comfort disponibile a bordo di questa carrozza: si tratta di una carroza “Comfortline” costruita da Siemens all’inizio degli anni 2000 per i servizi CityNightLine delle DB e poi acquistata da ÖBB per i treni Nightjet. Per aumentare il comfort a bordo, queste carozze sono dotate di doppia sospensione pneumatica e di una incrementata insonorizzazione rispetto alle normali carrozze ferroviarie. La loro velocitá massima omologata é di 200 km/h. A bordo della carrozza si trovano tre scompartimenti “deluxe” come il mio, con bagno e doccia privata, e altri nove scompartimenti letto “economy” con un lavabo. Per questi scompartimenti sono comunque disponibili due bagni comuni alle estremitá della carrozza, di cui uno dotato di doccia.
Ogni scompartimento letti ospita fino a 3 persone e i letti sono ripiegabili alla parete, in modo da offrire la flessibilitá necessaria ad adattare lo scompartimento a ospitare 1, 2 o 3 persone. È il cuccettista, in base allle prenotazioni del vagone letto, a preparare ogni scompartimento. Voi non dovete fare nulla: salendo sulla carrozza troverete il vostro scompartimento giá aperto e pronto. Osservando il letto sito piú in alto, quello che normalmente viene aperto solo con il vagone letto in configurazione da 3 persone, mi viene da pensare che forse risulterebbe troppo corto per un adulto e che sarebbe probabilmente piú indicato per un bambino o un ragazzino.
Alle 21.10 puntualmente ci muoviamo e lasciamo la stazione. Il treno attraversa Milano passando dapprima accanto al campus Bovisa e poi piegando verso est. Dall’ampio finestrino della mia cabina riconosco prima viale Fulvio Testi e poi viale Monza, prima di curvare verso Milano Lambrate, prima fermata del treno. Osservando gli scompartimenti preparati dal nostro cucettista mi pare di capire che stasera il vagone letto viaggi abbastanza vuoto, mentre le cuccette mi sono parse decisamente piú frequentate.
Poco dopo la partenza il cuccettista viene a farmi visita per illustrarmi le caratteristiche del mio Abteilung: localizzazione di interruttori, luci, prese di corrente e funzionamento del bagno/WC con doccia. Quest’ultimo é dotato di un lavabo che é possibile spostare per utilizzare il box in modalitá bagno/WC oppure in modalitá doccia: muovendolo verso destra si guadagna l’accesso al box doccia, che é comunque separato dal resto del bagno con una tenda cerata. Nel bagno sono inoltre disponibili docciaschiuma, un sapone, alcuni tubetti di balsamo e un asciugamano. Le amenities in dotazione non sono finite qui: il nostro kit di cortesia prevede infatti anche due bottiglie di acqua naturale, un paio di snacks (uno dolce e uno salato), pantofole, maschera da notte, tappi per le orecchie, una piccola salvietta e non ultimo una bottiglia di vino bianco frizzante da 20 cl. Vi é inoltre compresa nel prezzo la colazione (che vedremo in dettagio piú avanti). Lo scompartimento é dotato di una porta con doppia serratura che ci viene consigliato di tenere sempre chiusa durante la notte. Qualora volessimo lasciare il nostro scompartimento e andare a spasso per il treno, ci viene consegnata la chiave per aprire e chiudere la serratura. Inutile a dirsi, quando lasciamo la nostra cabina é sempre buona cosa chiudere la porta!
La cabina viene lasciata in modalitá giorno fino a quando non chiediamo al nostro cuccettista di convertirla in modalitá notte, aprendo il letto. In questo modo si ha la possibilitá di utilizzare il tavolinetto, mangiare qualcosa e rilassarsi prima di mettersi a dormire. il Nightjet non ha un vagone ristorante, ma é tuttavia disponibile un servizio di ristorazione all’interno del vagone letto. La scelta di prodotti é limitata ma interessante, e i prezzi a mio avviso abbastanza onesti considerato che siamo a bordo di un treno. Avendo portato un paio di panini da casa, per questa volta non proveró il servizio, ma mi riservo la possibilitá di farlo magari al ritorno (non avevo idea se la ristorazione fosse stata sospesa per il Covid-19 quindi mi ero premunito).
L’ultima cosa importante da fare prima della conversione del nostro scompartimento in modalitá notte é consegnare al nostro cuccettista la carta della colazione. Apponendo le crocette possiamo scegliere tra diversi prodotti per comporre il vassoio della nostra colazione per il mattino successivo: sei scelte sono possibili senza sovrapprezzo, se vogliamo una colazione piú abbondante dobbiamo versare un piccolo obolo. Non dimentichiamo infine di concordare con il cuccettista a che ora vogliamo che ci venga servita la colazione! (Idealmente, un’ora circa prima dell’arrivo)
Per una persona sola, nello scompartimento cè spazio a volontá: è possibile sistemare valigie ed effetti personali in uno spazio apposito al di sopra della cabina doccia, salvando cosí spazio sul pavimento (anche se puó risultare difficoltoso piazzare cosí in alto valigie grandi o pesanti) . Anche per due persone a mio avviso la sistemazione é di assoluta comoditá. C’é anche uno strapuntino dal lato opposto del tavolinetto che permette di sedersi vis-a-vis qualora lo si desiderasse. Per tre persone, peró la sistemazione inizia a diventare probabilmente risicata. Una importante discriminante é sicuramente la quantitá e il volume del bagaglio che si ha con sé. Un dettaglio che mi ha molto deluso, invece, é la singola presa di corrente localizzata vicino alla porta di ingresso: una posizione decisamente non comoda e per una cebina “deluxe” che deve accogliere fino a tre persone una singola presa di corrente mi sembra decisamente insufficiente. Capisco che la carrozza non sia recentissima, ma un piccolo refurbishment con un paio di prese elettriche in piú e magari anche qualche porta USB non sarebbe male. E la posizione é davvero infelice: é una fortuna che io disponga di un alimentatore con un cavo di una certa lunghezza, altrimenti non potrei ricaricare il laptop mentre scrivo seduto vicino al finestrino. Altro dettaglio assai deludente é la mancanza del Wifi. Mi pare assurdo che in una cabina “deluxe” pagata quasi 200 euro io debba avere il mio cellulare attivo in modalitá hotspot per scrivere questa bozza su WordPress.
Sono ormai le 22.30 e siamo da poco ripartiti da Brescia: é ora di chiamare il cuccettista per far convertire il mio scompartimento in modalitá “notte”. In pochi secondi la fila di tre sedili fa posto ad un letto pronto per la notte e il tavolinetto viene rimosso per rendere piú agevole il movimento all’interno della cabina. Con la cabina pronta per la notte, é il momento di una doccia rinfrescante prima di sdraiarsi. A dire il vero secondo me il bello dello scompartimento “deluxe” non é tanto il box doccia in sé, quanto la comoditá di non lasciare mai la propria cabina, neppure per andare a fare pipí o per lavarsi. Sono piccole semplici comoditá in piú che peró quando ci si trova in vaggio, magari dopo una lunga giornata, fanno la differenza. Svegliarsi nel cuore della notte e dover lasciare la propria cabina per andare fino in fondo alla carroza per andare in bagno non é niente di trascendentale ma é comunque un piccolo fastidio; per non parlare poi del vantaggio di avere una doccia tutta per sé anziché quella in comune che, diciamocela tutta, in tempi di emergenza sanitaria e di sanificazione/igienizzazione spinta di ogni superficie, diventa forse qualcosa in piú di un banale “nice to have”.
Il doccino dispone di un miscelatore per la temperatura davvero molto efficace, che risponde pressoché immediatamente alla regolazione. Interessante notare come il doccino diventi anche il rubinetto del lavabo, quando il bagno non si trova in modalitá doccia. Il getto é copioso e l’acqua é subito calda, l’unica nota negativa secondo me é… la pressione, un po’ eccessiva per i miei gusti, e non vi é nessun modo di regolarla (ed é un vero peccato). Essendo l’acqua disponibile ovviamente in quantitá contingentata, ridurre la pressione permetterebbe di docciarsi un po’ piú a lungo, pur mantenendo un getto piú che sufficiente per una doccia confertevole. La quantitá di acqua disponibile é comunque piú che ragguardevole, io sono riuscito senza problemi a docciarmi sia alla sera che alla mattina. Per due persone sicuramente non vi sono problemi.
La cabina mista Doccia-WC é grande abbastanza per muoversi bene all’interno, perlomeno per me che non sono propriamente un gigante. Puó tuttavia risultare un po’ disagevole muovere il lavabo verso sinistra quando si esce dalla doccia: meglio a questo punto guadagnare un po’ di spazio aprendo la porta del bagno.
Una volta archiviata la fase doccia , lavati i denti e indossato l’outfit notturno, é finalmente tempo di straiarsi. Trattandosi di un vagone letto e non di una carrozza cuccette, abbiamo un vero letto con materasso, comodo e morbido quanto basta. La lunghezza è ok anche per i più alti, altrettanto forse non si può dire per il piumino in dotazione che risulta essere sufficiente per me ma potrebbe risultare un po’ corto per chi supera il metro e 80. I cuscini li ho ho trovati un po’ troppo “morbidi” per i miei gusti, fortunatamente trovandomi in singola ho potuto prenderne due e “compattarli” in modo da formare un tutt’uno più consistente (in totale i cuscini sono tre e si trovano di solito in alto vicino alla testiera del terzo letto). Una volta spenta la luce e chiuso lo scuro del finestrino ci si ritrova pressoché totalmente al buio; per chi non dovesse essere a proprio agio in questa situazione é sempre possibile accendere la luce notturna, la quale con una flebile luce azzurra ilumina lo scompartimento quanto basta per intravedere le sagome degli oggetti, ma (almeno per me) non disturba assolutamente il sonno.
Ma ore veniamo al punto clou: si dorme bene? Perché il vero plus promesso dal vagone letto, e in particolare da una cabina deluxe come questa, é quello di arrivare riposati a destinazione, come fossimo in una piccola camera di albergo su rotaia. È davvero cosí?
Beh, sí e no. Se é certamente vero che la sistemazione é comodissima e provvista di ogni comfort, d’altro canto non bisogna dimenticare che ci troviamo su un treno. L’insonorizzazione della carrozza é davvero ottima, ma la percezione del classico “tu tum tu tum” del viaggio in treno dipende molto anche da un altro fattore che é la posa del binario. Su alcuni tratti piú “dissestati” o comunque in ingresso e uscita dalle stazioni quando si passa sugli scambi, é inevitabile che si percepiscano, anche abbastanza nettamente, i rumori generati dagli assali contro le irregolaritá dei binari. Vi é inoltre, nel cuore della notte, tutta una serie di manovre che si svolge a Villach, in Austria: qui il Nightjet proveniente da Milano incontra il suo omologo proveniente da Roma, e i due treni vengono divisi per accoppiare tra di loro le due metá destinate a Vienna e quelle destinate a Monaco di Baviera. L’operazione comporta sganciamento e riagganciamento di carrozze cosí come inversioni di marcia e pasaggio sugli scambi: difficile non svegliarsi, soprattutto quando la locomotiva viene riagganciata al treno.
È proprio dalla “botta” secca dell’aggancio della locomotiva che vengo svegliato intorno alle 4:30. Una rapida occhiata a Google Maps conferma quello che immaginavo, ovvero che ci troviamo a Villlach. Il fatto che siano le 4:30 peró non mi quadra: dovavamo essere a Villach intorno alle 2. Deduco che abbiamo accumulato del ritardo durante la notte (scopriró poi che in realtá non eravamo noi ad essere in ritardo, ma il Nightjet da Roma). Questo significa forse dormire un po’ di piú al mattino essendo che probabilmente arriveremo a Monaco almeno un paio di orette dopo, ma decido comunque di non cambiare la sveglia che avevo impostato per le 7.
Normalmente io sono uno che non ha problemi a girarsi dall’altra parte e riaddormentarsi immediatamente, ma la manovra di composizione del treno, evidentamente non ancora conclusa, prosegue ancora per alcuni minuti e rende parecchio arduo il riaddormentamento. Riesco così a prendere sonno non so bene quando, e vengo svegliato alle 7 dall’allarme del mio smartphone.
Dopo una doccia veloce mi vesto in outfit “da ufficio” ed esco dalla cabina per sgranchirmi un po’ le gambe mentre aspetto la colazione alle 7.30. Mentre fuori dai finestrini il paesaggio innevato delle Alpi Austriache scorre placido e silenzioso sotto le prime flebili luci del mattino, apprendo da una veloce chiacchierata con l’accudiente che siamo in ritardo di un’ora e mezza abbondante sulla tabella di marcia e non siamo ancora arrivati a Salisburgo. Non è un grosso problema per me, visto che il mio primo impegno di lavoro a Monaco è alle 11 e posso sempre avvisare che potrei fare tardi, ma per chi ha impegni più ravvicinati nel tempo significa una seccatura di non poco conto. Il tutto poi senza considerare i controlli di polizia a Freilassing.
Senza pensare troppo a impegni e ritardi, è il momento di godersi la colazione. Il vassoio, servito puntualmente nella mia cabina dopo che il cuccettista ha provveduto alla riconfigurazione in modalità giorno, è abbondante e composto da prodotti di buona qualità. Non ha nulla da invidiare ad una classica colazione continentale a buffet in hotel: ce n’è a sufficienza per saziarsi e arrivare tranquillamente a pranzo.
Archiviata la colazione, è il momento di riconsegnare il vassoio e mettersi a lavorare. Siccome manca ancora un po’ all’arrivo, meglio utilizzare il tempo in maniera produttiva. La cabina singola da questo punto di vista è la sistemazione più comoda e funzionale che esista: videochiamate e call non costituiscono il minimo problema qui, nessun rischio di disturbare o indispettire altri passeggeri. Emerge però in questo frangente ancora di più, in tutta la sua… assurdità, il grave difetto della mancanza del Wifi a bordo. Mi ritrovo infatti ancora a dover usare il mio smartphone in modalità hotspot e a soffrire di una connessione molto ballerina (stiamo ancora attraversando una zona di montagna e la ricezione 4G non è ottimale) inconveniente che probabilmente risulterebbe meno fastidioso con un ripetitore wi fi installato a bordo. Se da un lato capisco che non è così immediato assicurare connettività wireless lungo un percorso che attraversa tre Paesi diversi, dall’altro credo che per un prodotto “premium” e internazionale si dovrebbe provvedere a risolvere questo problema.
Nel frattempo, dopo avere superato Salisburgo, raggiungiamo Freilassing, prima stazione in territorio tedesco. Qui non è previsto servizio viaggiatori (la prima fermata del Nightjet in Germania è Rosenheim), tuttavia il treno esegue una lunga sosta per i controlli di polizia a bordo. Oggi in particolare la sosta si prospetta decisamente lunga, in quanto pochi minuti prima di noi è giunto a Freilassing un Eurocity partito da Salisburgo verso Francoforte, sul quale la polizia sta eseguendo i controlli in questo momento; soltanto una volta terminato con l’Eurocity toccherà a noi. Poco male, se non altro nel frattempo la connessione del mio hotspot è tornata ad essere veloce e sbrigare il backlog vacanziero delle email è un efficace passatempo per consumare l’attesa.
Tempo una decina di minuti e vedo l’Eurocity muoversi e partire, segno che ora la Polizei é con ogni probabilitá a bordo del nostro treno. Dopo pochi minuti, infatti, la Polizia bussa al mio scompartimento. Una volta consegnato passaporto e Einreiseformular che avevo preventivamente stampato (in Italia in questo momento dilaga Omicron, e il Robert Koch Institute ha da pochi giorni classificato l’intero Paese come Risikogebiet: è quindi necessario compilare l’apposito formulario di ingresso in Germania) i miei dati vengono inseriti in un tablet, verificati al momento e in pochi secondi ricevo indietro passaporto e formulario, mentre i due ufficiali si accommiatano con un Gute Fahrt e proseguono oltre.
La parte finale del viaggio la passo tra email, telefonate e un paio di chiacchierate veloci con il cuccettista mentre mi sgranchisco le gambe in corridoio tra una email e l’altra. Apprendo che stanotte sulla carrozza letto Milano-Monaco eravamo 3 passeggeri in altrettante singole (una Deluxe e due normali) e che, tralasciando una “fiammata” durante il periodo tra il 20 Dicembre e i primi di Gennaio, il riempimento delle carrozze letto da Novembre in poi, ovvero da quando la quarta ondata Covid ha iniziato a imperversare in Austria e Germania, si é sempre attestato su livelli abbastanza bassi. In tempi normali, infatti, la Schlafwagen é giá ben prenotata almeno due/tre settimane prima, soprattutto al venerdí sera verso sud e alla domenica sera verso nord. Il sistema di prenotazione (questo non lo sapevo) permette la prenotazione della deluxe come singola solo se le cabine sono tutte e tre libere.
In breve passiamo Rosenheim e ci avviamo verso München, sono ormai le 10 passate e il mio primo appuntamente del mattino rischia di essere un po’ tirato, considerato che devo anche fermarmi a München Hbf a lasciare tempraneamente il bagaglio in deposito.
Sono le 10.30 quando passiamo da München Ost e l’altoparlante annuncia che in pochi minuti saremo a destinazione. Il laptop lo ho giá spento da qualche minuto, procedo quindi a fare lo zaino e a fare il giro della cabina assicurandomi di non avere dimenticato nulla. Raggiungiamo München Hbf con circa 81 minuti di ritardo e andiamo ad attesterci al binario 5, che fa parte dl fascio binari a sud della stazione, i piú lontani in assoluto dal fabbricato viaggiatori; per di piú, scendedo dal treno, realizzo che la mia carrozza, che a MIlano P.Garibaldi si trovava in testa al treno, per via delle manovre notturne é ora in fondo al convoglio: il tutto si traduce in una scarpinata di 15 minuti, con zaino e due pesanti valigie al seguito, per ragiungere il fabbricato viaggiatori e il deposito bagagli. Forse e dico forse, per un treno noturno a lunga percorrenza, che verosimilmente puó essere usato da persone che viaggiano con pesanti bagagli al seguito, sarebe d’uopo un binario piú vicino… no?
Cosí si chiude il viaggio di andata. Il ritardo di 81 minuti unito all’arrivo nei binari piú remoti della stazione mi ha creato non pochi casini, perché poi mi é toccata una autentica corsa verso la S-Bahn per poi comunque arrivare a Ottobrunn in ritardo per l’appuntamento. Peccato, perché il viaggio nel suo complesso non é stato male e sono arrivato a destinazione effattivamente riposato, dopo un congruo numero di ore di sonno; peccato che la sfacchinata di 800 metri per raggiungere il deposito bagagli unita al ritardo abbiano un po’ guastato il tutto.
Si rientra venerdí sera, 14 Gennaio ore 20.10 sempre da Monaco di Baviera con il Nightjet 40295 per Milano Porta Garibaldi. Identica sistemazione (singola deluxe con doccia) e identica cabina (letto 52 carrozza 289), ma stavolta ho pagato 174,90 € (a quanto ho avuto modo di capire simulando un po’ di prenotazioni sul sito, questo é il prezzo piú basso possibile per una singola deluxe). Naturalmente esiste un “trucco” per risparmiare, anche se é a proprio rischio e pericolo: si tratta di prenotare un doppio o un triplo, sempre in cabina deluxe. In questo caso la cifra scende notevolmente e, se nessun altro dovesse prenotare il posto in doppia/tripla, avrete la cabina tutta per voi. Ma se invece qualcun altro dovesse prenotare quel posto, avrete un estraneo in cabina. Al momento della prenotazione sul sito internet della ÖBB non avete modo di sapere se nello scompartimento con voi ci sará qualcun altro, salvo il caso in cui alcune scelte vi siano inibite dal sistema.
Io, lo ammetto, ormai non ho piú l’etá per certe “zingarate” in sistemazioni di viaggio promiscue e in epoca di Covid sono abbastanza schizzinoso sui contatti ravvicinati con sconosciuti. Non ho problemi a dividere una doppia o una tripla con qualcuno di mia conoscenza, ma con una persona qualunque sinceramente no. Quindi, nel dubbio, investo volentieri qualche denaro in piú nella singola.
La mia giornata di lavoro a Monaco si é conclusa oggi intorno alle 16 (oggi é venerdí e il Feierabend é sacro: presso la sede del cliente quasi tutta la forza lavoro era scomparsa giá intorno alle 15) cosí ho qualche tempo per fare due passi in cittá e poi, in attesa dell’arrivo del Nightjet, sfruttare la comoditá della DB Lounge della stazione centrale, alla quale posso accedere grazie allo status “Bahncomfort” sulla mia Bahncard25.
Il tempo passa cosí abbastanza in fretta e alle 19.45 abbandono la Lounge per portarmi al binario 10 dove é dato in partenza il mio treno. Tempismo perfetto: le carrozze del Nightjet sono appena arrivate.
La carrozza letti 289 é la seconda in composizione al treno (ma com’é che quando sono arrivato venerdí ero in fondo? boh…) stavolta non trovo l’accudiente ma decido di salire ugualmente. Arrivato alla porta dello scompartimento letto 52 lo trovo chiuso e con un adesivo che lo contrassegna come guasto; un post-it scritto a mano attaccato poco piú sotto invita ad usare lo scompartimento 42. Evidentemente trattasi della stassa carrozza dell’andata e il guasto non é stato ancora riparato: immagino che il problema non abbia grande prioritá e che verrá risolto con tranquillitá e senza fretta vista la scarsa affluenza del periodo…
Mi accomodo quindi nella 42 che trovo pronta in modalitá “giorno”, la temperatura stavolta é ottimale e comfortevole, il kit di cortesia come d’uopo é sul tavolinetto con tutti i componenti.
Poco dopo iniziano ad arrivare gli altri passeggeri e anche questa sera sono solo tre gli scompartimenti letto occupati: il mio deluxe piú due normali. Nello scompartimento contiguo al mio c’é una giovane coppia con un bambino piccolo: benissimo, penso tra me e me, stasera avremo modo di mettere davvero alla prova l’insonorizzazione delle carrozze comfortline.
L’accudiente passa poco prima della partenza a ritirare il biglietto e a lasciarmi il menú da crocettare per la colazione; non é lo stesso ragazzo dell’andata ma un suo collega un po’ piú avanti con gli anni, dai modi piú spigliati e sbrigativi ma comunque gentili e simpatici. Una volta consegnato il menu della colazione, chiedo se devo lasciare a lui anche i miei documenti per gli eventuali controlli della polizia Italiana nella notte. Lui mi risponde che normalmente sono i poliziotti a passare scompartimento per sompartimento ma non sempre vengono effettuati i controlli; qualora in ogni caso dovessero passare, saranno loro a bussare. La cosa non mi entusiasmo visto che da orario dovremmo arrivara a Tarvisio Boscoverde (prima fermata in territorio Italiano) intorno alle 2 del mattino, ma non posso farci nulla.
Stasera decido di concedermi qualcosa da mangiare dal menu di bordo: purtroppo parte dell’offerta non é disponibile nel vagone letto, ma l’accudiente si prodiga di andare da un collega di un’altra carrozza per recuperare un tramezzino e una birra. Certamente non una cena gourmet, ma la fame é fame. Il prezzo di 7 euro per i tramezzini e la birra da 0,5 l é allineato con i prezzi della ristorazione DB e assolutamente non esoso per essere su un treno. Peró su un Nightjet io onestamente mi aspetterei un bel vagone ristorante. O quantomeno un vagone misto posti a sedere / Bistró come sugli intercity DB.
Il copione é simile a quello del viaggio di domenica scorsa: prima un po’ di relax al pc, srivendo qualcosa e guardando qualche travel report, poi conversione dello scompartimento in modalitá notte, doccia e nanna.
Prima di coricarmi mi assicuro di preparare passaporto, modulo PLF e certificato di tampone negativo vicino alla porta, nel caso la Polizia Italiana bussasse per i controlli.
Poco prima di mettermi a letto il bambino dello scompartimento a fianco inizia a piangere vigorosamente, si direbbe che probabilmente ha fame. È questo il primo “Test” per l’insonorizzazione della carrozza tra le diverse cabine e nel complesso non é male, il pianto arriva sí, ma molto attutito e non al punto da impedire di coricarsi e chiudere gli occhi per cercare di prendere sonno. A piú riprese, nella notte, il pianto si é ripresentato ma non ha disturbato molto; in veritá per qualche ragione sono stato io, che, in questo viaggio di ritorno, ho dormito decisamente male. La giornata di lavoro non é stata delle piú proibitive, forse il mischione culinario della giornata, non proprio “gesund” (panini unti e bisunti presso la sala riunioni del cliente, un Käsebretzel in strada a München, tramezzino e birra sul Nightjet) non era l’ideale per un sonno placido e ristoratore.
Solo dopo il manovrone a Villach (ancora accompagnato da un paio di scossoni importanti) mi sono appisolato con una certa consistenza. A Tarvisio ho udito distintamente del movimento nel corridoio della carrozza e del vociare in Italiano, tuttavia non vi é stato alcun “toc toc” all’indirizzo della mia cabina. Meglio cosí.
Quando la mia sveglia suona, alle 6.30, abbiamo superato Brescia e stiamo giá correndo verso Milano. Una doccia veloce e il tempo di vestirmi, e arriva la colazione. Me la gusto con calma, mentre fuori dal finestrino le campagne iniziano lentamente a far posto ai capannoni e ai condomini. Un’alba limpida e cristallina accompagna l’ingresso del Nightjet alle porte di una Milano insolita e deserta, complice il sabato mattina presto e il lockdown de facto che vede in questo momento migliaia e migliaia di positivi e di relatvi contatti stretti costretti in casa dall’imperversare della variante Omicron.
La fermata a Milano Lambrate avviene puntuale alle 7.36 e subito ci muoviamo verso Milano P.Garibaldi. Complice il sabato mattina tranquillo e probabilmente una situazione di “traffico” molto contenuto sulla cintura ferroviaria milanse, arriviamo in prossimitá di Porta Garibaldi in soli 10 minuti. Giungiamo quindi a destinazione con quasi 20 minuti di anticipo rispetto alle 8.10 previste, e la cosa mi é particolarmente gradita visto che posso salire comodamente sul suburbano S11 delle 8.09 diretto a Como, che mi porterá a Desio.
Conclusioni
Il Nightjet é sicuramente un prodotto valido, pur con diverse aree di miglioramento sulle quali peró, a quanto mi pare di capire, non si interverrá. O quantomeno, non si interverrá sui treni attualmente in circolazione. È stato tuttavia presentato, giá un anno fa, il Nightjet der Zukunft(Nightjet del futuro) che si propone di rivedere in chiave innovativa e attuale il concetto di treno notturno e di vagone letto, con piú connettivitá, piú tecnologia, e anche nuove accomodation tra cui le “Mini cabins” (che sinceramente non mi ispirano molto, ma le cose vanno provate prima di giudicare). I render presentati sul sito promettono abbastanza bene, soprattutto per la cabina letti; la buona notizia é che i primi esemplari consegnati di questi treni (si parla del 2023) saranno destinati proprio al traffico con l’Italia.
Per il momento sicuramente il Nightjet é una interessante alternativa al treno diurno o al volo, pur con un prezzo importante (nel caso della singola) ma con un comfort e una privacy sconosciuti ad ogni altra forma di viaggio che non sia l’auto privata o una suite privata su un A380 di qualche compagnia aerea orientale (peró lí il biglietto vi costa quanto una utilitaria nuova). Io personalmente ho apprezzato molto la comoditá, il fatto di poter stare senza mascherina per tutto il viaggio (ad eccezione di quando uscivo nel corridoio o di quando entrava l’accudiente) e la comodtá del letto, che mi ha permesso di dormire come un ghiro all’andata e arrivare lunedí mattina davvero riposato. Sabato mattina a Milano non sono arrivato un granché riposato, ma ammetto che é stata colpa mia (non ho piú lo stomaco di una volta…). Una meritata menzione positiva va personale a bordo della carrozza, sempre gentilissimo e pronto ad accogliere ogni richiesta. Come cliente mi sono sentito “coccolato” il giusto, con attenzione ma senza eccessive intrusioni.
A mio avviso il prodotto Nightjet dovrebbe evolversi verso un servizio attraente per la clientela business offrendo comoditá, connettivitá, privacy ed efficienza, andando a intercettare tutta quella clientela che viaggia per lavoro e che valorizza il comfort e il vantaggio di evitarsi la levataccia nel cuore della notte per andare in aeroporto. Il prezzo deve ovviamente essere competitivo quanto basta, per non invogliare le Aziende o i freelencer a preferire l’aereo e la levataccia… Un simile livello di servizio é poi anche interessante per il viaggiatore privato e non solo per il business, in quanto (come dimostra il discreto successo della Executive di Trenitalia sui Frecciarossa) esiste una fetta non trascurabile di viaggiatori che é disposta a spendere pur di avere una esperienza di viaggio superiore, caratterizzata da maggiore comfort, maggiore privacy e da un servizio a bordo dedicato.
Prossime idee? Beh non nascondo che mi piacerebbe molto provare la cabina deluxe al piano superiore delle carrozze letti Doppelstock ex CNL, che peró secondo le mie informazioni viaggiano solo sul NIghtjet Zurigo-Amburgo/Berlino e pochissimi altri. Queste carrozze non sono omologate per circolare in Italia quindi possono essere “provate” solo su relazioni al di fuori. Sfortunatamente é davvero difficile prenotare un posto (quel treno é devvero sempre full!) e, ancor piú sfortunatamente, non ho molte occasioni di andare ad Amburgo o a Berlino, se non organizzando un viaggio di piacere ad hoc. Quindi la cosa dovrá aspettare ancora un po’. Ma spero che possa diventare, prima o poi, un altro dei miei trip report.
Ci sono i posti che non ti aspetti, quelli in cui capiti quasi per caso, e sicuramente Dreieichenhain risponde bene a questa descrizione. Piccola frazione di Dreieich, cittá di 30.000 anime poco piú a sud di Francoforte, é di fatto un minuscolo borgo a sé stante con tanto di antica cinta muraria medievale, annesso castello e piccolo lago artificiale.
Il borgo ha origini molto antiche, si trattava originariamente di un piccolo villaggio legato ad una vasta riserva di caccia imperiale (Wildbannforst), che un tempo occupava gran parte dei boschi di questa zona. Il viale principale che connette le due porte ai lati opposti della cinta muraria é lungo circa 300 metri, parliamo quindi di un borgo molto piccolo, esplorabile in ogni suo angolo nel giro di poco tempo!
Cartello con i principali punti di interesse di Dreieichenhain
Le due porte di ingresso al borgo sono dislocate lungo un asse est/ovest: la porta ad ovest, denominata Untertor, é collegata al piccolo castello che domina il borgo, il Burg Hayn. Oggi del castello non é rimasto moltissimo, difatti é considerato una Ruine; sono tuttavia ben visibili i muri e una torre. Questo castello era la residenza per i curatori della riserva di caccia imperiale, ed era usato anche dall’imperatore in persona durante le battute di caccia. Si tratta di rovine dalle origini molto antiche: la costruzione del primo Burg Hayn é datata a metá dell’uncicesimo secolo, seppur poi negli anni si sono susseguiti diversi ammodernamenti e ricostruzioni.
Una volta entrati in Dreieichenhain passando dalla Untertor, ci si trova sulla via principale del piccolo borgo. È questa una piccola e pittoresca vetrina di attivitá commerciali incastonate in tipiche case in legno e muratura di due secoli fa, splendidamente curate e conservate.
All’ingresso lato cittá, in prossimitá della Obertor, si possono trovare alcune informazioni sia storiche che pratiche sulla visita di Dreieichenhain. Vista la sua conformazione molto raccolta, non serve molto tempo per girare tutto il piccolo borgo medievale anzi, se si va a passo spedito in mezz’ora si vede praticamente tutto!
È quindi secondo me una meta indicata piú per una sosta in stile “slow tourism” dedita al riposo e al relax, piuttosto che non ad una visita veloce. Se siete dalle parti di Francoforte, puó essere una interessante idea per spendere un pomeriggio o una serata mangiando un gelato oppure concedendosi una sosta per un caffé, un bicchiere di vino o magari perché no, cenare in qualche ristorante tipico; senza eccessivo impegno e senza camminate chilometriche. E con l’occasione scattare anche qualche foto carina.
Il borgo medievale di Dreieichenhain si raggiunge agevolmente in treno (stazione Dreieich-Dreieichenhain) oppure in auto, con un comodo parcheggio proprio nelle vicinanze del castello.
Avendo ricominciato a viaggiare con un po’ di regolaritá tra Germania e Italia, posso apprezzare appieno i controlli-farsa che sono in atto al confine tra Svizzera e Italia sui treni transfrontalieri Zurigo-Milano e Basilea-Milano. Le autoritá salgono a bordo a Chiasso e con grande meticolositá controllano a tutti i passeggeri la temperatura e i documenti di viaggio, inclusi i tamponi negativi, i QR code vaccinali e il famigerato Passenger Locator Form, che di norma almeno metá dei passeggeri (soprattutto i turisti stranieri) ignora di dover compilare. È quindi necessario il ricorso alla compilazione dei moduli di autocertificazione cartacei; questo si traduce, tutte le volte, in ritardi sistematici dai 30 ai 60 minuti nell’arrivo a Milano. Soprattutto al venerdí sera, quando i treni verso sud viaggiano pieni. Per tutti coloro che hanno programmato coincidenze a Milano Centrale, é pressoché certa la perdita del treno corrispondente: una seccatura non da poco, specia quando magari sei giá in viaggio da ore.
Contemporaneamente, i treni Regioexpress provenienti da Locarno e Lugano passano invece il confine senza alcun controllo, arrivando a Milano puntuali. I passeggeri a bordo di questi treni beneficiano quindi di un confortevole salvacondotto verso l’Italia, senza lungaggini e senza controlli: liberi tutti. Siccome questa situazione va avanti da mesi, si é da tempo sparsa la voce e ormai tutti gli habitué della tratta conoscono il trucco: i viaggiatori diretti in Italia cambiano treno a Lugano o Chiasso salendo sul Regioexpress (o anche sulla S11 per Milano Porta Garibaldi), evitandosi cosí la seccatura di arrivare sistematicamente a Milano con quasi un’ora di ritardo (che non é proprio il massimo dopo una giornata di lavoro). Anche i turisti ormai si fanno furbi, e “captando” le discussioni a bordo del convoglio o facendo qualche opportuna domanda riescono a scansare l’inconveniente all’ultimo momento grazie ad un opportuno cambio treno last minute.
Solo chi “non sa” rimane a bordo dell’Eurocity e incappa cosí nei controlli, nei ritardi e tutte le seccature conseguenti.
Mentre ci avviciniamo a Monza e dalla finestra del treno scorre il paesaggio della Brianza, mi chiedo… quanto tempo dovrá passare prima che qualcuno si accorga che i suddetti “controlli”, fatti in questo modo, sono soltanto un teatrino inutile? Oppure, come sempre in Italia, tutti sanno che c’é l’escamotage e… va bene cosí?
Non so perché, ma di pancia mi viene da dire la seconda.
Qualche articolo fa, discutendo di costo della vita, tasse ecologiche e mobilitá del futuro ho formulato l’ipotesi che la mobilitá del 2050 potrebbe non essere molto dissimile da quella del 1950: la maggioranza della gente si muoverá in tram e bicicletta e l’automobile tornerá ad essere segno distintivo dei privilegiati (qui l’articolo, per chi volesse approfondire). Un sostanziale ritorno al passato, seppur in salsa moderna.
Tra i commenti mi é stata fatta la domanda “come mai in Italia sono stati tolti tutti i tram?” ed effettivamente non é una domanda da poco. Viene davvero da chiedersi come mai le tranvie extraurbane, che in Germania e Svizzera non solo sono sopravvissute agli anni ’50 ma spesso sono arrivate ai giorni nostri modernizzate e ampliate, in Italia sono invece state sistematicamente decimate.
Ho voluto quindi preparare un sintetico “parallelo” tra la mia regione di origine, ovvero l’hinterland Milanese e la Brianza, e la mia regione d’adozione, ovvero Darmstadt e la Metropolregion Rhein-Neckar. Si tratta, in entrambi i casi, di regioni dinamiche, ricche, piene di lavoro e di Aziende, veri “Motori” dell’economia delle rispettive Nazioni. Eppure osservando l’evoluzione delle tranvie interurbane Brianzole e di quelle della Metropolregion, si osserva una differenza disarmante.
Per tracciare queste mappe mi sono aiutato con documenti storici e Openrailwaymaps: un grosso grazie va quindi a tutti i contributori di quest’ultimo sito (soprattuto per quanto riguarda la dovizia con cui sono riportate le ex tranvie brianzole!) piú alcuni siti web tra cui questo favoloso sito per le tranvie di Darmstadt e il forum RNLF (in lingua tedesca) per le tranvie di Mannheim e Heidelberg. Vielen Dank! Va detto, tuttavia, che potrebbero esserci alcuni errori. Di tante tranvie del passato oggi non rimane piú traccia e la documentazione disponibile é limitata, cosí come il mio tempo.
In rosso i percorsi delle tranvie a Nord di Milano. Siamo nei primi anni ’50.
La mappa della Brianza e dell’hinterland nord di Milano mostra una interessante rete di tranvie interurbane, esistita fino agli anni ’50: la Milano-Seregno-Carate/Giussano, la Milano-Monza, la Monza-Meda-Cantú (oggi autolinea C80), la Milano-Vimercate, la Monza-Carate ecc… si puó dire che, sotto un certo aspetto, giá allora si era capito quali erano le direttrici piú “critiche” su cui verteva il grosso del traffico di persone: la pressoché totalitá di queste tranvie si trova lungo percorsi che oggi sono soffocati dal trffico. Si apprezza inoltre come Monza avesse una propria rete tranviaria urbana, sicuramente non estesa quanto quella milanese, ma comunque interessante e probabilmente anche adeguata per le dimensioni della cittá.
In rosso, le tranvie Nord di Milano ai giorni nostri. Non é rimasto nulla!
Una buona parte di queste tranvie ha purtroppo visto la chiusura prima della fine degli anni ’50, mentre altre sono durate piú a lungo, a volte fino agli anni ’80 o ’90, prima della definitiva chiusura. L’ultima “vittima” é la Milano-Desio, chiusa nel 2011, di cui ancora oggi affiorano qua e lá le tracce nel centro della cittá (ne ho parlato in questo post). Unica sopravvissuta fino ai giorni nostri, la tranvia Comasima M3-Limbiate (della Milano Parco Nord-Seregno, che dovrebbe essere costruita sula ceneri della Milano-Desio, ancora non si sa nulla e molto probabilmente non se ne fará nulla).
Ora vorrei mostrare, per confronto, l’evoluzione della rete tranviaria di Darmstadt e quella della Metropolregion (Heidelberg-Mannheim-Weinheim) dagli anni ’50 ad oggi.
Le tranvie della Metropolregion Rhein-Neckar negli anni ’50
La fitta rete a scartamento metrico che contriddistingue questa area urbana, turistica e industriale della Germania fa da contorno alla tranvia/ferrovia interurbana a scartamento metrico che unisce, con un percorso triangolare, le cittá di Mannheim, Weinheim e Heidelberg. Questa ferrovia nasce nel 1887 e viene inizialmente esercita a vapore. Nel corso degli anni viene costantemente ammodernata (l’elettrificazione avviene nel 1915) ed integrata con le tranvie urbane di Heidelberg e Mannheim, fino a raggiungere i giorni nostri. Difatti oggi la Metropolregion puó contare su una fitta rete tramviaria, sia interurbana che urbana.
Le tranvie della Metropolregion oggi.
Osservando Mannheim e Heidelberg, si nota che qualche “taglio” c’é stato, tuttavia niente di paragonabile alla totale mietitura avvenuta in Lombardia. Il grosso della rete é ancora in esercizio e si puó anche aprezzare qualche linea nuova.
Vediamo ora la rete di Darmstadt.
Le tranvie urbane e interurbane di Darmstadt negli anni ’50
La rete non é paragonabile, per estensione e capillaritá, con quella della Metropolregion: qui si tratta di una singola cittá, di dimensioni e importanza paragonabili a quelle di Monza; tuttavia si apprezza negli anni ’50 una rete tranviaria di tutto rispetto che si estende per molti chilometri fuori cittá.
La rete tranviaria di Darmstadt oggi.
Si nota, anche nel caso di Darmstadt, che qualche “taglio” c’é stato, specialmente verso est. La rimozione dei binari verso Ostbahnhof é cosa recente (quando mi sono trasferito qui qualche anno fa erano ancora al loro posto) mentre la linea che andava verso la Oberwaldhaus é stata smantellta molto prima. Sono state tuttavia allungate tutte le rimanenti linee extraurbane: sia i binari verso Seeheim-Jugenheim che quelli verso Griesheim sono stati estesi, inseguendo quella che é stata l’urbanizzazione dell’area nel tempo, in particolare verso sud dove lungo la Bergstraße vi sono alcune tra le aree residenziali piú ambite della regione.
Cosa si evince confrontando le varie mappe? Beh, se ne estrae un quadro completamente diverso di pianificazione del trasporto urbano: mentre in Italia si é operato un totale smantellamento delle tranvie interurbane, principalmente tra gli anni ’50 e gli anni ’80, queste in Germania sono invece rimaste al loro posto. Si é trattato di due politiche dei trasporti diametralmente opposte: in Italia negli anni del boom economico e dell’ottimismo l’auto privata era vista come il mezzo di trasporto del futuro; presto saremmo diventati tutti benestanti e avremmo posseduto un’automobile a testa quindi le tranvie non servivano piú. Anzi, la loro presenza sulle strade costituiva un indesiderato intralcio alla mobilitá del futuro; in loro sostituzione qualche bus sarebbe andato benissimo (una certa industria di Torino sentitamente ringrazió). In Germania, dove pure il boom economico non é mancato (e dove pure non manca l’industria dell’automobile), qualcuno tuttavia intuí che la crescita economica e la crescita demografica prima o poi avrebbero causato un problema di trasporti nelle cittá e la sola mobilitá privata avrebbe portato a intasamenti ingestibili, con troppe auto in troppo poco spazio. Le tranvie rimasero cosí al loro posto e col passare degli anni furono potenziate, ammodernate e trasformate in metrotranvie, mentre le esigenze di mobilità lentamente iniziavano a cambiare.
La gente, negli anni, ha continuato a usare il tram e non si é mai “disabituata” all’utilizzo del mezzo pubblico come proprio mezzo di trasporto principale, mentre invece in Brianza vivere senza possedere una automobile era e rimane qualcosa di impensabile.
Manco a dirlo, la scelta tedesca ha pagato, mentre quella Italiana si é rivelata avventata e scellerata. Oggi viviamo un’epoca di grandi cambiamenti con un trend totalmente opposto a quello di mezzo secolo fa: la prioritá di tutte le nazioni industrializzate sta diventando la salvaguardia del clima. La mobilitá privata é diventata un “nemico” da combattere, e viene ora scoraggiata in tutti i modi: divieti di circolazione per le auto piú inquinanti, incrementata tassazione sulle automobili e sui carburanti, sempre piú limitazioni e chiusure al traffico privato nelle grandi e medie cittá. E possiamo stare certi che nel prossimo futuro il trend non cambierá anzi vedremo l’ecologia essere sempre piú al centro delle campagne elettorali e dei programmi dei vari Governi (in Germania é ormai giá cosí). In questo quadro generale, diventa fondamentale offrire al cittadino una efficiente mobilitá pubblica come alternativa all’auto privata. Soprattutto per quelle fasce di reddito piú deboli che non possono permettersi l’auto ecologica di ultima generazione e che vengono cosí (ingiustamente) colpite dalla tassazione etico/ambientale; quelle stesse fasce di reddito che dal 2035 in poi non potranno piú comprare una automobile perché non potranno permettersi quella elettrica (e l’installazione della relativa infrastruttura di ricarica a casa). E cosí, mentre nelle aree metropolitane al di là della Alpi questa transizione alla mobilitá del futuro sará facilitata grazie alla capillaritá delle tranvie, chi oggi abita in Brianza e nell’aera metropolitana milanese puó invece apprezzare i risultati (nefasti) della totale mancanza di lungimiranza e pianificazione dell’Italia del boom economico: tranvie extraurbane che oggi (ma soprattutto domani) servirebbero come il pane sono state completamente smantellate e sulle direttrici una volta percorse dai tram oggi si viaggia in coda a tutte le ore. Tutto questo, nel quadro di un futuro in cui possedere e guidare una automobile diventerá sempre piú esclusivo, si configura come una potenziale “bomba trasportistica” che sará tutt’altro che semplice da disinnescare.
Nonostante ció, l’unico progetto di metrotranvia oggi in auge nella zona (la Milano parco Nord-Seregno) trova sorprendentemente molti piú detrattori che sostenitori. Per questo molto probabilmente non se ne fará nulla. Per gli Italiani il tram é un mezzo inutile, “antiquato”, disturba il traffico e “tanto lo prendono solo gli extracomunitari”. Se proprio binari devono essere, allora che se ne stiano sottoterra: gli Italiani vorrrebbero magari la metropolitana sotto casa, giammai il tram. L’italiano accetta di buon grado che il centro della propria cittá pulluli di rombanti motorini, di auto, di SUV, ma guai a piazzarci delle rotaie. Se solo si parla di tram, arriva la levata di scudi generale: comitati, associazioni, petizioni, NO alla metrotranvia, NO ai binari, NO allo sperpero di soldi pubblici, no al tram sferragliante e fracassone, va benissimo qualche bus, tanto io vado in macchina.
Quando poi mi sento dire “ma perché il tram? basta qualche bus” non so se mettermi a ridere o piangere, perché si tratta di commenti evidentemente fatti da gente che nella vita va solo in macchina e i mezzi pubblici li ha visti (forse) solo quando andava a scuola da adolescente. Chiunque usi mezzi pubblici regolarmente ha ben presente la differenza in comfort e regolaritá di marcia che c’è tra bus e tram. Il bus saltella, sobbalza, ondeggia, inchioda – per una persona anziana o con leggere disabilitá reggersi diventa un problema – senza contare poi lo spazio e i posti a sedere (molto superiori in un tram rispetto a un bus), gli spazi e la libertá di movimento a bordo, senza dimenticare la possibilitá di accesso con passeggini, carrozzine e biciclette, che su un tram a piano ribassato é sempre possibile ed enormemente piú agevole che su un bus. Il bus é soggetto al traffico e ai ritardi mentre il tram viaggia per lo piú in sede separata dalla strada (sede propria) e quando in sede promiscua (cioé sulla strada) gode di assoluta precedenza (il cosiddetto asservimento semaforico). Le situazioni in cui un tram rimane bloccato sono molto piú rare di quelle in cui un bus rimane bloccato; non va dimenticato infatti che qui parliamo di tranvie extraurbane, che viaggiano in sede propria per quasi tutti i tratti fuori cittá, e non di tranvie urbane in grandi cittá (che necessariamente si ritrovano compresse tra le strette vie di cittá come ad esempio Milano).
Un’altra argomentazione molto cara ai no-tram é che ovunque in Europa non si costruiscono piú tranvie. Questo non é assolutamente vero: solo guardando il mio piccolo, a Darmstadt in questo momento é in fase finale di costruzione il prolungamento della tranvia urbana verso il campus universitario a est della cittá, mentre é attivamente allo studio il prolungamento interurbano per il centro commerciale Loop5 e la cittá di Weiterstadt. Un ulteriore prolungamento sará costruito a sud di Bessungen per servire la nuova zona residenziale ricavata dalle vecchie caserme americane, e andrá a congiungersi ai binari extraurbani verso Eberstadt. Ad Heidelberg si sta provvedendo ad allargare la rete, ricostruendo anche una parte della linea che porta nella Altstadt, che era stata rimossa anni or sono. La rete si evolve e si espande continuamente, nell’ottica di offrire un servizio di qualitá al cittadino.
Situazioni assolutamente inimmaginabili in Italia.
E a quel punto, uno si chiede: perché? Abbiamo davvero esigenze di mobilitá cosí diverse? Abbiamo davvero tessuti urbani cosí diversi? Se questa forma di trasporto é davvero “inutile” e “antiquata”, perché i tram a nella regione di Darmstadt o nella Metropolregion Rhein-Neckar viaggiano sempre pieni di persone e di biciclette? Perché viaggiano anche di notte durante il weekend, carichi di adolescenti di ritorno dai locali? Perché cosí tante giovani famiglie qui si muovono solo con bicicletta + tram e decidono di non avere un’automobile, pur potendosela benissimo permettere? Perché qui invece di dismettere le tranvie, ne vengono costruite di nuove?
Io credo che la risposta a queste domande sia tutto sommato semplice: perché in Germania (cosí come in Svizzera, Austria, Olanda, Belgio, ecc..) se dai al cittadino un servizio che funziona, il cittadino lo usa volentieri e lascia l’auto a casa. Lo usa senza pregiudizi e senza remore, perché non é considerato un segno di inferioritá sociale usare il mezzo pubblico. Perché in Germania é normale uscire alla sera e prendere il tram per andare al ristorante, al Biergarten o a teatro, cosa che nell’hinterland milanese sarebbe pura fantascienza. Perché in questi paesi nessuno chiama il tram “SPOSTAPOVERI” (ridendoci pure sopra).
Forse in fondo, l’Italia va bene cosí, senza tram. Perché anche con le migliori tranvie del mondo sotto casa, gli Italiani andrebbero comunque in macchina.
Riparte la stagione turistica e i tedeschi vorrebbero tornare in Italia. Ma le regole anticontagio italiane sono un problema.
La scorsa settimana in ufficio sono stato avvicinato da due miei colleghi che avevano intenzione di organizzare le loro vacanze estive in Italia con le rispettive compagne. Avevano tuttavia dei dubbi circa le regole anticontagio in vigore nel Paese (come dargli torto, capire le regole in Italia é sempre un ginepraio) e hanno chiesto chiarimenti a me. In particolare, volevano sapere se é vero che in Italia la mascherina va indossata sempre e ovunque, anche all’aperto, e soprattutto capire se davvero due coppie non conviventi non possono viaggiare sulla stessa automobile. Soprattutto la seconda prescrizione mi pareva una autentica assurditá, tuttavia, non avendo una risposta pronta al momento, mi sono riservato di informarmi e verificare, per poi riportare quanto avessi scoperto.
Una rapida ricerca un internet ha confermato quanto detto dai miei colleghi: l’obbligo di mascherina vige ovunque anche all’aperto (anche in “zona bianca”) e per il trasporto su autoveicolo privato esiste effettivamente una limitazione a massimo due persone non conviventi piú un conducente, con obbligo di mascherina per tutti gli occupanti, e il posto lato conducente che deve rimanere tassativamente libero. Ergo: due coppie non convienti che volessero passare le vacanze insieme in Italia, dovrebbero usare due automobili, oppure noleggiare un pulmino 7 posti. Delirante!
Stupefatto da una simile assurda prescrizione, ho preso tempo e ho aspettato la sera per chiamare mio padre e chiedere chiarimenti pratici “sul campo”. Magari avevo letto male oppure c’era qualche eccezione che non avevo trovato. Mio padre ha invece confermato quanto avavo giá subdorato: “Sí la mascherina dovresti portarla dappertutto.. ma se sei in giro all’aperto da solo, oppure solo tu e un tuo convivente, senza nessuno intorno, puoi toglierla, metterla sotto il mento oppure scoprire solo in naso, e non ti dice niente nessuno, vai tranquillo… anzi, ormai da quando ci sono 35 gradi qui la mascherina ce l’hanno tutti sotto il mento…“ Riguardo l’obbligo dei “non conviventi” in auto: “Sí, ci sarebbe questa regola, ma guarda che non la segue nessuno, se ne fregano tutti, la polizia non ti ferma mai e se ti ferma non ti dice niente, puoi andare tranquillo, non ti preoccupare… “.
Al che ho capito. Come sempre, si sono fatte le cose all’italiana – con il consueto approccio legislativo paraculista:
Punto 1: Si introduce una legge estremamente restrittiva e severa
Punto 2: Essendo la legge effettivamente troppo restrittiva e severa (nonché di discutibile utilitá/beneficio) si chiude un occhio (anzi due) circa la sua applicazione, e si lascia correre con diffusa indulgenza e tolleranza in un atteggiamento di lassismo generalizzato e universale, con le forze preposte a garantire il rispetto della regola che concedono di fatto il “non rispetto” della medesima, purché lo si faccia con discrezione e senza eccessi
Punto 3: La legge o regola in questione viene applicata alla lettera solo all’occorrenza, generalmente quando “capita qualcosa” e possono esserci in ballo denunce. In quel caso l’applicazione alla lettera della norma assicura ai “denunciabili” una piú o meno solida protezione legale (la regola c’era, non é colpa mia).
Questo é l’appproccio legislativo paraculista che si puó trovare in moltissime norme Italiane. Leggi fatte non per essere realmente applicate, non per proteggere le persone, non per promuovere sicurezza o prevenire inconvenienti, ma solo per permettere agevoli rimpalli di responsabilitá qualora capiti il “fattaccio”.
Lo capisce bene che abbia letto almeno una volta nella vita lo Statuto dei Lavoratori alla voce “licenziamento con preavviso” e “licenziamento senza preavviso“. Se si applicasse la legge pari pari come é scritta lí dentro, l’80% della popolazione operaia e impiegatizia Italiana dovrebbe essere a casa domani licenziata in tronco. Invece si chiude un occhio, si tollera, si lascia correre. E la legge non si applica. Mai o quasi mai, salvo fatto quei casi in cui bisogna parare il culo a qualcuno.
Cosí come lo puó capire bene chi nella sua vita abbia mai fatto un “Corso Preposti”. Io ne ho fatti diversi. Lí si toccano gli acumi massimi dell’approccio paraculista Italiano. Su questo tema mi permetto di aprire una breve parentesi aneddotica che ha del tragicomico.
Ricordo un punto davvero divertente del mio primo corso preposti, nel lontano 2008, durante il quale il docente disse testuali parole “di fronte a fiamme libere, principi di incendio, scintille dovute a cortocircuiti elettrici, si fa presente di non usare liquidi o oggetti infiammabili per cercare di soffocare le fiamme…” al che giustamente uno dei capireparto presenti al corso chiese al docente se stesse dicendo davvero sul serio e se pensasse di avere a che fare con dei minorati mentali. La risposta fu lapidaria “capisco le sue perplessitá, ma vede, io sono tenuto a dirvelo per legge, perché se la prossima settimana uno di voi cercasse di spegnere un incendio con una secchiata di benzina la vostra Azienda puó rivalersi su di me, perché io non vi ho detto che non va fatto“.
Paraculismo at its finest. E se la cosa magari puó anche far ridere (ogni volta che ci ripenso, effettivamente, mi strappa un sincero sorriso) ci sarebbe in realtá da mettersi a PIANGERE.
Per la cronaca, anche in Germania ho fatto dei corsi sicurezza (sono qualificato come Elektrofachkraft) e la differenza é non solo chiaramente percepibile ma anche sconfortante. Si percepisce l’enorme distanza culturale tra un Paese votato alla sostanza e alla concretezza e uno votato alla forma e al paraculismo: in Germania si fa prevenzione e formazione seriamente, in modo intransigente, con l’obiettivo di evitare gli incidenti sul lavoro ed educare le persone ad una cultura della sicurezza. Il corso sicurezza é impegnativo e l’esame alla fine del corso é difficile. Se non passi l’esame, certe attivitá ti sono inibite (ad esempio, aprire un quadro elettrico) e tutti rispettano le prescrizioni alla lettera! Il corso sicurezza qui é un vero strumento di formazione e prevenzione, non una formalitá per “stare dalla parte del giusto” e poter applicare la fine arte del rimpallo di responsabilitá.
Chiusa ora la parentesi “Sicureza sul lavoro” torniamo al tema originario del post. Ecco quindi che circa il Coronavirus ci troviamo di fronte, per l’ennesima volta, a regole dettate dal piú previdente paraculismo: severissime, restrittive e limitanti come poche altre al mondo; in tutti i Paesi “vacanzieri” concorrenti dell”Italia l’obbligo generale/totale di mascherina è ormai decaduto cosí come non si è provveduto a imporre limitazioni assurde circa gli occupanti di un autoveicolo. Ma la cosa che fa ridere è che poi, alla fine della fiera, ognuno fa quello che vuole e finisce come sempre a tarallucci e vino.
Ora, tutto questo puó andar anche bene, fintanto che riguarda solo l’Italia, e i panni sporchi, si sa, si lavano in casa propria. Ma essendo ora iniziata la corsa a contendersi i turisti internazionali in questa seconda estate-covid, l’italico approccio paraculistico rischia di trasformarsi in un tremendo autogol. Mi viene infatti difficile, anzi, molto difficile, spiegare ai miei colleghi tedeschi che le regole effettivamente ci sono, ma possono tranquillamente ignorarle purché lo facciano con discrezione, garbo, creanza e senza esagerare. Un tedesco non concepisce un atteggiamento del genere. Cosí come non lo concepisce un austriaco, un olandese, uno svizzero, un belga o un danese. Per loro se una regola c’é, va rispettata. E la rispettano. Per quanto severa, restrittiva, esagerata, stupida possa essere. La rispettano, ed esprimono il loro disappunto/dissenso in altre sedi. Non si sentono legittimati a non rispettarla perché “non sono d’accordo” o “la ritengono inutile” o magari perché pensano “tanto io sono piú sveglio” oppure “tanto a me non succede“. La rispettano, punto.
Quindi quando ho provato a spiegare loro come stavano le cose, alla fine hanno deciso che andranno in Spagna. Perché visto che sono in due coppie, gli pare assurdo dover usare due automobili (come dargli torto!). Senza contare poi che la moglie di uno dei due colleghi era molto contrariata all’idea di portare la mascherina all’aperto con 35 gradi (come darle torto!).
Vabbé. Come si suol dire… chi é causa del suo mal, pianga sé stesso.
Qui paraculo ferit, paraculo perit (licenza poetica)
Sto organizzando il mio primo rientro in Italia del 2021, un veloce weekend per vedere mio padre e mia sorella dopo 9 mesi di videochiamate. Partirò da Bensheim venerdì 11 Giugno con l’ICE per Karlsruhe delle 11:50 per arrivare a Seregno alle 18:57; ripartirò poi da Seregno lunedì 14 giugno alle 9:01 per arrivare a Bensheim alle 16:08.
Per questo semplicissimo e banalissimo viaggio devo produrre la seguente documentazione:
1) Certificato di tampone negativo per l’ingresso in Italia di venerdí 11 giugno 2) Formulario online per l’ingresso in Italia “EU Digital Passenger locator Form” per venerdí 11 giugno 3) Formulario online di ingresso in Svizzera per il viaggio di andata venerdí 11 giugno 4) Formulario online di ingresso in Svizzera per il viaggio di ritorno lunedí 14 giugno 5) Certificato di tampone negativo per l’ingresso in Germania di lunedí 14 giugno 6) Formulario online “Einreise in Deutschland” obbligatorio per l’ingresso in Germania di lunedí 14 Giugno
Vediamoli ora tutti nel dettaglio, perché ci sono alcune chicche da analizzare:
1) Certificato di tampone negativo per l’ingresso in Italia da fare in Germania in farmacia il giovedì sera prima di partire (26 Euro). La farmacia mi fornisce certificato digitale per Email, con traduzione in inglese (+ 10 Euro).
2) Formulario per l’ingresso in Italia “EU Digital Passenger locator Form” online all’indirizzo https://app.euplf.eu/#/si tratta di un formulario di 11 pagine obbligatorio da compilare per chiunque faccia ingresso in Italia. Per il primo login viene chiesto di creare un profilo e registrarsi. Il sito é in teoria parte di un sistema di tracciamento digitale delle persone che in futuro dovrebbe funzionare per tutti i Paesi Europei (al momento è disponibile solo per l’Italia). È necessario indicare il tipo di mezzo di trasporto (nel mio caso il treno) e fornire poi numero del treno, stazione di partenza, orario di partenza, stazione di arrivo orario di arrivo, carrozza, numero di posto occupato, eventuali stazioni di interscambio, ecc… Nel mio caso però, inserendo Lugano come stazione di partenza, la mia stazione di Arrivo (Seregno) non è disponibile tra quelle selezionabili. Nell’elenco infatti ci sono solo stazioni di confine (Iselle, Chiasso, Luino, ecc…) ho quindi inserito Chiasso e buonanotte. Successivamente tutti i dati personali: nome, cognome, data di nascita, documento di identità, ecc… Successivamente tutti i dati del proprio indirizzo di residenza, l’indirizzo dove si risiederà in Italia, e un contato di emergenza. In ultimo si è tenuti a dichiarare se si presenterà un tampone molecolare fatto nelle ultime 48 ore, se si rientra nelle categorie soggette a eccezione, o se si faranno 10 giorni di quarantena. È inoltre presente verso la fine del form una checkbox da spuntare che recita “Avviserò la competente ASL al mio arrivo in Italia” non é chiaro tuttavia se si tratti di un obbligo oppure no in quanto il modulo puó essere inoltrato anche senza spuntare la checkbox.
In sostanza, è come compilare una sorta di ESTA, seppur con diversi punti poco chiari.
3) Formulario di ingresso in Svizzera per Venerdí 11 giugno, da compilarsi all’indirizzo https://swissplf.admin.ch/formular . In teoria per chi attraversa la Svizzera da confine a confine senza fermarsi il formulario non è obbligatorio. Siccome però ho un cambio di treno a Basel SBB e un altro a Lugano, devo compilare il formulario di ingresso in quanto un trasbordo di treno che avviene su suolo elvetico è considerato soggiorno temporaneo sul terreno della Confederazione (ho telefonato e mi è stato detto così). Come per il form precedente sono richiesti tutti i dati personali e documentali nonché tutti i dettagli del proprio viaggio e dei propri spostamenti. È altresí obbligatorio fornire numero del/i treno/i, carrozza, e numero del posto occupato; se non hai posto prenotato e quindi non puoi sapere dove sarai seduto, ti viene fornito un link da cliccare quando sarai seduto sul treno per inserire il posto corretto. La precisa indicazione del posto a sedere è obbligatoria, nelle istruzioni di compilazione è scritto a chiare lettere che le autorità svizzere sono molto puntigliose riguardo a questo punto; omettere l’indicazione oppure indicare una carrozza e/o posto sbagliati è punito con 100 CHF di multa. Mi sono trovato un po’ in difficoltà al punto in cui il formulario ti chiede l’indirizzo dove risiedi in Svizzera, io ho dato l’indirizzo di Basel SBB, spero che le autorità “capiscano”… inoltre il formulario ti permette di fornire un indirizzo solo, ma io mi fermerò in due stazioni… speriamo bene…
Anche in questo caso si apprezza una certa somiglianza con la procedura ESTA.
4) Formulario di ingresso in Svizzera per Lunedì 14 Giugno (viaggio di rientro, nel quale ho le stesse concidenze che all’andata) da compilarsi analogamente a quanto visto sopra, sullo stesso sito Internet.
Nota curiosa: per chi viaggia in treno, l’unico caso in cui non é prevista la compilazione del formulario é un viaggio senza cambi di treno attraverso la Svizzera. Peccato solo che l’unico treno diretto Germania-Italia passante per la Svizzera (il Milano-Francoforte) sia attualmente sospeso… causa Covid.
5) Formulario online “Einreise in Deutschland” obbligatorio per l’ingresso in Germania da compilare all’indirizzo https://www.einreiseanmeldung.de/#/ Tuttavia questo formulario va compilato solo se si proviene da un Risikogebiet ovvero una regione con incidenza Covid a 7 giorni superiore a 50 nuovi casi per 100.000 abitanti. La ragionevole speranza è che al 13 Giugno prossimo la Lombardia e la Svizzera non siano più classificate come Risikogebiete, il che mi risparmierebbe la compilazione del formulario e l’obbligo di tampone al rientro in Germania. Staremo a vedere. Se la situazione non migliorerá mi toccherá compilare anche queto formulario (e a quel punto aggiorneró l’articolo con ulteriori dettagli).
Il fatto di essere vaccinato con doppia dose, per il momento, non mi sarà di vantaggio alcuno: non sono previste in nessuno dei Paesi che attraverso eccezioni o vantaggi per i vaccinati (riceverò la seconda dose di Pfizer tra 1 settimana, quindi al momento del viaggio sarò teoricamente immunizzato).
Si apprezza quindi come per un viaggio che fino allo scorso anno era qualcosa di semplicissimo, economico, assolutamente privo di problemi e organizzabile anche all’ultimo momento, ora bisogna investire qualche soldo aggiuntivo in test/tamponi e compilare per tempo un discreto numero di scartoffie.
Per me non è stato un grosso problema, sono abituato a viaggiare un USA e in Asia e sono avvezzo a queste cose, ma immagino ad esempio se dovesse farlo una persona anziana, o qualcuno che non è molto pratico con il computer e i formulari digitali… figuriamoci poi la questione del posto a sedere sui treni svizzeri da indicare in tempo reale con apposito link una volta saliti sul treno! Voglio proprio vedere quante gente sarà in grado di farlo correttamente.
Credo che per molta gente viaggiare non sarà più possibile semplicemente perché sarà diventato… troppo complicato. Uno “antitecnologico” come mio padre, ad esempio, a queste condizioni non potrebbe assolutamente più venire a trovarmi in Germania in treno, chissà che disastro combinerebbe con i vari formulari e quanti CHF di multe finirebbe per accumulare tra andata e ritorno 😀 .
Questo è il futuro? Probabile. D’ora in poi ogni volta che varcheremo un confine, qualunque esso sia, dovremo rassegnarci a fare i conti con sistemi di monitoraggio e ingresso in stile ESTA, varie scartoffie digitali da compilare, con i tamponi (che credo ci accompagneranno ancora per un bel po’) e, in generale, con un bel po’ di scassamenti. Più naturalmente quello strano fastidio, quel disagio intrinseco nel dover comunicare a dei perfetti sconosciuti tutti i più piccoli dettagli sui tuoi movimenti.
Vediamola positivamente: probabilmente nei miei futuri viaggi internazionali mi godrò treni/aerei decisamente meno affollati. Il che certe volte non è affatto male. Certo, non oso immaginare che razza di disastro diventerá fare ingresso in USA o in Asia, e i viaggi intercontinentali in generale. Ci sará da ridere.
Una conseguenza, se vogliamo, “piacevole” del lockdown e dell’impossibilitá di andare in piscina é che ho dovuto cercare metodi altervativi per mantenermi un minimo in movimento. Con la corsa e la bicicletta che sono esercizi fuori discussione per il sottoscritto, e la mia macchina a carichi guidati bloccata a 620 km da qui, non ho potuto fare altro che ripiegare su esercizi a corpo libero da fare tutte le mattine da lunedí a venerdí, e camminare. Camminare, camminare e camminare, soprattutto in salita.
Ed é qui che ho davvero apprezzato la bellezza del vivere a due passi dalla Bergstraße. Di seguito ecco qualche dritta per scovare alcuni sentieri molto caratteristici e panoramici, senza massacrarsi (io per via della mia anca bionica non sono un super camminatore, qualche chilometro in salita lo posso fare ma mi fermo lí).
Da Zwingenberg salendo fino alla chiesetta cittadina e poi proseguendo verso la torre medievale, ad un certo punto la strada lastricata finisce e vi trovate di fronte ad un sentiero asfaltato in salita. Qui inizia il Nibelungensteig, un famoso sentiero lungo ben 130 km che attraversando l’Odenwald collega la Bergstraße con la valle del Meno a Miltenberg.
Ovviamente non é necessario masticare tutti i 130 chilometri del sentiero per goaderi una sana camminata in mezzo alla natura e un bel panorama. È sufficiente una minima riserva di energie per superare la prima salita fino ad arrivare, una volta svoltato il primo tornante, su un tratto pianeggiante in collina che regala una bellissima visuale su Zwingenberg e tutto il Rheintal.
Anche dalle parti di Bensheim abbondano i sentieri interessanti. Come giá detto all’inizio dell’articolo, si tratta di sentieri poco impegnativi viso che io non sono un camminatore professionista ma solo, diciamo “occasionale”. Ma per i professionisti della camminata in montagna e in collina qui non mancano le possibilitá di metetrsi alla prova-
Dallo Stadtpark di Bensheim si dirama una serie di sentieri asfaltati che si perde tra i vigneti e porta in cima al Kirchberg. La collina pur essendo alta solo 221 m offre una visuale bellissima sulla cittá e sulla regione. Nelle giornate limpide lo sguardo puó spaziare fino alle colline del Rheinland-pfalz e moltissimi landmarks della zona come la Fernmedelturm di Mannheim o la BASF di Ludwigshafen sono chiaramente visibili.
In cima al Kirchberg puó essere una buona idea fermarsi al Kirchberghäuschen per una pausa. Se volete concedervi una birretta, vi consiglio una Faust Hefeweizen Helles.
Sempre partendo da Bensheim, un’altra meta molto interessante é la Blaues Türmchenche si raggiunge agevolmente percorrendo la Röderweg. Qui vi sono anche un paio di tavoli per chi volesse fare una pausa o un pic.nic. Vale ovviamente la regola chi primo arriva meglio accomoda.
Un altro interessantissimo landmark situato all’estremitá piú settentrionale della Bergstraße é sicuramente BurgFrankestein. Non ha in realtá nulla a che fare con il famoso Dottor Victor Frankenstein, frutto della penna di Mary Shelley, e con la sgraziata creatura da egli creata: si tratta di un castello costruito nel 1252 da Corradi I di Frankenstein, oggi visitabile gratuitamente (ma é buona cosa lasciare una mancia nel “salvadanaio” all’ingresso del castello!). Dal castello si gode una vista a dir poco favolosa: esso domina Eberstadt e, nelle giornate limpide, sono ben visibili i grattacieli di Francoforte.
Sicuramente vale una visita. Per chi volesse approfittarne per una sosta culinaria, é presente anche un ristorante che offre una bella terrazza panoramica.
In Germania ci sono cittá dove ci si trasferisce per lavorare e cittá fatte per vivere e per godersi il tempo libero. Bensheim appartiene sicuramente alla seconda categoria.
Bensheim é una cittadina di 40.000 anime nel cuore della Hessische Bergstraße e una delle nostre mete preferite per una bella passeggiata all’aria aperta o per un caffé.
Bensheim é nota in Germania come una della tappe (quasi) obbligate durante una visita della Bergstraße. Chi visita Bensheim potrá apprezzare il suo centro cittadino piacevole e curato, con edifici storici in perfetto stato che donano alla cittá tutti i tratti tipici del piccolo borgo tedesco; senza contare poi i piccoli bar e café cosí ben incastonati nella Fußgängerzone e i tanti sentieri che conducono nel verde delle colline adiacenti, dove appena usciti dall’abitato si possono fare lunghe passeggiate tra i vigneti e la natura.
Bensheim é molto ben servita a livello infrastrutturale: si raggiunge agevolmente dallo svincolo omonimo dell’autostrada A5 o ancora piú comodamente dalla stazione ferroviaria principale, ubicata nelle immediate vicinanze del centro e servita sia dai treni regionali/suburbani che dal traffico a lunga percorrenza: a Bensheim fermano i treni Intercity/ICE come pure alcuni Eurocity da e per l’Austria.
A Nord di Bensheim si trova la frazione di Bensheim-Auerbach, che prende il nome dall’omonimo castello, situato in cima alla collina sovrastante.
A Bensheim-Auerbach ci si puó concedere una breve passeggiata verso la locale Bergkirche, raggiungibile dopo una breve salita e inserita in un ameno contesto di edifici storici dal sapore quasi “montano”. Muovendosi poi verso sud lungo la Darmstädter Straße (ovvero la Bundesstraße B3, la Bergstraße) si apprezzano bellissime case e villette dei primi del ‘900 mentre ci si avvicina al centro storico di Bensheim.
La Rathaus localizzata nelle vicinanze della Darmstädter Straße poco prima del centro cittadino é in realtá un convitto episcopale edificato nel 1899, che dal 1984 é adibito a municipio.
Il centro di Bensheim é il cuore pulsante della cittá ed offre tutto il necessario per passare una giornata piacevole. Per noi una giornata tipo a Bensheim (in tempi normali e non di lockdown) inizia con una passeggiata nelle colline intorno alla cittá per poi rientrare in centro, fare due passi guardando le vetrine e poi magari bere qualcosa.
La Blaues Türmschen, il Mammutbaum, la Steinkapelle e altre piccole attrazioni disseminate nelle colline intorno a Bensheim rendono le passeggiate interessanti e molto piacevoli. Le salite non sono mai proibitive (con la mia anca metal-bionica mi devo limitare) e i paesaggi valgono sempre un piccola sosta fotografica.
Una visita allo Stadtpark cittadino, localizzato nelle vicinanze della Michaelkirche, funge da perfetto punto di partenza per una scampagnata tre le colline. Da qui é possibile raggiungere la cima della Kirchberg, da dove si gode di una bellissima visuale sulla Hessische Bergstraße e ci si puó anche concedere una sosta in un ristorante panoramico.
Un altro percorso molto interessante per avventurarsi tra le colline e i vigneti si trova dall’altra parte rispetto al centro cittadino e consiste nel percorrere la Röderweg fino alla fine della strada asfaltata. Da qui si accede comodamente al sentiero che conduce alla Blaues Türmschen.
Qui, soprattutto nei fine settimana, incontrerete moltissime persone dedite alle camminate e all’hiking. I Tedeschi, soprattuto alla Domenica, si godono le loro colline e le loro montagne con lunghe passeggiate; il Wandern (camminare in montagna) é una autentica istituzione nazionale, e tantisimi Tedeschi, dagli adolescenti fino ai pensionati, lo praticano con entusiasmo.
Dopo la passeggiata, ci si puó godere una pausa nel centro cittadino per un caffé, una birretta o un buon bicchiere di vino. La Fußgängerzone (zona pedonale) offre tantissimi bar e café per una sosta all’insegna der relax immersi tra le caratteristiche (e molto curate) architetture di inizio ‘900 tipiche di questa zona.
La zona pedonale di Bensheim é veramente molto piacevole e diventa a tratti molto frequentata e animata durante i fine settimana. Nel periodo dell’Avvento non mancano ovviamente i mercatini di Natale (se escludiamo il 2020 in cui sono stati annullati causa Covid) e a fine estate la classica Straßenfest. Il cuore delle manifestazioni é sempre la Markplatz cittadina, di fronte alla quale si trova la centralissima St.Georg Kirche. Ma anche all’interno dello Stadtpark si tengono diverse manifestazioni e concerti durante la stagione estiva.
La Marktplatz di Bensheim
E non é finita qui: Bensheim offe anche un Badesee con spiaggia sabbiosa, per tutti coloro che vogliono godersi una giornata di relax e farsi una nuotata all’aperto. Il Badesee di Bensheim é rinomato nel circondario per la sua qualitá dell’acqua, mediamente superiore a quella dei Badesee della zona. Dal punto di vista dello sport e del tempo libero, qui non manca praticamente nulla. Non a caso Bensheim é definita una “cittá per vivere” che offre una ottima qualitá della vita, lontana dal trambusto della grande cittá, pur posizionandosi strategicamente vicina a Darmstadt, Francoforte, Mannheim e Heidelberg: perfettamente a metá tra la Rhein-Main Gebiet e la Metropolregion Rhein-Neckar. Non a caso é ormai da un po’ che stiamo cercando una sistemazione qui. Ma Bensheim é molto richiesta e cercare casa in Germania, si sa… l’é düra.
La Germania é famosa per le sue autostrade senza limiti di velocitá, ma non altrettanto famosa é la severitá e l’inflessibilitá (talvolta davvero subdola) con cui sono tenute sotto controllo le strade normali e, in generale, la disciplina degli automobilisti, soprattutto nei centri abitati.
Autovelox fissi e mobili sono la norma sulle strade tedesche, e non rispettare i limiti puó avere conseguenze poco piacevoli. Tanto piú che questi dispositivi sono piazzati strategicamente proprio per “beccarvi” senza alcuna pietá, e i ricorsi sono nelle maggior parte inutili.
Rispetto agli autovelox in Italia, vi sono difatti alcune differenze molto importanti da tenere in considerazione, sia che siate in Germania di passaggio sia che vi siate trasferiti qui.
1) Gli autovelox sono sempre attivi
Un Poliscan, sofisticato autovelox fisso molto diffuso in Germania
Gli autovelox (in tedesco detti “Blitzer“) in Germania sono odiati quanto in Italia se non forse anche di piú.
Il più famoso tra le postazioni fisse è il Poliscan, una torretta cilindrica con vari rilevatori che “spara” flash rossi senza alcuna pietá. Questo e molti altri dispositivi popolano le Bundesstraße germaniche e, a differenza dell’Italia, non si tratta di gusci vuoti, di dissuasori finti o di postazioni abbandonate, come spesso accade sulle strade del Bel Paese.
In Germania queste postazioni sono sempre attive. Sempre.
Il “flash” rosso brillante é il segnale inequivocabile che siete stati beccati. A quel punto, aspettatevi sgradite novitá nella cassetta della posta entro qualche settimana.
2) In Germania non esiste avvertimento per i rilevatori di velocitá
Ahh cari vecchi tempi della Milano-Meda… quando evitare i velox era facile
Noi Italiani siamo dei fantastici azzeccagerbugli (per non dire paraculi) e troviamo sempre il modo di farla franca, anche in sede legale. A partire dal 2014 a seguito di una sentenza della Cassazione tutti gli autovelox fissi e mobili devono essere segnalati “ad una distanza tale da garantire il tempestivo avvistamento della postazione, anche tenendo conto della velocità locale predominante”. Il classico cartello “Controllo elettronico delle velocitá” che tutti ben conosciamo.
Un simile provvidimento in Germania verrebbe visto probabilmente come uno scherzo, o una presa in giro. Si dá il fatto che una postazione di controllo mobile o un Poliscan fisso in Germania non hanno alcun tipo di cartellonistica di avvertimento. Il rilevatore é lí, generalmente ben piazzato e ben nascosto.
3) In Germania talvolta non ci sono neppure i cartelli con il limite di velocitá!
Il cartello giallo indica un centro abitato e – automaticamente – il limite diventa 50 !!!
Se avete a che fare con le strade tedesche da un po’, ormai li conoscete: sono i cartelli gialli che indicano l’ingresso in un centro abitato. Si chiamano Ortstafel. Ecco, dovete badare bene che la presenza di un Ortstafel implica automaticamente l’abbassamento del limite di velocitá a 50 km/h. Anche se il cartello dei 50 non c’é. E il piú delle volte, in fatti, non c’é.
Non é un caso se una delle location preferite in cui i comuni piazzano i Poliscan sono strade a grande scorrimento, con limite a 70 o 80 prima dell’ingresso nella cittá. Il Poliscan é generalmente piazzato 150-200 metri dopo il cartello giallo che indica il centro abitato. Se inoltre quelli del comune sono sgamati, piazzeranno strategicamente anche un bel cartello “70” 500 metri prima del cartello giallo dell’abitato (lo fanno, oh sí se lo fanno). Insomma, una perfetta trappola per forestieri. In Germania ci sono tantissime postazioni di rilevamento della velocitá strategicamente piazzate sfruttando questo escamotáge, per cui, soprattutto se non conoscete la strada, state attentissimi ai cartelli gialli che indicano l’inizio di un centro abitato e rallentate sempre, anche se il cartello dei 50 non c’é.
Io mi sono beccato giá due “flashate” con questa tecnica… di cui una con sospensione della patente. E io sono uno che sta abbastanza attento!
Sí, questa tecnica assomiglia molto ad una vigliaccata per fare cassa…. e in effetti probabilmente lo é. Ma resistete alla tentazione di opporvi con un ricorso: perderete. La mentalitá tedesca sul rispetto delle regole é inflessibile e non ammette eccezioni. Nei Tedeschi non troverete (quasi) mai la flessibilitá e l’indulgenza che contraddistingue noi Italiani. E forse é anche giusto cosí, sotto certi aspetti. Altrimenti la Germania non sarebbe… la Germania.
Come difendersi dagli autovelox
Visto che ottenere vittoria in sede di ricorso attaccandosi a cavilli e ingarbugliamenti burocatici é assai meno agevole che in Italia, l’unica vera difesa é.. rispettare i limiti. E informarsi.
La carta degli autovelox fissi di Blitzer.de é un ottimo strumento per pianificare il proprio viaggio e informarsi prima. Attenzione: usare apposite App sul proprio smartphone o altri strumenti di avvertimento della presenza di Autovelox mentre si é alla guida, é illegale in Germania (75 Euro di multa e 1 punto di penalitá). Tuttavia informarsi prima di partire, oppure lasciare che il passeggero controlli sul proprio smartphone la presenza di eventuali autovelox é perfettamente legale. Strano, ma vero!
La patente a punti in Germania
Se vivete in Germania, la patente a punti funziona in modo molto diverso dall’Italia. Una patente linda e immacolata parte da ZERO punti. Se commettete delle infrazioni, possono esservi comminati dei punti di penalitá. Infrazioni lievi non comportano nessun punto di penalitá: i punti sono assegnati solo per le infrazioni piú gravi. A seconda dell’infrazione commessa, possono essere comminati fino ad un massimo di tre punti per singola infrazione. Ad esempio:
Superare il limite di velocitá da 21 a 30 km/h in cittá (fino a 40 km/h fuori cittá) comporta UN punto di penalitá
Superare il limite di velocitá oltre 31 km/h in cittá (oltre 41 km/h fuori cittá) comporta DUE punti di penalitá
Partecipare ad Autorennen (gare) su pubblica strada comporta TRE punti di penalitá. Attenzione: vale anche se semplicemente vi “ingarellate” con qualcuno in autostrada!
Ma ci sono anche molte altre infrazioni che possono costare punti di penalitá. Il sorpasso azzardato, il non rispetto della distanza di sicurezza, manovre perisolose nei confronti dei ciclisti, passare col rosso in cittá, ecc… (se vi interessa l’elenco completo, che é abbastanza corposo, lo trovate su Bußgeldkatalog).
Sulla patente si possono accumulare un massimo di OTTO punti di penalitá, dopo di che viene revocata.
I punti di penalitá in Germania vengono chiamati “Punkte in Flensburg” (punti a Flensburg) dal nome della cittá in cui si trova il registro della motorizzazione in cui sono annotate tutte le infrazioni e il saldo punti di dutti i conducenti aventi residenza sul suolo tedesco.
A secondo del proprio saldo punti, vi sono diverse conseguenze:
Da 0 a 3 punti: nessun provvedimento
Da 4 a 5 punti: ammonimento scritto (“cartellino giallo”) con sanzione in denaro; possibilitá di partecipare ad un corso di recupero (in questo caso viene cancellato un punto)
Da 6 a 7 punti: ultimo richiamo (“cartellino rosso”) scritto con sanzione (pesante) in denaro; possibilitá di partecipare ad un corso di recupero (in questo caso viene cancellato un punto)
8 punti: revoca della patente
Una nota interessante é che le infrazioni cosiddette “lievi” sono considerate come sanzioni amministrative, mentre invece tutte le infrazioni “gravi” che comportano l’assengazione di punti di penalitá (anche uno solo) sono considerate reati quindi verrete sottoposti a processo. Non vi servirá un avvocato (a meno che vogliate fare ricorso) ma dovrete comunque dichiararvi colpevoli e pagare, oltre che la multa, il costo del processo. Normalmente insieme alla multa vi viene inviato un link con user e password al quale potrete fare login e accedere all’aula “virtuale” di tribunale dove potrete ammettere la colpa (e fare eventuali dichiarazioni), avere in tempo reale la sentenza emessa automaticamente, dopo di che riceverete l’IBAN per pagare la multa (piú le spese processuali, generalmente pochi Euro visto che tutto é fatto online).
Tranquilli, non é nulla di grave e non vi sporcherá la fedina. Io sono giá stato “processato” due volte…