Performance punishing! Perché non sempre essere bravi paga (anzi, quasi mai)

In ufficio sei da sempre il punto di riferimento. Quello a cui chiedere quando c’é qualche problema, quello che sa sempre cosa fare, quello che quando le cose si mettono male sa sempre metterci una pezza. Da te ci si aspetta sempre ottimi lavori e risultati impeccabili.
E qui sta il problema. Potrebbe sembrare una cosa positiva, ma non lo è. Non lo è affatto.

Tu sei quello che rimane sulla scrivania fino alle 20 quando c’è una scadenza impossibile da rispettare. L’ufficio è deserto e avvolto nella semioscurità e tu sei ancora lì, perchè quel lavoro al limite dell’assurdità, con quelle scadenze inverosimili, alla fine è arrivato da te. Come regolarmente accade a tutte le “mission impossible” che capitano in ufficio. Sei quello che viene regolarmente chiamato a sbrogliare tutti i casini più incasinati e a risolvere tutto ciò che sembra oramai irrimediabilmente compromesso. In non poche occasioni, si tratta di casini combinati da qualcun altro, che poi da quel “qualcun altro” vengono spostati a te all’ultimo momento.

E i tuoi colleghi? Beh loro non sono bravi come te, loro possono fare solo lavori “normali”. Però, nella loro normale normalità, non se la passano poi tanto male. Timbrano l’ingresso alle 8.30, fanno due pause caffè di mezz’ora ciascuna e alle 17.27 sono già in coda davanti alla timbratrice pronti ad andare in palestra, in piscina, a portare i figli al parco o a godersi qualche ora di tempo libero. Tu, invece, sei ancora in ufficio a finire un System Design Report urgentemente richiesto per il giorno dopo e anche oggi non te ne andrai prima delle 20.
Senza contare che per concentrare tutte le tue energie su questo lavoro hai lasciato indietro tutto il resto, quindi verosimilmente ti aspettano altre serate lavorative anche per le giornate successive. E oggi ti hanno pure chiamato 3 clienti ma tu non sei riuscito a dare retta a tutti perchè non c’era il tempo.
Così uno di loro ha chiamato il tuo capo che in serata è sceso a farti la ramanzina. Perchè pur capendo l’alto carico di lavoro, una cosa del genere non è da te.
Perchè visto che sei così bravo ormai tutti i problemi che risolvi e i lavori che concludi nei tempi più impossibili non fanno più notizia e i superiori ci sono talmente abituati che non si scomodano neanche più per le pacche sulle spalle. Ma puoi stare certo che ogni volta che sbagli una mezza virgola, ti verrà puntualmente fatto notare.
Per non parlare poi del giorno in cui (perchè prima o poi quel giorno arriverà) il tuo capo ti assegnerà una rogna galattica che neppure James Bond, Ethan Hunt e McGyver insieme avrebbero saputo risolvere e tu fallirai, a quel punto sarai chiamato a risponderne e con voce grave e cupa i tuoi superiori diranno che “c’è un problema con la tua performance”.

Certo che c’è un problema con la tua performance! Perchè il problema È la tua performance!

Ti riconosci in quanto scritto qui sopra?
Bene allora benvenuto nel club delle vittime di “Performance Punishing“.

Il termine è ovviamente di conio americano, poichè è lì che il fenomeno è stato osservato e trattato per la prima volta. In Europa, sorprendentmente, ancora si trova molta poca “letteratura” in merito e pure ai vari “corsi per responsabili” che ho frequentato nelle mie precedenti posizioni lavorative in cui gestivo personale, non se ne è mai parlato.
Eppure, il Performance Punishing è al primo posto tra i motivi di dimissioni dei top performers all’interno aziende. Ma ciònonostante rimane un problema diffuso e duro a morire, personalmente posso dire di averlo visto in praticamente tutte le realtà lavorative che ho conosciuto.

Ora, il problema, per chi è “vittima” di performance punishing è tutt’altro che indifferente, poichè queste persone vengono realmente discriminate e trattate in maniera iniqua sul lavoro e quello che è più grave, purtroppo, è che spesso i responsabili non si rendono conto assolutamente che stanno “punendo” il loro collaboratore migliore ma adottano questo comportamento automaticamente. In molti casi pensano di fare bene, perchè stanno dando alla persona la possibilità di crescere, con lavori di difficoltà e responsabilità sempre crescente e sono convinti che il collaboratore sia contento di occuparsene e anzi, gliene sia grato.
Senza accorgersi, invece, che il loro collaboratore, proprio perchè così in gamba, si rende perfettamente conto che tutte le beghe peggiori vengono prontamente smistate a lui, gli viene ripetutamente chiesto di lavorare più degli altri e che deve sobbarcarsi uno stress decisamente superiore a quello dei colleghi.

Ora, in un mondo ideale, equo e performance-oriented dove chi rende il doppio viene pagato il doppio, si potrebbe anche fare.
Ma nel nostro mondo, sfortunatamente reale e tristemente ugualitarista, fatto di stipendi uguali per tutti e aumenti uguali per tutti indipendentemente dai meriti (soprattutto in Italia), è automatico che il collaboratore “performancepunishizzato” senta, dentro di sè, di subire una ingiustizia. E ha assolutamente ragione.

Spesso la vittima di performance punishing accetta tutto questo perchè spera che la sua abilità nel problem solving e la sua preparazione si tramutino, negli anni a venire, in luminose possibilità di carriera. Sa di essere il piú bravo ed è sicuro che, alla lunga, tutta la fatica verrà ripagata. Ma purtroppo col passare degli anni arriva a capire che l’essere diventato troppo bravo e troppo utile nella sua posizione è equivalso, professionalmente parlando, a scavarsi una profonda fossa con le proprie mani. Anche qualora dovessero liberarsi delle posizioni manageriali ai piani superiori, l’ultima persona a cui penseranno per una promozione sarà lui, perchè è diventato ormai assolutamente necessario lì dov’è. Ed è qui che talvolta sopraggiunge il punto di rottura, che può consistere nelle dimissioni o (peggio) nel burnout.

Perchè per chi si rende conto di subire performance punishing il problema è anche riuscire a venirne fuori. Se hai sempre lavorato tanto e bene non puoi decidere di smettere di punto in bianco, lo noteranno tutti subito. Soprattutto i superiori. Quando la tua nomea di efficiente e operoso risolvitore di casini impossibili diventa universale in Azienda, ormai il danno è irreparabile. Da te ci si aspetta sempre e solo risultati eccellenti, e se inverti la rotta puoi stare certo che la pagherai.
Mentre invece magari il tuo collega che non ha fatto un accidente per 10 anni ma si è messo a lavorare sodo per 6 mesi si becca una bella gratifica perchè si è “ravveduto”.

Insomma, l’argomento è intricato, ha molte sfaccettature e sotto certi aspetti è quasi irritante, ma a mio avviso vale la pena di cercare di sviscerarlo.
Avendo osservato più volte il fenomeno, nonchè avendolo subito in prima persona, ma essendo anche stato dall’altra parte della barricata, ritengo che il fatto di “punire” i lavoratori migliori assegnandoli più lavoro (e più difficile) tragga origine da una serie di fattori concomitanti:

  • Intoccabilità dei contratti a tempo indeterminato – Non si può licenziare il dipendente scansafatiche/improduttivo/insubordinato. E non é solo un problema italiano (anche se in Italia tocca sicuramente un picco estremo).
  • Intoccabilità del lavoratore – I responsabili non hanno leve punitive nei confronti dei collaboratori inefficienti o insubordinati: tante volte ho visto personaggi incrociare le braccia e dire “io questo non lo voglio fare” e il responsabile non ha potuto fare altro che chiedere a qualcun altro di farlo.
  • Responsabili privi di attributi – Pur capendo l’assenza di leve punitive, è altrettanto vero che non esistono quasi più “Capi” che si fanno rispettare e che sono capaci di mettere in riga le teste di c. Gli stessi uffici personale prendono le distanze da chi gestisce le persone in modo autoritario ma invitano a usare “l’assertività”, ignorando forse che con scansafatiche e teste di c. l’assertività è di scarso o nullo effetto.
  • Impossibilità di premiare chi è meritevole – Se ad una persona chiedi di più che ad altre, vorresti almeno gratificarla a livello economico. Ma chiedere un aumento per un dipendente meritevole è una impresa, spesso lo ottieni dopo anni e non sai ma quando arriva se non il giorno prima (HR non promette mai nulla e non si espone, mai).
  • Mantenimento dello status quo – Riconoscere molti meriti e gratificazioni a chi è più bravo e volenteroso degli altri rappresenta, in certi ambienti lavorativi, un pericoloso turbamento dello status quo ugualitarista (il diktat del del siamo tutti uguali). In questi ambienti non è possibile dare premi a chi fa meglio degli altri oppure vengono dati col contagocce per non perturbare il sistema, quindi l’unica vera gratificazione che ricevono i più bravi è altro lavoro (questa problematica é universale negli ambienti statali e para-statali).
  • Responsabili incapaci – Non è raro che a fare carriera sia gente che non sa fare un emerito c. Queste persone, per raggiungere gli obiettivi che gli vengono imposti dal management aziendale, altro non possono fare che appoggiarsi ai collaboratori più bravi, sovraccaricandoli di lavoro.
  • Responsabili passivi – È altresì molto comune che certe persone quando fanno carriera finiscano per adottare un atteggiamento tipo “Ora il mio lavoro è far lavorare gli altri” quindi non fanno praticamente più nulla se non smistare compiti ai collaboratori. Si “siedono” sul trono di responsabile e lasciano che siano i collaboratori a risolvergli i problemi. Destinando ovviamente tutti quelli peggiori al più bravo.
  • Responsabili che si vaporizzano di fronte alle grane – C’è una riunione con un cliente inc##zato nero? Un meeting con il direttore di funzione e il reparto é sotto del 50% con gli obiettivi? Molti responsabili “spallati” (nel senso di privi di palle) inventeranno una scusa all’ultimo o spariranno prontamente dalla circolazione all’improvviso e manderanno il loro “Uomo migliore” (spesso totalmente impreparato in quanto avvisato 10 min prima) alla riunione a prendersi lo shit storm al posto loro. Il giorno dopo poi si ripresenteranno al loro posto proponendosi come pacieri/risolvitori della situazione, ma intanto hanno abilmente fatto sì che la faccia ce la mettesse qualcun’altro.

C’è dell’altro? Penso di sì, sicuramente mi è sfuggito qualcosa. Quelli che ho elencato fin qui sono fattori “pratici” che ho visto verificarsi in molte realtà lavorative da me toccate negli ultimi anni, ma sono pressochè certo che non è tutto. Tuttavia, volendo stringere e risolvere tutto in un numero limitato di “macrofattori”, direi che a mio parere se ne identificano due:

1) Un “sistema” generalmente sbagliato, che non premia la meritocrazia ma anzi promuove un ugualitarismo che alla fine si rivela premiante per chi fa di meno.
2) La presenza di tanti, troppi responsabili non adeguatamente formati o che non dovrebbero rivestire il ruolo di responsabili.

Ma tornando a vivere la situazione dal lato del lavoratore, come si può evitare di subire questo fastidiosissimo, irritante “martirio”?
A mio avviso la risposta a questa domanda si può ottenere tracciando per prima cosa un identikit della tipica vittima di performance punishing.
Cosa contraddistingue il tipico impiegato stakanovista che si sobbarca in silenzio carichi di lavoro spropositati? In base alla mia esperienza provo qui a stilare una lista di fattori chiave:

►Sa fare bene, anzi, molto bene il suo lavoro.
►Generalmente, gli piace molto il suo lavoro. Ha passione per quello che fa.
►È una persona volenterosa.
►È una persona molto affidabile e ha molto senso del dovere, forse troppo. Mantiene sempre le promesse fatte, anche a costo di perderci.
►È una persona disponibile, accomodante.
►È una persona pronta a sacrificare se stessa per il successo del team/gruppo. Trova gli “anelli deboli” della catena e ci mette una pezza, anche è un’area non di sua competenza.
►È una persona mite, molto raramente si lamenta o protesta. In una discussione lavorativa accesa, preferisce assumere una posizione piú accomodante piuttosto che affrontare uno scontro diretto. Generalmente, non é un abile negoziatore.
►È una persona umile ma conscia del suo valore. Sa di essere il piú bravo, e sotto sotto gli piace, tuttavia non gli va di darsi delle arie.
►Essendo competente e preparato, é un professionista che sa quello che sa ma anche quello che non sa: quindi non ha l’eccessiva sicurezza in sé stesso e l’atteggiamento spavaldo tipico delle persone che cadono a pié pari nell’effetto Dunning-Kruger.

Volendo riassumere il tutto in pochi semplici parole:

Ha competenze/abilitá notevoli e molta buona volontà: é un lavoratore di grande valore MA soffre di un eccesso di prudenza nell’autopromuoversi, non sa vendersi nel modo giusto, e fatica a farsi rispettare.

Come venirne fuori?
Lo spiegheró in un articolo successivo, dove daró alcuni consigli lavorativi atipici e sovversivi per diventare bravi ma non troppo.

Aggiornamento: ci siamo, l’articolo é arrivato! Eccolo qui.

L’appiattimento dell’istruzione: sempre piú ignoranti e impreparati

Questo é un libro di testo di tedesco del 1971.
Lo usava mia madre in terza superiore.

L’ho usato di tanto in tanto per studiare, per ripassare e per integrare la mia preparazione quando ero alle superiori e quando ho preparato il Zertifikat Deutsch a 17 anni. L’ho poi ritrovato e ripreso in mano anni fa, quando lavoravo al mio progetto di trasferirmi all’estero e mi ero rimesso attivamante a ristudiare con metodo il tedesco.

Presuppone di conoscere giá le basi e la grammatica della lingua, e si propone come un testo di “livello intermedio”.

In tutto il testo non c’é una sola parola in italiano. A pagina 18 giá ci si trova alle prese con antologie e testi di Goethe, a pagina 21 giá si legge di Thomas Mann. Altro che livello intermedio, per gli standard di oggi é stramaledettamente impegnativo. Io, che in tedesco ormai ho una “full professional proficiency”, devo mettermi di impegno per capire cosa c’è scritto ed è forse solo grazie agli appunti a matita di mia madre, ancora perfettamente leggibili, che riesco a afferrare le frasi più difficili. Un libro del genere oggi lo si userebbe (forse) all’universitá in una facoltá di lingue.
Invece negli anni 70 era un libro di terza superiore.

I libri su cui ho studiato tedesco io alle superiori al confronto fanno ridere. Se poi prendi in mano un libro di testo di adesso, il raffronto é disarmante: al confronto con questo, sembra un libro per bambini.

Non é un caso se mia madre fosse ancora fluente in tedesco pur dopo anni che non lo usava piú, mentre a me erano bastati pochi anni senza parlarlo per poi ritrovarmi a doverlo ristudiare quasi completamente.
E lí giá capivi che la qualitá dell’istruzione ricevuta da mia madre era completamente diversa da quella che ho ricevuto io. Il suo percorso era stato molto piú impegnativo e faticoso, e, senza dubbio alcuno, per molti versi superiore.

Nel mio percorso di studi, e anche successivamente nella mia esperienza lavorativa, ho trovato disseminate un po’ ovunque le prove inconfutabili di questo decadimento qualitativo che affligge tutti i livelli della nostra istruzione. E da molti anni continuo a chiedermi: perché?

Perché quando mi preparavo per il terribile scritto di Analisi I al primo anno di Ingegneria potevo apprezzare in modo inequivocabile una netta differenza di difficoltá tra i temi d’esame del vecchio ordinamento e quelli piú recenti?

Parliamoci chiaro: era una differenza tangibile. All’epoca il Nuovo ordinamento (il famoso 3+2) era ancora agli albori e dal sito del Dipartimento di Matematica si potevano ancora scaricare i temi di esame del Vecchio ordinamento, risalenti ad alcuni anni prima.
Erano terribili, con studi di funzione complicatissimi e integrali indefiniti che si potevano definire crudeli. Mi allenavo con quei temi di esame ed ero disperato: non solo non riuscivo quasi mai a finirli, ma rasentavo a malapena la sufficienza.
Quando poi ebbi a che fare con l’esame vero, ne uscii con un dignitoso 25. Ma una cosa era chiara: quell’esame che avevo superato non era paragonabile con gli esami del passato.

Passarono gli anni e la sensazione non si attenuò: Fisica I, Meccanica Razionale, Fisica Tecnica, ovunque riuscissi a trovare online i temi di esame “vecchi” potevo apprezzare questa differenza. Si stava abbassando il livello. Per me era assolutamente chiaro.

Per caritá, io ne ho giovato, come ne hanno giovato tanti altri. Mi sono laureato in tre anni e mezzo a e 22 anni ero giá in inserimento nel mondo del lavoro con una laurea in mano. Una laurea del PoLiMi, quindi non un pezzo di carta qualunque.

Con i “vecchi” standard, avrei sicuramente avuto vita ben piú difficile.
Ma era giusto?

C’era chi condivideva e chi non condivideva questa mia elucubrazione. Ne discussi con molte persone. Compagni di corso, amici , parenti. Ne parlai nche con interlocutori di assoluta autorevolezza.
Ne ebbi a parlare una volta, in una pausa fuori dall’aula, con Ferruccio Resta, oggi Rettore del Politecnico di Milano, al tempo professore di Dinamica dei Sistemi Aerospaziali (uno dei corsi piú belli che ricordi, anche se mi giocai i buoni risultati degli scritti con un orale penoso). Lui affermó che non trovava, nella preparazione dei suoi studenti del terzo anno, sostanziali differenze tra il Nuovo e il Vecchio ordinamento. Per lui il livello era rimasto invariato.

Il suo, benché molto autorevole, rimaneva peró un parere fuori dal coro.
Un paio di anni dopo, mi ritrovai a discutere, durante un ricevimento di matrimonio, con una docente universitaria di materie umanistiche della Statale di Milano, una persona molto colta e piacevole. Mentre si discuteva proprio di Ingegneria, non dimenticheró mai le sua parole:
Il mito di Ingegneria é da ridimensionare. Mio figlio studia al Politecnico [di Milano], ha dato 12 esami in un anno e ha la media del 28, eppure non lo vedo mai studiare, è sempre in giro a divertirsi... voti altissimi e studia pochissimo
A pensarla allo stesso modo erano soprattutto gli studenti che avevano fatto il passaggio Vecchio / Nuovo ordinamento, a detta loro dal 2001 in poi Ingegneria era diventata decisamente piú facile.
Ma anche gli Ingegneri della generazione pecedente avevano la stessa impressione. Il padre di un mio compagno di corso, Ingegnere a sua volta, affermó piú volte che il livello di difficoltá che vedeva nei nostri testi e nei nostri esami era paragonabile a quello di un liceo duro degli anni ’70, ma asolutamente imparagonabile all’Ingegneria che ricordava lui.

Insomma, intorno a me ho sempre trovato molte piú voci a conferma della mia tesi che a confutazione.

Nella mia esperienza lavorativa poi , anni dopo, ebbi modo di avere a che fare con molti ragazzi neodiplomati delle ITIS, che venivano assunti come tecnici. Periti meccanici e periti elettrotecnici.
Io giuro che ho dovuto (mio malgrado) confrontarmi con periti elettrotecnici incapaci di calcolare due resistenze in parallelo e con periti meccanici che di fronte a una chiave dinamometrica storcevano il naso chiedendosi mai a cosa servisse. Semplicemente assurdo.
Come aveva fatto questa gente ad arrivare al diploma? Come era possibile che il nostro sistema scolastico avesse consegnato al mondo del lavoro una tale impreparazione?

Per anni mi sono chiesto il perché di tutto questo, e sono arrivato ad una sola conclusione: si é voluta “democratizzare” l’istruzione appiattendola in senso ugualitaristico.
Per dare a tutti quanti il pezzo di carta, per farci sentire tutti un po’ “Dottori”, per far trasformare le universitá in affollati supermarket che offrono di tutto un po’.
Per permettere a tutte le mamme e a tutti i papà di poter dire con orgoglio che hanno il figlio “Dottore”. Magari non a tutti, ma quasi. E per permettere a chiunque di arrivare quantomeno al diploma.

E così, attraverso la democratizzazione ugualitaristica dell’istruzione, si é messo in atto un appiattimento volto a darci l’illusione di avere uno status che invece non abbiamo.

Perché per fare il lavoro che una volta faceva chi aveva la terza media o chi aveva scelto una scuola professionale, oggi si assumono diplomati.
Per fare il lavoro che una volta faceva un perito, oggi si assume un Ingegnere triennale ( o magari anche magistrale). Cosí tu ti senti un Ingegnere, ma in realtá stai facendo il lavoro di un perito.

Perché se una volta con una Laurea in Ingegneria eri effettivamente qualcuno, se una volta quando arrivava “L’Ingegnere” in reparto gli operai si mettevano sull’attenti, oggi con la Laurea in Ingegneria sei un banale impiegato da 1200 Euro al mese, con prospettive di carriera a tinte fosche. Perché come te ce ne sono altri centomila, ma solo in pochi potranno salire la scala sociale… e quasi sempre sono tutti posti prenotati.
Ma tu sei felice perché sei Ingegnere, anche se poi in realtá fai solo le addizioni sui fogli Excel 8 ore al giorno.

Oggi per diventre qualcuno devi avere dei titoloni alla Fantozzi, diventare ad esempio BSc MSc PhD MBA PMP PMI-ACP (LinkedIn é pieno esempi interessantissimi) perché oramai la laurea effettivamente ce l’hanno tutti e per svettare bisogna fare di piú. Molto di più.

Si puó dire tranquillamente che oggi una Laurea equivalga al diploma di una volta. Tutte le Lauree, compresa la mia. Non ho nessun problema ad ammetterlo.

C’é un problema di fondo, peró, ed é la cosa che piú di tutte mi preoccupa.
Se superiori e universitá sono cosí calate di livello, che ne é stato delle scuole medie inferiori e delle elementari? Quelle scuole cosí importanti, dove si imparano non solo le basi per il proprio futuro di studente ma anche le regole di base della societá, il rispetto, il senso civico, l’educazione? Sono cadute anche loro cosí in basso?

Perché la superficialitá, l’ignoranza e l’impraparazione si combattono proprio da lì, dai primi anni di scuola. Anni che sono fondamentali e importantissimi, perché plasmano molto dei bambini e possono fare la differenza.

Perché l’ignoranza é devastante, l’ignoranza crea mostri terribili. È per colpa dell’ignoranza se abbiamo i buzzurri, i cafoni, i razzisti, i suprematisti, i negazionisti Covid, i terrapiattisti e i complottisti.

Se la scuola decide di abdicare dal suo ruolo (o magari lo ha giá fatto) beh allora sono cazzi.

Perché se cosí fosse, e se le prossime generazioni saranno cresciute da Instagram e TikTok anziché dalla scuola, allora il futuro della civiltá occidentale si prospetta davvero tetro e sono molto, molto preoccupato…

Schwimmautobahn: in Germania ai tempi del Coronavirus é… vietato nuotare

Cari nuotatori che leggete dall’Italia, potete considerarvi fortunati: la riapertura delle piscine vi ha riconsegnato lo stesso ambiente che conoscevate, benché con qualche limitazione.
Le corsie del nuoto libero sono tornate ad essere quelle di prima, seppur con qualche prescrizione in merito alla numerositá dei nuotatori (che forse, un po’ egoisticamente parlando, é anche una buona cosa). Ma si puó ancora nuotare e allenarsi praticamente come in precedenza.

Al di lá delle Alpi le cose vanno decisamente peggio.

In Germania purtroppo si é deciso, anche alla luce del ritorno dei contagi giornalieri a quattro cifre, che il distanziamento sociale minimo di 1,5 metri debba essere rispettato anche in acqua. Questo comporta, per lo sport in piscina, enormi limitazioni.
In tutte le piscine coperte della Nazione, che stanno aprendo in questi giorni, é in corso di introduzione il concetto di Schwimmautobahn (Autostrada natatoria), che era giá stato sperimentato in alcune piscine all’aperto durante l’estate.

Benché il nome “Autostrada” possa far pensare a “velocitá”, si tratta putroppo dell’esatto opposto.

►Per garantire il rispetto del distanziamento sociale, le corsie sono a senso unico.
►Per andare avanti e indietro si nuota quindi usando due corsie.
►È obbligatorio nuotare al centro della corsia, e rimanere a minimo 1,5 metri dagli altri nuotatori.
►In virtú di ció, il sorpasso di nuotatori piú lenti é severamente vietato.
►Alla fine della vasca bisogna passare sotto la corsia e rientrare nuotando nell’altra corsia.
►Se nell’altra corsia c’é un nuotatore fermo in attesa di partire, bisogna aspettare finché questi non parte.
►Le virate sono vietate.

Per chi viola queste regole, c’é prima un ammonimento verbale, poi l’Hausverbot (praticamente un DASPO dall’impianto, della durata di uno o due anni, con tanto di segnalazione alla Polizia!)

In queste condizioni é diventato impossibile riuscire a rispettare qualunque scheda di allenamento. Il nuoto sportivo, all’interno delle corsie del nuoto libero, non é piu praticabile.

Se entra in corsia (con tutto il rispetto) un anziano che vuole fare le sue 20 vaschette a rana con la testa fuori, si deve andare tutti alla sua velocitá. Con buona pace di chi si vuole allenare.

C’é giá stato ovviamente chi ha protestato (vedasi qui ad esempio) e ha definito le misure come assolutamente esagerate, ma la risposta delle autoritá é stata NEIN, facendo anche richiamo al principio di solidarietá: per la salute di tutti, qualcuno deve fare sacrifici.
La prioritá (come si puó leggere in questa intervista) é poter dare accesso al nuoto libero alle persone anziane, ammalate e con disabilitá, per le quali la piscina rappresenta spesso l’unico modo per fare movimento.
Ai nuotatori sportivi viene consigliato non frequentare il nuoto libero e di iscriversi ad una squadra di nuoto per potersi allenare.

Sfortunatamente la situazione attuale ha giá spinto moltissimi nuotatori a presentare domanda di iscrizione presso le Schwimmvereine, col risultato che la maggior parte di queste ha chiuso le iscrizioni perché non piú in grado di offrire posti (anche in virtú della di fatto dimezzata disponibilitá di corsie per nuotare).

Insomma, in Germania allo stadio a vedere la partita si puó andare, sui treni si possono occupare tutti i sedili, ma in piscina… é vietato nuotare. Paese che vai, controsensi che trovi.

Piccola nota positiva: i prezzi non sono aumentati. Anche se onestamente avrei preferito pagare il doppio e poter nuotare come si deve.

Vedró di farmene una ragione e mi iscriveró in palestra (anche se ho sempre odiato le palestre). Ma quando uno non ha altra scelta….

Certo che ‘sto 2020 é veramente un anno di emme. Mai e poi mai avrei pensato che un giorno avrei dovuto rinunciare alla mia passione per il nuoto…

2020: Nuovo codice della Strada in Germania – Occhio alle multe!

Da Maggio 2020 sono in vigore in Germania alcune importanti modifiche al codice della strada. In particolare il capitolo infrazioni e multe presenta alcune novitá.

Le sanzioni per chi supera di poco (fino a 20 km/h) i limiti di velocitá in Germania erano, con il precedente Codice della Strada, decisamente basse.

Io stesso rimasi stupito, un paio di anni fa, di ricevere una contravvenzione di soli 10 € per essere stato immortalato da un autovelox su una Bundesstraße a 88 km/h laddove il limite era 80. Una multa assai limitata e, secondo me, tutto sommato equa: ad una infrazione poco grave deve seguire una sanzione commisurata.

Con il nuovo codice della strada 2020 purtroppo non é piú così: le multe per chi supera di parecchio i limiti sono rimaste circa invariate, mentre invece le sanzioni per le contravvenzioni meno gravi sono state raddoppiate.

Insomma, essere distratti diventerá molto piú salato, soprattutto in cittá.

Particolare attenzione serve ora nelle zone a 30 km/h, ormai sempre piú diffuse in tutti i centri abitati tedeschi (anche nei Dorf piú minuscoli): sará sufficiente esere rilevati a 46 km/h per beccarsi una multa di 70 € (con il vecchio codice della strada erano solo 35 €) mentre essere “beccati” a 51 km/h comporterá oltre a 80 € di multa anche il ritiro della patente per 1 mese e un punto di penalitá (se volete sapere come funziona la patente a punti in Germania, vi rimando a questo articolo).

Ecco il resoconto delle attuali multe per eccesso di velocitá in Germania:

Superamento limite velocitá fuori cittá (Strada a grande scorrimento o Autostrada)

ViolazioneMulta (nuovo codice 2020)Multa (vecchio codice)Ritiro patente
Fino a 10 km/h20 €10 €
11 – 15 km/h40 €20 €
16 – 20 km/h60 €30 €
21 – 25 km/h70 €70 €
26 – 30 km/h80 €80 €1 Mese
31 – 40 km/h120 €120 €1 Mese
41 – 50 km/h160 €160 €1 Mese
51 – 60 km/h240 €240 €1 Mese
61 – 70 km/h440 €440 €2 Mesi
Piú di 70 km/h600 €600 €3 Mesi
Sanzioni per il superamento del limite di velocitá sulle strade EXTRAURBANE in Germania – In rosso le sanzioni che sono state aumentate

Superamento limite velocitá in centro urbano

ViolazioneMulta (nuovo codice 2020)Multa (vecchio codice)Ritiro patente
Fino a 10 km/h30 €15 €
11 – 15 km/h50 €25 €
16 – 20 km/h70 €35 €
21 – 25 km/h80 €80 €1 Mese
26 – 30 km/h100 €100 €1 Mese
31 – 40 km/h160 €160 €1 Mese
41 – 50 km/h200 €200 €1 Mese
51 – 60 km/h280 €280 €2 Mesi
61 – 70 km/h480 €480 €2 Mesi
Piú di 70 km/h680 €680 €3 Mesi
Sanzioni per il superamento del limite di velocitá sulle strade URBANE in Germania – In rosso le sanzioni che sono state aumentate

Il Poliscan, l’occhio vigile che ti frega.

A Darmstadt ormai ce ne sono ad ogni angolo: il Poliscan, prodotto dalla Vitronic, é un versatile “occhio” elettronico che funge da sistema di rilevamento di velocitá.

Qualora vi capitasse di incrociare questo “Polifemo” cilindrico sappiate che é meglio muoversi con circospezione. A differenza delle torrette autovelox arancioni diffuse in Lombardia, che sono il piú delle volte dei semplici dissuasori senza alcun dispositivo funzionante al loro interno, i Poliscan sono invece quasi sempre attivi. I Poliscan sono diffusi non solo in cittá, ma anche su strade extraurbane.

Va detto che, se non conoscete la strada, il piú delle volte lo vedete quando é ormai già troppo tardi.
Quindi, in generale, su strade che non si conosce sarebbe meglio rispettare i limiti. Le postazioni di rilevamento della velocitá in Germania non sono corredate di cartellonistica di avvertimento e i rilevatori sono strategicamente ben piazzati.

Il “flash” rosso brillante é il segno distintivo e inequivocabile che il Poliscan vi ha beccati. Il rilevamento é frontale e il suo raggio di rilevamento parte da 75 metri, quindi lo si vede benissimo. Se l’avete visto, allora aspetattevi sgradite novitá nella cassetta delle lettere entro qualche settimana.

La multa arriva in Italia?

Ecco un tema a noi molto caro. Se si viene “pizzicati” da un autovelox in Germania, riceveremo una multa al nostro indirizzo in Italia? La risposta é: dipende.

Tra gli Stati vi sono accordi bilaterali per condividere i dati delle Anagrafi automobilistiche, per cui per la Polizia tedesca non é un problema risalire ai vostri dati. Tuttavia é ben noto ai tedeschi che l’esigibilitá di crediti in Italia puó essere problematica e ferragginosa, richiedendo l’ausilio di agenzie specializzate di recupero crediti.

Se avete commesso una infrazione da poche decine di Euro, é probabile che il Polizeipräsidium deciderá di lasciar perdere e di non rischiarsi l’apertura una (lunga e costosa) operazione di riscossione crediti internazionale per portare a casa cosí pochi soldi.
Ma se l’avete fatta grossa state pure certi che qualcosa arriverá.
Stando a Bußgeldkatalog.de, sono le multe dai 70 Euro in su quelle che generalmente vengono inoltrate anche all’estero. Per le altre si lascia perdere.
Si tratta tuttavia di una indicazione generica, in quanto ogni presidio di polizia puó fare come gli pare…

Lo stesso discorso vale se venite fermati dalla Polizia. Se vi faranno un verbale e voi deciderete semplicemente di non pagarlo e di rientrare in Italia ignorando l’accaduto, potreste passarla liscia se l’infrazione é piccola; ma se questa invece é di una certa rilevanza, allora quasi certamente vi arriverá in Italia un secondo verbale, maggiorato.
In Germania la Polizia non puó rititare patenti di altri Paesi, puó peró avvalersi della facoltá di raddoppiare la multa quale compensazione per il mancato ritiro del documento.

Attenzione ai Ciclisti – Multe salate per chi non sta attento

Un’altra norma nel Codice della Strada che é stata rivista riguarda il sorpasso delle biciclette: a partire da maggio 2020 nel sorpasso di una bicicletta una autovettura deve tenere una distanza minima di 1,5 metri (in cittá) e di 2 metri (fuori cittá). Qualora la bicicletta trasporti un bambino, va sempre osservata la distanza di 2 metri.

Questa regola é molto sentita in Germania visto l’altissimo numero di ciclisti, soprattutto nelle grandi cittá, e considerando anche la svolta “green” che si sta cercando di imprimere al Paese. Pertanto la Polizia vi sta prestando molta attenzione e sta sparando multe a raffica, soprattutto nei centri urbani.
Se non si dispone dello spazio necessario a superare una bicicletta, bisogna rimanergli dietro fin quando non si ha spazio. La multa per chi non rispetta questa regola va da 30 Euro a 100 Euro a seconda di quanto é stato messo in pericolo il ciclista (a discrezione del poliziotto).

In conseguenza di questa regola ora in caso di incidente auto-bicicletta, anche senza diretto contatto tra i due mezzi, l’automobilista avrá (quasi) sempre torto.
Quindi occhi aperti e attenzione massima alle biciclette!

Periodi di emme

Settembre é da sempre il mese della ripartenza, sotto certi aspetti lo é molto piú di Gennaio, perché dopo i bagordi natalizi non si é quasi mai veramente rilassati e in mood “ripartenza” mentre invece le vacanze estive riescono il piú delle volte a darti un “reset” decisamente piú efficace.
Ecco, quest’anno, nonostante i piani, purtroppo non é stato cosí.

Le vacanze, purtroppo, le ho passate a preoccuparmi.
Pensieri e fantasmi nella testa. Tanti, troppi.

Il 2020 non é certo iniziato nel migliore dei modi.

È iniziato portando con sé il Covid, il lockdown, la cassa integrazione sia per me che per Hanna, l’ansia per i nostri parenti e amici in Lombardia, l’ansia per i nostri impieghi e per l’inevitabile crisi economica che sarebbe arrivata.

Quando poi finalmente si iniziava a riconquistare un po’ di serenitá, ecco che mi trovo a fare i conti con l’inaspettata e improvvia perdita di mio zio Luca.
È stato un colpo molto duro e ancora fatico a farmene una ragione.

Questo ai primi di Giugno. Da lí in poi, é stato come se qualcuno avesse fatto una macumba o una maledizione a me e ad Hanna. Hanno iniziato a caderci tegole in testa, una dietro l’altra. Sempre piú brutte e sempre piú grosse.
Abbiamo dovuto purtroppo fare i conti con altri lutti.
Gravi incidenti che hano coinvolto persone a noi care.
Sfortune familiari, economiche e lavorative.

Io sono un pratico e non credo alla sfiga, ma per la prima volta nella mia vita mi sento in un vicolo cieco e ho la sensazione che il destino ce l’abbia davvero con me.
È da due mesi ormai che ci piovono addosso problemi sempre piú grossi, mi sento senza speranza e mi sento soffocare.

Ma sfortunatamente mi trovo anche in una situazione in cui non posso permettermi di darlo a vedere, anzi, devo essere una roccia e dare il 130% per aiutare chi in questo momento ha bisogno di me.

Sono grato, in un certo senso, di essere potuto tornare in ufficio questa settimana. Il lavoro mi aiuta a svuotare la testa e a non pensarci.
Ho trascurato il blog per un po’, complice anche il mio ritiro spirituale di una settimana e mezza a Prazzo, per cercare di recuperare un po’ di serenitá. Riprenderó a breve con la scrittura e la pubblicazione degli articoli che avevo in programma, sperando che anche quello mi aiuti.

Io spero che questo Settembre possa davvero rappresentare una ripartenza. Perché sono quasi terrorizzato all’idea di cos’altro possa capitarci, prima della fine di questo anno maledetto.
Spero che questo sia il punto piú profondo della crisi e che da ora si possa iniziare a riconquistare lentamente l’uscita dal tunnel e iniziare, prima o poi, a rivedere la luce.

I periodi di emme capitano. Quando ci sei dentro, é dura. Arriva una sfiga dietro l’altra e non puoi fare altro che chiederti quando finirá. Perché prima o poi finirá, che cazzo.
La notte é piú buia prima dell’alba, dicono.
Vedremo.

“It’s about how much you can get hit, and keep moving forward. How much you can take, and keep moving forward.”
Rocky Balboa